lunedì 22 aprile 2013
W.Shakespeare sonetto n. 116
Alle nozze sincere di due anime
impedimenti non so.
Non è amore l'amor che muta
se in mutare imbatte o,
rimovendosi altri, si rimuove,
oh no: è faro che per sempre è fisso
e guarda alle bufere non dà crollo,
amore, è stella ai vaganti navigli,
nota in altezza, nel valore ignota.
Non è zimbello al tempo,
s'anche a teneri labbri s'incurva
quella falce e chiude,
non tramuta con l'ore
e i giorni brevi ma inoltra
sino all'estrema sventura.
Se errore è questo,
e su di me provato,
io mai non scrissi,
e mai nessuno ha amato.
W.Shakespeare
Energia elettrica nell'antichità
IL TERMINE ELETTRICITA’ DERIVA DAL GRECO ELECRON sostantivo che sta ad indicare l’ambra, infatti già nell’antichità era nota la caratteristica della gemma di attirare, dopo essere stata sfregata con un panno di lana, piccoli corpuscoli.Ma nell’antichità era conosciuta l’energia elettrica?Ritrovamenti come la pila di Bagdad* o oggetti ritrovati nell’America del sud, di epoca pre-colombiana che sembrano realizzati grazie all’ elettrolisi ed infine tratti delle antiche mura di Gerusalemme che sembrano saldati tra loro, sembrano confermare questa ipotesi.Ma il fatto che probabilmente in ambiti ristretti e con conoscenze vaghe e lacunose il “segreto” dell’elettricità fosse stato trasmesso dall’antichità fino a tempi più recenti, come presso gli alchimisti del XVIII secolo o le confraternite giapponesi di fine ottocento comunque non cambierebbe di certo la nostra visione della storia, visto che tale conoscenza rimase sostanzialmente inutilizzata, come fu per la conoscenza dell’energia del vapore in epoca ellenistica.
MA QUESTO FATTO CI APRE LA STRADA VERSO ALTRE CONSIDERAZIONI riguardo la sapienza antica.La conoscenza intuitiva delle cose o la “coscienza magica” come la chiama padre Hugo Enomiya-Lassalle che noi abbiamo perso non solo ha portato alla scoperta dell’energia convenzionale ma probabilmente anche ad una forma di energia a noi ancora sconosciuta.Questo perché tale forma di energia è strettamente legata alla consapevolezza sia per la percezione che per l’utilizzo.Intendo dire che per percepirla bisogna entrare in uno stato di attenzione detto comunemente di coscienza intensiva che si concretizza con la meditazione dal passaggio dalle onde cerebrali alfa a quelle beta e lo stesso vale per “muoverla”.L’energia di cui parlo è il fuoco segreto degli alchimisti, l’agente universale dei maghi rinascimentali, le serpi di terra dei sacerdoti Caldei i draghi sotterranei del feng-shui, il mana degli sciamani. La pila di Bagdad
TALE ENERGIA SI MANIFESTA NELL’UOMO INFLUENDO SUI PROCESSI CHE NE REGOLANO LA VITA (secondo la tradizione è proprio questa energia, detta “spirito” che tiene in vita l’organismo umano), denominataprana presso gli indiani, qi presso i cinesi, pneuma presso i greci.Ora veniamo alle modalità di incanalazione di tale energia, tutti avranno presente la potenza dell’Arca dell’Alleanza e dei miracoli di Mosè e ugualmente le sventate invasioni di Delfi perpetrate dai Celti* ed infine il potere dei magi che pretendevano di dominare tali “serpi” e di poterle scagliare contro gli uomini incenerendoli*.La stretta connessione tra le energie presenti nel cosmo e nell’uomo è particolarmente forte in questi ambiti e diventa una specie di “connessione” dell’uomo dell’universo come sottolinea la tradizione yogi e più vicino a noi un personaggio del calibro di Rudolf Steiner, padre dell’antroposofia.L’importanza della “connessione” con l’universo ci rimanda sia alla tradizione iniziatica degli sciamani sia a quella dei misteri dell’antichità, come quelli egizi, greci e di tutte le popolazioni della mezzaluna fertile e che passerà attraverso la magia e le scuole esoteriche che spesso né traviseranno il significato.
