lunedì 3 marzo 2014
Le perle barocche
Manifattura fiamminga-Pendente raffigurante Ercole, in oro, smalti e perla scaramazza-XVI secolo-
Verso il XVI secolo le perle imperfette che venivano scartate per selezionare quelle rotonde richieste dalla committenza erano divenute troppe: c'era un residuo di invenduto che i mercanti cercarono di reintrodurre sul mercato ,dapprima senza troppa fortuna, per farne pendenti e oggetti da mostrare per la loro particolarità.
Fu sufficiente creare la mentalità disponibile ad accogliere il nuovo tipo di oggetti, che subito,dai paesi fiamminghi dove i mercanti avevano venduto le strane perle,l'uso si propagò nei paesi tedeschi,francesi,ed europei in genere-
Le perle imperfette, una volta trasformatesi in oggetti fuori dell'ordinario,diventarono alcuni fra gli elementi più ricercati e più richiesti di un certo collezionismo di preziose rarità artistiche che si cominciava a praticare presso le corti europee. E mentre quasi tutti gli oggetti realizzati con perle imperfette posseduti da privati andarono perduti nel tempo, solo quelli conservati all'interno delle più famose collezioni sono giunti sino a noi e fanno bella mostra di sé nei Musei.
Manifattura fiamminga-Pendente in forma di animale marino in oro, smalti,piettre preziose con perla scaramazza-XVI secolo-
Il XVI secolo è sicuramente uno dei più produttivi per la gioielleria. Il Rinascimento aveva già posto le basi per una valutazione positiva del bello nelle arti,gli studi umanistici avevano affinato gli animi e li avevano volti alla contemplazione dei valori etici ed estetici che inducevano ad apprezzare l'eleganza nella vita, nel costume,nell'ornamento.
Già alla fine del XV secolo si era delineata la creazione di un particolare equilibrio tra l'abito e il gioiello, e ne era stata testimone la pittura, che aveva registrato fedelmente la presenza delle perle tra gli elementi ornamentali che rifinivano gli abiti oltre ad ornare la persona.
Durante il XVI secolo, parallelamente all'accrescimento delle capacità lavorative degli artigiani orafi,si assiste ad una evoluzione sempre più rapida verso la complessità e il virtuosismo.
Ai pendenti semplici, costituiti da un'unica perla,si cominciano a preferire oggetti dal disegno sempre più composito,costruiti su una base d'oro e smalti,il cui corpo centrale è però costituito sempre da una o più perle, e da perle imperfette, grandi e dalle forme strane, che suggeriscono la definizione finale dell'oggetto: animali esotici, fauni, sirene,esseri mitologici metà uomini e metà animali,esseri marini fantastici con caratteristiche zoomorfiche o antropomorfiche .
D'altro canto, le perle imperfette, che furono poi dette "barocche" per il grande uso fattone nell'epoca storico - artistica che porta questo nome,rappresentavano altresì quell'unione straordinaria di eccezionale in natura - 'naturalia' - e di capacità creativa dell'uomo - 'artificialia' - che era resa evidente dall'abilità degli orafi e che era il compendio di presupposti filosofici medievali e rinascimentali.
In ogni modo, oggetti strani e meravigliosi,da appendere all'abito mediante una spilla o una catena, da posare su un tavolo per ammirarli, da riporre nelle Wunderkammern per collezionarli.
A tal proposito, le collezioni più famose di oggetti strani furono quelle di Rodolfo II di Asburgo,di Ferdinando del Tirolo e di Francesco I de'Medici- Ma quella che è arrivata sino a noi pressocchè intatta è la straordinaria,seppur tardiva, collezione di Anna Maria Luisa de' Medici (1667/1743) ,che porta il nome di "Galanterie preziose", conservata oggi presso il Museo dell'Argenteria a Firenze, certamente il più completo rispetto alle raccolte di gioielli e cammei dal XVI al XIX secolo.
