lunedì 24 settembre 2012
Dignità
Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie,
lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità...
O. Fallaci
Le vignette -la politica
Il nostro grande Pertini si faceva portare al quirinale le vignette di Forattini e le faceva incorniciare e mettere in bella mostra
Signora fornero piagnucolare tirando in ballo il maschilismo non la dipinge bene
Quanto alle Donne meglio fare un pensierino sulle esodate
Da ultimo visto che marchionne non la chiama la faccia lei questa telefonata tanto paghiamo noi.
Il mancinismo
Il mancinismo è la predilezione ad usare il lato sinistro del corpo, in particolare la mano sinistra. Il cervello umano è formato da due emisferi, quello di destra e quello di sinistra; l’emisfero sinistro è l’emisfero dominante e coordina le funzioni del lato destro del corpo. Questa è la ragione per cui nella maggior parte delle persone prevale l’uso della mano destra. Nei mancini, invece, è dominante l’emisfero destro, che coordina le funzioni del lato sinistro del corpo. Per i mancini, quindi, la mano più abile è la sinistra
Quando si manifesta?
Nei bambini appena nati questa specializzazione non è ancora così netta; per questo nei primi mesi di vita usano indifferentemente l’una o l’altra mano. La specializzazione si sviluppa in seguito, nel corso di quel processo che i neurofisiologi chiamano “lateralizzazione” . Molti bambini dimostrano una preferenza di lato, mancina o destrimane, verso i 18 mesi, parallelamente allo sviluppo del linguaggio; altri la evidenziano verso i 3-4 anni, mentre nella maggior parte dei casi la scelta diventa definitiva nel corso del primo anno di scuola elementare.
Esistono, tuttavia, bambini ambidestri (circa il 4%), in cui permane una “bilateralizzazione”, cioè lo sviluppo del cervello in entrambe le direzioni. Il mancinismo è fortemente legato a fattori ereditari: se uno dei genitori o addirittura entrambi sono mancini, le probabilità che anche il bambino prediliga la mano sinistra aumentano notevolmente.
Perché è sbagliato corregger il mancino?
In passato era diffusa la tendenza di correggere i bambini mancini, ossia di costringere il bambino, naturalmente lateralizzato a sinistra, ad usare la mano destra. Fortunatamente questa tendenza oggi è generalmente superata. I bambini mancini sono sani, intelligenti e attivi quanto i destrimani. Se da un lato sono svantaggiati nell’uso di quegli strumenti per cui è previsto soltanto l’impiego della destra (maniglie, forbici), dall’altro sviluppano una capacità di adattarsi e di superare le difficoltà pratiche superiore a quelle degli altri bambini. Correggere un mancino, quindi, risulta non soltanto inutile ma addirittura dannoso, perché equivale a reprimere una naturale attitudine del bambino, procurandogli uno stato d’ansia e un senso d’inferiorità negativi per il suo equilibrio psicologico.
Galassie scoppiettanti
L'Universo primordiale era pieno di galassie ad alta produzione stellare che crescevano in gran fretta, illuminate da "lampi" di energia che erano veri e propri fuochi d'artificio stellari. È quanto sostiene un gruppo di astronomi guidati da Peter Barthel, grazie al telescopio spaziale Esa Herschel, lanciato nel 2009. Nelle galassie più antiche, le intense radiazioni nelle stelle "neonate" sono spesso accompagnate da potenti esplosioni di energia causate dall'accelerazione gravitazionale del buco nero al centro delle galassie. Insomma dei fuochi d'artificio galattici. Lo studio, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, ricorda che la nostra galassia è ormai a riposo: produce una stella circa ogni anno e il suo buco nero è inattivo. Ma galassie più distanti si trovano in una fase completamente diversa della loro vita. Solo recentemente, grazie a Herschel, un telescopio che rileva la luce infrarossa e non quella visibile come Hubble, gli astronomi hanno potuto osservare i processi di formazione stellare in galassie lontane. Il gruppo di Barthel, del Kapteyn Institute dell'Università del Groningen in Olanda, ha osservato 70 radio galassie, e dai dati si nota che molte di queste emettono radiazioni infrarosse, il che fa pensare che sia in atto un intenso processo di formazione stellare. Nello studio in questione (Extreme Host Galaxy Growth in Powerful Early-epoch Radio Galaxies) vengono descritte nel dettaglio le prime tre galassie: la loro potente emissione radio indica la presenza, al loro centro, di un buco nero in fase di accrescimento. Proprio le violente esplosioni di energia causate dalla materia che precipita nel buco nero causano quei "fuochi d'artificio" visti da Herschel, che si sommano alla radiazione infrarossa causata dalla formazione stellare. Secondo i ricercatori, tutte le galasse di grandi dimensioni potrebbero attraversare questa fase caratterizzata da rapida crescita tanto della galassia (attraverso la formazione stellare) quanto del suo buco nero. di Eleonora Ferroni
Le auto piu belle del mondo.