VISTA IN QUESTA PROSPETTIVA TUTTA LA TRADIZIONE CAMBIA ASPETTO ed assume una chiarezza rivelatrice.Dopo una preparazione interiore a livello energetico, si incanalavano e utilizzavano anche le correnti energetiche della madre terra e le si sintonizzavano grazie ai complessi megalitici di cui questa è la funzione, come spiega il fatto che le pietre usate per erigere tali monumenti non siano state scelte a caso, ma siano composte in gran parte di pirite e di quarzo due materiali che fungono da “magazzino” per l’energia e ne cambiano la frequenza*.Vorrei infine porre l’accento sulla forte componente che assume il corpo in questa tradizione, come complemento della mente e suo aiutante, e questa è la componente “umana” dell’equilibrio energetico, quella sovrannaturale è posta nella natura come pura incarnazione dello spirito e da esso inseparabile
Tratto da: http://www.ilfattaccio.org/
Le incredibili immagini di un cervello trasparente
Le incredibili immagini di un cervello trasparente
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Siamo all'interno di un cervello reso trasparente da un trattamento chimico. Non è fantascienza, ma una nuovissima tecnica chiamata Clarity, resa pubblica in questi giorni dai ricercatori dell'Università di Stanford sulla rivista scientifica Nature.
Gli scienziati sono riusciti a eliminare dal cervello di un topo lo strato lipidico che circonda le cellule cerebrali e le rende invisibili alla luce, senza però distruggerle. Utilizzando poi dei marcatori molecolari fluorescenti è stato possibile visualizzare al microscopio la composizione e il percorso di cellule specifiche.
Clarity è considerata uno dei progressi tecnici più importanti degli ultimi decenni in materia di neuroanatomia. Ciò che la rende unica e innovativa è il fatto che sarà possibile osservare cervelli umani nella loro interezza, e non solo per piccole porzioni come fatto finora. Inoltre, la tecnica per marcatori molecolari permetterà di isolare neuroni specifici con una precisione senza precedenti.
In attesa che i ricercatori della Stanford osservino un intero cervello umano, la comunità scientifica si aspetta già grandi cose. Grazie a Clarity si prevedono progressi nello studio delle malattie e dell'invecchiamento cerebrali, anche attraverso l'analisi di alcuni esemplari già archiviati. Certo è che diventerà uno strumento importante nel campo della connettomica, la nuova frontiera delle neuroscienze che mira a ricostruire la mappa delle connessioni cerebrali.
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Siamo all'interno di un cervello reso trasparente da un trattamento chimico. Non è fantascienza, ma una nuovissima tecnica chiamata Clarity, resa pubblica in questi giorni dai ricercatori dell'Università di Stanford sulla rivista scientifica Nature.
Gli scienziati sono riusciti a eliminare dal cervello di un topo lo strato lipidico che circonda le cellule cerebrali e le rende invisibili alla luce, senza però distruggerle. Utilizzando poi dei marcatori molecolari fluorescenti è stato possibile visualizzare al microscopio la composizione e il percorso di cellule specifiche.
Clarity è considerata uno dei progressi tecnici più importanti degli ultimi decenni in materia di neuroanatomia. Ciò che la rende unica e innovativa è il fatto che sarà possibile osservare cervelli umani nella loro interezza, e non solo per piccole porzioni come fatto finora. Inoltre, la tecnica per marcatori molecolari permetterà di isolare neuroni specifici con una precisione senza precedenti.
In attesa che i ricercatori della Stanford osservino un intero cervello umano, la comunità scientifica si aspetta già grandi cose. Grazie a Clarity si prevedono progressi nello studio delle malattie e dell'invecchiamento cerebrali, anche attraverso l'analisi di alcuni esemplari già archiviati. Certo è che diventerà uno strumento importante nel campo della connettomica, la nuova frontiera delle neuroscienze che mira a ricostruire la mappa delle connessioni cerebrali.
Arte preistorica: visita virtuale alla grotta di Lascaux
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Un meraviglioso viaggio
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A me lo sguardo
Perché gli uomini non capiscono le donne?
Secondo la scienza è anche una questione di... sguardi.
Gli uomini potrebbero avere difficoltà a capire le donne perché non riescono a riconoscere gli stati d'animo che esse esprimono attraverso gli occhi.
Uomini e donne sono davvero fatti per non capirsi?
Quanto c'è di vero nell'incomunicabilità tra i sessi e quanto invece è una leggenda metropolitana?
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Bochum in Germania ha provato a rispondere a queste domande con uno studio dal titolo emblematico: "Perché gli uomini non capiscono le donne?