Le "Galanterie preziose" di Anna Maria Luisa de' Medici ,pur essendo di varia provenienza, hanno in comune una particolare affinità di stile. Draghi,leoni,cervi,sirene,tritoni,struzzi,pecore,agnelli, elefanti: un vero e proprio bestiario,e,per ciascuno degli animali, una o più perle barocche suggeriscono la forma che viene poi definita dall'oro e completata da smalti e pietre preziose.
Tra i pezzi più originali, una culla in filigrana con una perla mostruosa che riproduce un neonato dormiente.
Ma gli oggetti preziosi realizzati con perle barocche non sono solo a Firenze: l'Inghilterra, ad esempio,conserva un pendente di manifattura fiamminga, il famoso"Bijou Canning",oggi presso il Victoria and Albert Museum, che mostra una creatura fantastica, una sorta di tritone, dal busto virile, costituito da una perla barocca,con una coda di drago in oro e smalti.
Bei rubini ornano inoltre l'oggetto in cui il busto umano brandisce una spada tempestata di diamanti.
Un'altra collezione di oggetti in perle barocche particolarmente interessante è quella della Casa d'Aste Christie's di Ginevra, che di tanto in tanto si separa,sempre con rammarico, di qualche pezzo famoso.
Dal XVI al XVII secolo le perle barocche, oltre a servire come ornamento per i pendenti e le spille,furono adoperate, specialmente se erano di grandi proporzioni, per l'oggettistica e per il collezionismo.
Uno dei più noti orefici europei del tempo,Melchior Dinglinger (1664/1731),trasferitosi a Dresda, capitale della Sassonia,lavorò poi qui tutta la vita per Augusto il Forte, Principe elettore e Re di Polonia.
Costui, avendo riconosciuto le straordinarie doti creative ed artistiche dell'orefice, lo volle con sé , e per questo motivo, fortunatamente, le opere di Dinglinger sono giunte sino a noi, perché furono conservate scrupolosamente nella Grunes Gewolbe, la "Cripta Verde", di Dresda.
Negli splendidi oggetti da lui realizzati risplendono la capacità tecnica e la fantasia,che si esercita non solo nei pezzi di maggior volume,come le coppe,le conchiglie,i trionfi da tavolo,ma anche in quelli piccoli , tra cui molti sono realizzati con perle barocche o mostruose, tra cui il Putto con perla scaramazza rosea, che mostra il dorso infantile costituito appunto dalla perla, o la Collina del Calvario, costituita da perle barocche , assemblate perfettamente ad imitare la roccia.
Le manifatture tedesche ebbero una parte notevole nella creazione di tali oggetti, per lo più commissionati da nobili o da ricchi mercanti, che poi venivano rivenduti cambiando mano e finendo spesso nelle più grandi collezioni.
La manifattura tedesca inoltre mise in luce una tendenza che avrebbe manifestato anche in seguito, nei secoli successivi, attraverso altre arti figurative, come il disegno e la pittura: il compiacimento per il grottesco,che certo l'uso delle perle scaramazze incoraggiava, per la loro deformità.
A questo proposito,sono caratteristiche le statuette del Calzolaio in oro,smalto e perle, che brandisce una piccola scarpa, di perla anch'essa, e del Soldato svizzero,costruito con gli stessi materiali preziosi,la cui figuretta goffa è soverchiata da un enorme naso,un paio di baffi marziali, e un cappello a corno rovesciato su cui svettano due piume sventolanti.
Più complessa risulta la composizione che rappresenta Bacco in veste di oste,appoggiato con la pancia su una botte, in una mano un fiasco-che non esisteva certo ai tempi dei Greci…- nell'altra una coppa.
La figura del dio è costituita per la maggior parte da una grossa perla scaramazza,testa,braccia e gambe sono in oro,smalto e pietre preziose, al disotto una base in oro,smalto e perle barocche nere,mentre un arco di tralci e pampini di vite circonda tutta la scena lasciando in un angolo lo spazio per una piccola scimmia d'oro.
In questa creazione vi sono molti elementi nuovi, che si svilupperanno in seguito nell'oreficeria del secolo XVIII, tra cui la predilezione per il realismo e quella per la rappresentazione di elementi naturalistici. In più, fanno capolino le perle nere, una rarità per l'epoca, che però le considerava di secondaria importanza.
Col passar del tempo il gusto mutò, le perle barocche furono scelte per realizzare gioielli personali o devozionali, e a tale scopo si scelsero quelle di caratura minore.
Per tutto il secolo XVII, particolarmente in Sicilia, la committenza, costituita sempre dalla nobiltà e dalla Chiesa,fece realizzare gioielli,ostensori,calici,reliquiari,statue di santi e della Madonna tempestati di perle barocche.
Anche gli uomini portarono, nei secoli XIX e XX delle spille da cravatta con perle barocche.
Memorabile, a tal proposito, quella con la figura mitica di Omfale in oro, smalti e una straordinaria perla scaramazza.
Nel XX secolo le perle barocche,bianche,rosa, gialle conobbero l'onore di rientrare ufficialmente nell'oreficeria più importante: fu l'Art Nouveau a riportarle in auge, seppure per poco, con artisti come Lalique o Fouquet.
Poi giunsero le perle coltivate: per un certo tempo le donne scelsero solo le perle perfettamente tonde, perché l'oggetto più desiderato era la collana di perle, che doveva essere realizzata in perle tutte uguali per sfericità anche se non per grandezza-
Solo da qualche decennio anche l'industria delle perle coltivate ha riscoperto le perle scaramazze, che ora sono apprezzate nuovamente anche perché fanno pensare ad un prodotto più genuino e spontaneo della natura: ma è solo un'illusione, perché il processo per ottenerle è identico a quello per le perle rotonde di piccola caratura.
La civiltà Vinča
La cultura di Vinča fu una cultura preistorica che si sviluppò nella penisola Balcanica tra il VI e il III millennio a.C.
Nel VI millennio a.C. questa cultura occupava una zona delimitata dai Carpazi a nord, dalla Bosnia a ovest, dalla pianura di Sofia a est e dalla valle di Skoplje a sud.
La cultura toccò il corso del Danubio, nelle attuali Serbia, Romania, Bulgaria, e Macedonia.
La cultura di Vinča deriva il suo nome dal villaggio di Vinča, situato sulle rive del Danubio, 14 chilometri più a valle di Belgrado, ove venne rinvenuto il più grande insediamento neolitico in Europa.
La scoperta avvenne nel 1908, ad opera di un gruppo di archeologi guidato da Miloje M. Vasić, il primo archeologo professionista della Serbia.
I recenti scavi effettuati presso il sito di 120 ettari di Pločnik hanno gettato una notevole luce sulla cultura Vinča.
L'insediamento di Pločnik fiorì dal 5500 a.C. fino a quando non fu distrutto da un incendio nel 4700 a.C. Gli studi suggeriscono un'avanzata organizzazione e divisione del lavoro. Le case avevano stufe e cavità appositamente scavate per i rifiuti e i morti venivano sepolti in apposite necropoli.
Le persone dormivano su stuoie di lana e pellicce e utilizzavano abiti di lana, di lino e di pelle.
Alcune produzioni in ceramica più grezze sembrano essere state realizzate da bambini. Un pozzo di acqua calda rinvenuto vicino all'insediamento potrebbe rappresentare la prima stazione termale dell'Europa.
La datazione preliminare di un forno di fusione per il rame a Pločnik sembrerebbe risalire al 5500 a.C. e indicherebbe dunque un inizio in Europa dell'età del rame almeno 500 anni prima di quello che si riteneva.
Il forno presenta inoltre una costruzione molto avanzata, con fori di ventilazione che permettevano di alimentare il fuoco e un camino per l'esplulsione dei fumi lontano dai lavoratori.
Questo tipo di struttura è un unicum, in quanto gli altri forni utilizzato per l'estrazione del rame in altri siti non appartenenti a questa cultura, erano generalmente più primitivi. Scrittura La scrittura Vinča, nota anche come Alfabeto Vinča o scrittura Vinča-Turdaş sono un insieme di caratteri trovati su alcuni manufatti preistorici provenienti dall'Europa sud-orientale.