Reti neurali alterate nella lettura del linguaggio degli occhi di uomini e donne".
L'ipotesi dei ricercatori è che gli uomini abbiano difficoltà a capire le donne perché non riescono a riconoscere gli stati d'animo che esse esprimono attraverso gli occhi, che sono una delle più importanti fonti di informazione per capire lo stato d'animo altrui. Per dimostrarlo hanno sottoposto 22 volontari di sesso maschile, tra i 21 e i 52 anni, a un esperimento: gli hanno mostrato le immagini in bianco e nero di 36 paia di occhi, chiedendogli di individuare quali emozioni celavano.
Diciotto delle foto appartenevano ad uomini e diciotto a donne (ma questo i partecipanti non lo sapevano).
E gli hanno chiesto di scegliere tra due parole quella che meglio descriveva l'emozione o lo stato mentale della persona che stavano guardando, mentre li sottoponevano a risonanza magnetica funzionale (FMRI) per avere un quadro completo di ciò che accadeva nel loro cervello.
Risultato: i volontari sono stati molto più bravi a leggere l'espressione degli occhi, quando appartenevano a un maschio.
Non solo. Guardando gli occhi di un altro uomo, la loro amigdala che è la regione del cervello legata alla elaborazione delle emozioni, era più attiva di quando invece fissavano lo sguardo di una donna. E anche le altre aree del cervello deputate al riconoscimento delle emozioni non si accendevano se i partecipanti incrociavano uno sguardo femminile.
È bastato questo a convincere i ricercatori che non è vero che gli uomini non sono in grado di leggere le emozioni.
Semplicemente sono più bravi a capire quelle del loro stesso sesso.
di: Eugenio Spagnuolo Tratto da Focus.it
Secondo la scienza è anche una questione di... sguardi.
Gli uomini potrebbero avere difficoltà a capire le donne perché non riescono a riconoscere gli stati d'animo che esse esprimono attraverso gli occhi.
Uomini e donne sono davvero fatti per non capirsi?
Quanto c'è di vero nell'incomunicabilità tra i sessi e quanto invece è una leggenda metropolitana?
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Bochum in Germania ha provato a rispondere a queste domande con uno studio dal titolo emblematico: "Perché gli uomini non capiscono le donne?
Reti neurali alterate nella lettura del linguaggio degli occhi di uomini e donne".
L'ipotesi dei ricercatori è che gli uomini abbiano difficoltà a capire le donne perché non riescono a riconoscere gli stati d'animo che esse esprimono attraverso gli occhi, che sono una delle più importanti fonti di informazione per capire lo stato d'animo altrui. Per dimostrarlo hanno sottoposto 22 volontari di sesso maschile, tra i 21 e i 52 anni, a un esperimento: gli hanno mostrato le immagini in bianco e nero di 36 paia di occhi, chiedendogli di individuare quali emozioni celavano.
Diciotto delle foto appartenevano ad uomini e diciotto a donne (ma questo i partecipanti non lo sapevano).
E gli hanno chiesto di scegliere tra due parole quella che meglio descriveva l'emozione o lo stato mentale della persona che stavano guardando, mentre li sottoponevano a risonanza magnetica funzionale (FMRI) per avere un quadro completo di ciò che accadeva nel loro cervello.
Risultato: i volontari sono stati molto più bravi a leggere l'espressione degli occhi, quando appartenevano a un maschio.
Non solo. Guardando gli occhi di un altro uomo, la loro amigdala che è la regione del cervello legata alla elaborazione delle emozioni, era più attiva di quando invece fissavano lo sguardo di una donna. E anche le altre aree del cervello deputate al riconoscimento delle emozioni non si accendevano se i partecipanti incrociavano uno sguardo femminile.
È bastato questo a convincere i ricercatori che non è vero che gli uomini non sono in grado di leggere le emozioni.
Semplicemente sono più bravi a capire quelle del loro stesso sesso.
di: Eugenio Spagnuolo Tratto da Focus.it
Asparagi
Gli asparagi sono un ottimo alleato nella lotta contro la cellulite. Sono ricchi di potassio e poveri di sodio e favoriscono quindi l'eliminazione dei liquidi che rimangono intrappolati tra i tessuti. Contengono inoltre la rutina, una sostanza che rafforza le pareti dei vasi sanguigni.