Alcuni studiosi sostengono che si tratti del primo esempio di scrittura appartenente alla cultura di Vinča, sviluppatasi lungo il corso del Danubio tra il VI e il III millennio a.C.
Secondo la maggior parte degli studiosi, tuttavia, essi non possono rappresentare un sistema di scrittura data l'eccessiva ripetizione di alcuni simboli e la eccessiva brevità delle successioni di carattere, sostenendo quindi che la prima vera testimonianza di scrittura rimane la scrittura cuneiforme.
Questo sistema simbolico venne messo in relazione alle tavolette di Tǎrtǎria, ritrovate durante gli scavi dell'archeologo Nicolae Vlassa nel 1961 nei pressi di Săliştea in Romania.
Secondo la datazione al carbonio dei reperti, questi risalirebbero a circa al IV millennio a.C., ovvero 1.300 anni prima della scrittura cuneiforme.
Da queste prime scoperte sono stati trovati circa un migliaio di reperti della stessa natura, in diversi siti disseminati lungo tutto l'arco dei Balcani, in particolare in Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria orientale, Moldavia e Ucraina meridionale.
La natura e lo scopo di questi simboli rimangono tuttora immerse nel più profondo mistero.
Non è infatti chiaro se essi siano stati prodotti con lo scopo di esprimere un linguaggio specifico, o se essi siano una sorta di alfabeto, sillabario o altro del genere.
Sebbene siano stati fatti numerosi tentativi di decifrare i simboli non esiste tuttavia una traduzione plausibile del loro significato. Tavolette di Tǎrtǎria Le tavolette di Tǎrtǎria sono tre reperti archeologici rinvenuti a Săliştea, in Romania.
Esse recano incisi dei simboli che sono stati oggetto di notevoli controversie tra gli archeologi, alcuni dei quali sostengono essere trattarsi della prima forma conosciuta di scrittura al mondo.
Le tavolette sono generalmente associate alla Cultura Vinča, che all'epoca della scoperta era ritenuta dagli archeologi rumeni e serbi risalente al 2.700 a.C.
Vlassa interpretò la tavoletta senza foro come una scena di caccia e le altre due come testimoni di una scrittura primitiva simile ai primi simboli utilizzati dai Sumeri.
La scoperta suscitò un grande interesse nel mondo archeologico in quanto i segni erano precedenti alla Lineare A, la prima scrittura minoica, la più antica conosciuta in Europa.
È stato suggerito da alcuni che i simboli indichino una sorta di collegamento tra l'Europa sud-orientale e i Sumeri.
Tuttavia, le successive datazioni al radiocarbonio su i reperti di Tărtăria hanno retrodatato gli oggetti al 5.500 a.C. (e quindi tutta la cultura Vinča era più antica), lo stesso periodo dei primi insediamenti a Eridu (questa affermazione, comunque, non è da tutti accettata per evidenti contraddizioni nella stratigrafia del sito). Se i simboli fossero di fatto una forma di scrittura, questa sarebbe di gran lunga anteriore alla più antica scrittura sumera o egizia, divenendo di fatto la più antica conosciuta al mondo.
Le statuette antropomorfe ebbero grande importanza nella spiritualità di queste genti, tanto che loro numero (oltre 1000 esempi solo a Vinča) supera il quantitativo totale di figurine scoperte nel Mar Egeo greco.
Declino Durante la metà del IV millennio a.C., l'intera regione della cultura di Vinča subì una stagnazione, seguita da una profonda crisi e un declino culturale ed economico.
Bibliografia Shann M. M. Winn, Pre-Writing in Southeastern Europe: The Sign System of the Vinca Culture CA. 4000 B. C. in American Journal of Archaeology, Vol. 88, No. 1 (Gen., 1984)
Nel VI millennio a.C. questa cultura occupava una zona delimitata dai Carpazi a nord, dalla Bosnia a ovest, dalla pianura di Sofia a est e dalla valle di Skoplje a sud.
La cultura toccò il corso del Danubio, nelle attuali Serbia, Romania, Bulgaria, e Macedonia.
La cultura di Vinča deriva il suo nome dal villaggio di Vinča, situato sulle rive del Danubio, 14 chilometri più a valle di Belgrado, ove venne rinvenuto il più grande insediamento neolitico in Europa.
La scoperta avvenne nel 1908, ad opera di un gruppo di archeologi guidato da Miloje M. Vasić, il primo archeologo professionista della Serbia.
I recenti scavi effettuati presso il sito di 120 ettari di Pločnik hanno gettato una notevole luce sulla cultura Vinča.
L'insediamento di Pločnik fiorì dal 5500 a.C. fino a quando non fu distrutto da un incendio nel 4700 a.C. Gli studi suggeriscono un'avanzata organizzazione e divisione del lavoro. Le case avevano stufe e cavità appositamente scavate per i rifiuti e i morti venivano sepolti in apposite necropoli.
Le persone dormivano su stuoie di lana e pellicce e utilizzavano abiti di lana, di lino e di pelle.
Alcune produzioni in ceramica più grezze sembrano essere state realizzate da bambini. Un pozzo di acqua calda rinvenuto vicino all'insediamento potrebbe rappresentare la prima stazione termale dell'Europa.
La datazione preliminare di un forno di fusione per il rame a Pločnik sembrerebbe risalire al 5500 a.C. e indicherebbe dunque un inizio in Europa dell'età del rame almeno 500 anni prima di quello che si riteneva.
Il forno presenta inoltre una costruzione molto avanzata, con fori di ventilazione che permettevano di alimentare il fuoco e un camino per l'esplulsione dei fumi lontano dai lavoratori.
Questo tipo di struttura è un unicum, in quanto gli altri forni utilizzato per l'estrazione del rame in altri siti non appartenenti a questa cultura, erano generalmente più primitivi. Scrittura La scrittura Vinča, nota anche come Alfabeto Vinča o scrittura Vinča-Turdaş sono un insieme di caratteri trovati su alcuni manufatti preistorici provenienti dall'Europa sud-orientale.
Alcuni studiosi sostengono che si tratti del primo esempio di scrittura appartenente alla cultura di Vinča, sviluppatasi lungo il corso del Danubio tra il VI e il III millennio a.C.
Secondo la maggior parte degli studiosi, tuttavia, essi non possono rappresentare un sistema di scrittura data l'eccessiva ripetizione di alcuni simboli e la eccessiva brevità delle successioni di carattere, sostenendo quindi che la prima vera testimonianza di scrittura rimane la scrittura cuneiforme.
Questo sistema simbolico venne messo in relazione alle tavolette di Tǎrtǎria, ritrovate durante gli scavi dell'archeologo Nicolae Vlassa nel 1961 nei pressi di Săliştea in Romania.
Secondo la datazione al carbonio dei reperti, questi risalirebbero a circa al IV millennio a.C., ovvero 1.300 anni prima della scrittura cuneiforme.
Da queste prime scoperte sono stati trovati circa un migliaio di reperti della stessa natura, in diversi siti disseminati lungo tutto l'arco dei Balcani, in particolare in Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria orientale, Moldavia e Ucraina meridionale.
La natura e lo scopo di questi simboli rimangono tuttora immerse nel più profondo mistero.
Non è infatti chiaro se essi siano stati prodotti con lo scopo di esprimere un linguaggio specifico, o se essi siano una sorta di alfabeto, sillabario o altro del genere.
Sebbene siano stati fatti numerosi tentativi di decifrare i simboli non esiste tuttavia una traduzione plausibile del loro significato. Tavolette di Tǎrtǎria Le tavolette di Tǎrtǎria sono tre reperti archeologici rinvenuti a Săliştea, in Romania.