Contrastano quindi la ritenzione idrica e la fragilità capillare, che sono spesso associati alla comparsa della buccia di arancia. Un pasto ideale per "asciugare la linea" è costituito da 60 grammi di riso basmati lessato, 300 grammi di asparagi bolliti e un'orata o un branzino cotti al vapore.
In questo caso l'azione drenante degli ortaggi è potenziata da quella del pesce che, con il suo contenuto di iodio, velocizza le funzioni organiche, compresa quella di eliminare le tossine.
Ma non è vero che gli asparagi hanno anche un'azione disinfettante sulle vie urinarie.
L'odore che conferiscono all'urina è dato dalla presenza di metaboliti odorosi, tra cui asparagina e coniferina, che non hanno alcun effetto curativo.
Sono invece molto ricchi di purine, dalle quali si forma l'acido urico e di ossalati, che tendono a formare sedimenti, e sono quindi sconsigliati a chi soffre di cistiti e calcoli renali.
Gli asparagi, infine, rafforzano l'organismo e lo aiutano ad adattarsi al cambio di stagione: merito ancora una volta dell'acido aspartico (che è un potente tonico muscolare) e della vitamina B9 che è coinvolta in tutti i processi si rinnovamento cellulare.
Le terre colorate di Chamarel nell'isola di Mauritius
Al centro dell'isola di Mauritius, sul versante sud-occidentale, si trova uno dei luoghi più affascinanti di questo paese: le terre colorate di Chamarel, dette in francese le Terres de Couleurs.
Si tratta di una serie di dune fatte di roccia e di sabbia che, in uno spazio limitato, hanno colorazioni diverse, che vanno dal giallo al viola, passando per il rosa e il blu, con una serie molteplice di gradazioni e di sfumature.
A seconda dell'esposizione ai raggi solari, queste dune offrono agli spettatori un caleidoscopio affascinante di colori.
Questo fenomeno è frutto del raffreddamento, a diverse temperature e in diversi momenti, di rocce vulcaniche nella zona avvenuto nel corso del tempo.
Eruzioni successive hanno depositato strati di lava e ceneri, che hanno creato un lungo processo di erosione creando diversi colori: blu, verdi, rosse, gialle e viola. Lo spettacolo multicolore di Chamarel raggiunge forse il suo top al mattino presto e alla sera prima del tramonto del sole.
E' molto particolare anche la collocazione di questo terreno increspato e colorato: si trova all'interno di un'area verde dalla fitta vegetazione, come se fosse un'oasi all'incontrario, una zona desertica limitata nello spazio all'interno di una zona verde ricca di alberi e di acqua. Tant'è vero che vicino alle terre colorate si trovano anche delle cascate, le cascate di Tamarin, immerse nel verde della zona.
I nativi australiani
Vengono detti aborigeni gli australiani appartenenti alle popolazioni autoctone dell'Australia.
I loro antenati vi giunsero probabilmente 60.000 anni fa, benché la datazione rimanga tuttora incerta.
Usi e costumi
Al tempo del loro primo contatto con i colonizzatori europei, nel tardo XVIII secolo, i nativi australiani erano prevalentemente popoli di cacciatori-raccoglitori in possesso di una ricca cultura orale e valori spirituali basati sulla venerazione della terra e sulla fede nel "sogno", inteso contemporaneamente come l'antica epoca della creazione del mondo (il cosiddetto dreamtime, o "tempo del sogno") e l'attuale realtà del sognare (dreaming).
L'esatta epoca di arrivo degli antenati degli aborigeni è oggetto di disputa tra gli archeologi.
L'opinione più accreditata è che giunsero dall'Indocina più di 50.000 anni fa: questo significa che si sono succedute in Australia oltre 2500 generazioni.
La data di 50.000 anni fa è basata su alcune misure di termoluminescenza eseguite in siti archeologici dell'Australia settentrionale.
Un gran numero di siti è stato datato tramite il radiocarbonio a circa 40.000 anni fa, portando alcuni ricercatori a dubitare dell'accuratezza del metodo a termoluminescenza.
La datazione a termoluminescenza del sito di Jinmium nel Northern Territory ha indicato per l'insediamento un'età di 120.000 anni. Benché questo risultato abbia avuto vasta eco sulla stampa, è ancora messo in dubbio dalla maggior parte degli archeologi
monolite Uluru, conosciuto anche come Ayers Rock,
Per gli aborigeni la nudità era simbolo di maturità ed era prerogativa degli uomini. Le donne aborigene, infatti, si vestivano con delle tuniche, mentre i maschi erano suddivisi in categorie: gli anziani e i capi indossavano tuniche, perché erano membri di prestigio, i bambini si coprivano con un gonnellino, in quanto ritenuti non ancora maturi.