Esse recano incisi dei simboli che sono stati oggetto di notevoli controversie tra gli archeologi, alcuni dei quali sostengono essere trattarsi della prima forma conosciuta di scrittura al mondo.
Le tavolette sono generalmente associate alla Cultura Vinča, che all'epoca della scoperta era ritenuta dagli archeologi rumeni e serbi risalente al 2.700 a.C.
Vlassa interpretò la tavoletta senza foro come una scena di caccia e le altre due come testimoni di una scrittura primitiva simile ai primi simboli utilizzati dai Sumeri.
La scoperta suscitò un grande interesse nel mondo archeologico in quanto i segni erano precedenti alla Lineare A, la prima scrittura minoica, la più antica conosciuta in Europa.
È stato suggerito da alcuni che i simboli indichino una sorta di collegamento tra l'Europa sud-orientale e i Sumeri.
Tuttavia, le successive datazioni al radiocarbonio su i reperti di Tărtăria hanno retrodatato gli oggetti al 5.500 a.C. (e quindi tutta la cultura Vinča era più antica), lo stesso periodo dei primi insediamenti a Eridu (questa affermazione, comunque, non è da tutti accettata per evidenti contraddizioni nella stratigrafia del sito). Se i simboli fossero di fatto una forma di scrittura, questa sarebbe di gran lunga anteriore alla più antica scrittura sumera o egizia, divenendo di fatto la più antica conosciuta al mondo.
Le statuette antropomorfe ebbero grande importanza nella spiritualità di queste genti, tanto che loro numero (oltre 1000 esempi solo a Vinča) supera il quantitativo totale di figurine scoperte nel Mar Egeo greco.
Declino Durante la metà del IV millennio a.C., l'intera regione della cultura di Vinča subì una stagnazione, seguita da una profonda crisi e un declino culturale ed economico.
Bibliografia Shann M. M. Winn, Pre-Writing in Southeastern Europe: The Sign System of the Vinca Culture CA. 4000 B. C. in American Journal of Archaeology, Vol. 88, No. 1 (Gen., 1984)
Antartide. Sunken Yacht, la nave bloccata nel ghiaccio
E’ il 4 aprile del 2012, la base della Marina Cilena a Bahia Fildes riceve l’SOS dal capitano dello yacht “Mar Sem Fim” (mare infinito).
Le cattive condizioni climatiche e le forti raffiche di vento hanno reso necessario un pronto intervento per mettere in salvo l’equipaggio.
La nave, lunga circa 20 metri, era di proprietà del giornalista e imprenditore brasiliano João Lara Mesquita che si trovava in quella zona per girare un documentario.
Nel suo blog, Mesquita ha raccontato: “Il nostro è stato un salvataggio epico.
Quando i soccorritori ci hanno raggiunto le onde erano alte 1,5 metri e il vento soffiava oltre i 40 nodi.
Lo yacht sembrava un cavallo imbizzarrito. Ci siamo letteralmente gettati tra le braccia di tre membri dell’equipaggio cileno”.
L’equipaggio del Mar Sem Fim è rimasto nella base della Marina Cilena in Antartide in attesa di poter tornare a bordo, ma dopo qualche giorno lo yacht è affondato.
La nave è rimasta incastonata nel ghiaccio e si scorge in trasparenza.
Da allora è conosciuto come il Sunken yacht (yacht sommerso).
Ikea perde la certificazione FSC per aver tagliato alberi secolari in Carelia
Nuovi problemi in vista per Ikea.
Alla multinazionale svedese dell'arredamento è stata sospesa la certificazione FSC, ottenuta nel 2006 dal Forest Stewarship Council, perché accusata di aver utilizzato legno derivante dall'abbattimento di migliaia di ettari di foreste, con alberi di almeno 600 anni, in Carelia, una zona di confine tra Finlandia e Russia.
La vicenda mette in seria discussione le scelte sostenibili di Ikea nell'approvvigionamento del legname per la realizzazione degli ormai famosi mobili facili da trasportare e da assemblare.
Si tratta di una nota davvero negativa per la multinazionale svedese, che si rende in questo modo complice dell'abbattimento di antiche foreste, veri e propri polmoni verdi del Pianeta.
Le accuse al riguardo avevano avuto inizio già nel 2012.
Ikea avrebbe dovuto rivolgersi a fornitori che sapessero offrire maggiori garanzie.
Ad aver agito senza rispettare le regole è Swedwood, azienda consociata che rifornisce Ikea di legname, che avrebbe abbattuto alberi secolari attuando pratiche non di certo sostenibili.
Di conseguenza, il Forest Stewardship Council, che promuove la gestione responsabile delle foreste in tutto il mondo, non ha potuto che sospendere la certificazione che garantisce la provenienza sostenibile del legname impiegato da Ikea per il proprio ciclo produttivo.
Il legname proveniente da Russia e Finlandia non sarebbe dunque per nulla sostenibile.
La decisione è avvenuta a seguito di alcune operazioni di controllo svolte proprio dal Forest Stewardship Council nella zona della Carelia, dove si trova una delle più vaste foreste d'Europa. L'autorità per la certificazione FSC non permette che il legname provenga da alberi antichi ed avrebbe individuato, nel caso di Ikea, diverse violazioni delle regole previste per ottenere e mantenere lo status di azienda sostenibile per quanto riguarda le forniture di legname, come riporta il Sunday Times.
Simon Counseil, direttore esecutivo di Rainforest Foundation UK, si è mostrato rammaricato per l'operato di Ikea e per il fatto che il legname proveniente da antiche foreste sia stato utilizzato per la produzione di mobili a basso costo.
Ikea utilizza l'1% delle risorse di legname presenti nel mondo per la propria attività ed ha raggiunto un fatturato di circa 2,7 miliardi di sterline lo scorso anno, ma a quale prezzo per il Pianeta?
Il colosso svedese ha infatti puntato fortemente sulla presunta sostenibilità dei propri prodotti per incrementare il mercato e fornire un'immagine green del proprio operato.
Tutto sarebbe proseguito senza problemi se la provenienza del legname utilizzato da Ikea fosse risultata davvero sostenibile. Ora Ikea promette che farà tutto il possibile per ottenere di nuovo la certificazione FSC e di avere già agito per porre rimedio almeno in parte ai danni causati.
La multinazionale ha dichiarato di voler risolvere al più presto la questione e che contribuirà allo sviluppo sostenibile e alla gestione responsabile delle foreste in Russia, con particolare riferimento alla Carelia, proprio grazie al contributo di organizzazioni come FSC.
Ci auguriamo che le promesse non siano solo parole e che le autorità per la certificazione si occupino di eseguire controlli più frequenti e severi.
In caso contrario, Ikea rischia di perdere del tutto la propria credibilità nei confronti dei consumatori più attenti all'ambiente.
La multinazionale svedese deciderà forse di rivolgersi ad un nuovo fornitore? Ma soprattutto, ridurre lo spessore della libreria Expedit sarà sufficiente a porre rimedio ai danni causati alle foreste e a salvare gli alberi?
Marta Albè
Impariamo a comprare SOLO prodotti italiani!!!!!
Perché, in Italia, continuano ad essere commercializzate arance importate dal Marocco e quelle siciliane e calabresi marciscono a terra???
Il sottosegretario all'Agricoltura Giuseppe Castiglione, che tra l'altro è siciliano, ha intenzione di occuparsi del problema?
La nostra economia muore anche per colpa della mancata protezione dei nostri prodotti!!!
NON VORREMMO PIÙ VEDERE IMMAGINI DEL GENERE!!! Bisogna varare delle misure che diano respiro alla nostra agricoltura e che la rendano competitiva con quella straniera.
In attesa di leggi adeguate (se mai ci saranno) incominciamo noi quando andiamo a fare la spesa....lasciamo sui banchi tutto quello che non è italiano non scordiamo che è il popolo a decidere con le sue azioni, lamentarsi e fare il gioco commerciale dei politici è stupido e incongruente.
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