Gli uomini tra i 30 e i 50 anni si coprivano le natiche lasciando vedere gli organi genitali (i genitali maschili erano simbolo dell'età adulta), i ragazzi tra gli 11 e i 17 anni coprivano i genitali e non il sedere (perché le natiche stavano a simboleggiare la giovinezza) mentre i giovani tra i 18 e i 29 anni erano completamente nudi, simbolo del passaggio tra la giovinezza e l'età adulta.
I Didjeridoo sono degli strumenti a fiato assolutamente caratteristici.
La colonizzazione britannica
La popolazione aborigena è stata decimata dalla colonizzazione, iniziata nel 1788. Una combinazione di malattie, perdita della terra (e quindi fonte di cibo) e omicidi ha ridotto la popolazione aborigena di circa il 90% tra il XIX secolo ed il XX secolo.
Un'onda di massacri e tentativi di resistenza si mosse con la frontiera.
I boomerang, Le armi degli aborigeni unici dell'Australia.
L'ultimo massacro fu a Coniston, nel Northern Territory, nel 1928. Molte volte si è ricorso all'avvelenamento di cibo e acqua.
Usi e costumi
Al tempo del loro primo contatto con i colonizzatori europei, nel tardo XVIII secolo, i nativi australiani erano prevalentemente popoli di cacciatori-raccoglitori in possesso di una ricca cultura orale e valori spirituali basati sulla venerazione della terra e sulla fede nel "sogno", inteso contemporaneamente come l'antica epoca della creazione del mondo (il cosiddetto dreamtime, o "tempo del sogno") e l'attuale realtà del sognare (dreaming).
L'esatta epoca di arrivo degli antenati degli aborigeni è oggetto di disputa tra gli archeologi.
L'opinione più accreditata è che giunsero dall'Indocina più di 50.000 anni fa: questo significa che si sono succedute in Australia oltre 2500 generazioni.
La data di 50.000 anni fa è basata su alcune misure di termoluminescenza eseguite in siti archeologici dell'Australia settentrionale.
Un gran numero di siti è stato datato tramite il radiocarbonio a circa 40.000 anni fa, portando alcuni ricercatori a dubitare dell'accuratezza del metodo a termoluminescenza.
La datazione a termoluminescenza del sito di Jinmium nel Northern Territory ha indicato per l'insediamento un'età di 120.000 anni. Benché questo risultato abbia avuto vasta eco sulla stampa, è ancora messo in dubbio dalla maggior parte degli archeologi
monolite Uluru, conosciuto anche come Ayers Rock,
Per gli aborigeni la nudità era simbolo di maturità ed era prerogativa degli uomini. Le donne aborigene, infatti, si vestivano con delle tuniche, mentre i maschi erano suddivisi in categorie: gli anziani e i capi indossavano tuniche, perché erano membri di prestigio, i bambini si coprivano con un gonnellino, in quanto ritenuti non ancora maturi.
Gli uomini tra i 30 e i 50 anni si coprivano le natiche lasciando vedere gli organi genitali (i genitali maschili erano simbolo dell'età adulta), i ragazzi tra gli 11 e i 17 anni coprivano i genitali e non il sedere (perché le natiche stavano a simboleggiare la giovinezza) mentre i giovani tra i 18 e i 29 anni erano completamente nudi, simbolo del passaggio tra la giovinezza e l'età adulta.
I Didjeridoo sono degli strumenti a fiato assolutamente caratteristici.
La colonizzazione britannica
La popolazione aborigena è stata decimata dalla colonizzazione, iniziata nel 1788. Una combinazione di malattie, perdita della terra (e quindi fonte di cibo) e omicidi ha ridotto la popolazione aborigena di circa il 90% tra il XIX secolo ed il XX secolo.
Un'onda di massacri e tentativi di resistenza si mosse con la frontiera.
I boomerang, Le armi degli aborigeni unici dell'Australia.
L'ultimo massacro fu a Coniston, nel Northern Territory, nel 1928. Molte volte si è ricorso all'avvelenamento di cibo e acqua.
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