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Il re dei graffiti
È stato chiamato “l’invisibile dell’arte moderna”, “il rivoluzionario dei graffiti” e “l’artista senza nome”. Secondo il Daily mail si chiamerebbe Robert Banks, e sarebbe nato a Bristol il 28 luglio 1973, ma queste informazioni vengono contestate dal suo portavoce. In ogni caso, Bansky è soprattutto uno street artist, un graffitista di fama mondiale: le sue opere sono tracciate sui muri, dalla Gran Bretagna alla Palestina.
Tra le opere più famose quella che a Londra raffigura i protagonisti di Pulp Fiction che impugnano banane invece di pistole, ma anche la scala disegnata sul muro che separa Israele dai Territori Occupati della Cisgiordania: quasi tutte le sue opere, infatti, sono ironiche e provocatorie. Celebre anche la Gioconda con il viso giallo che lui stesso appese (di nascosto) al Louvre, o il cartello che mise nel recinto dei pinguini dello zoo di Londra con la scritta: “Il pesce ci fa schifo, il posto non ci piace, ci annoiamo a morte”. Nel 2009 si è tenuta a Bristol una mostra, Banksy vs Bristol Museum, che ha avuto 300 mila spettatori in tre mesi.
Passeggiando per le strade di Londra, vi potrebbe capitare di vedere questo graffito replicato in varie zone della città. In particolare, quello nella foto si trova accanto al Blackfriar Bridge. Sembra che tra i fan di Banksy sia diventato di moda anche come tatuaggio. Qui, come in altre opere, Banksy usa la tecnica dello stencil, che prevede l’uso di mascherine di cartone per dare forma al disegno. Lui stesso dichiara, parlando di come questa sperimentazione tecnica è cominciata, «Non ero bravo come graffitista a mano libera, ero troppo lento»
Tra le opere più famose quella che a Londra raffigura i protagonisti di Pulp Fiction che impugnano banane invece di pistole, ma anche la scala disegnata sul muro che separa Israele dai Territori Occupati della Cisgiordania: quasi tutte le sue opere, infatti, sono ironiche e provocatorie. Celebre anche la Gioconda con il viso giallo che lui stesso appese (di nascosto) al Louvre, o il cartello che mise nel recinto dei pinguini dello zoo di Londra con la scritta: “Il pesce ci fa schifo, il posto non ci piace, ci annoiamo a morte”. Nel 2009 si è tenuta a Bristol una mostra, Banksy vs Bristol Museum, che ha avuto 300 mila spettatori in tre mesi.
Passeggiando per le strade di Londra, vi potrebbe capitare di vedere questo graffito replicato in varie zone della città. In particolare, quello nella foto si trova accanto al Blackfriar Bridge. Sembra che tra i fan di Banksy sia diventato di moda anche come tatuaggio. Qui, come in altre opere, Banksy usa la tecnica dello stencil, che prevede l’uso di mascherine di cartone per dare forma al disegno. Lui stesso dichiara, parlando di come questa sperimentazione tecnica è cominciata, «Non ero bravo come graffitista a mano libera, ero troppo lento»
Arte su quattro ruote
L'origine di questa usanza è dibattuta. C'è chi dice affondi le radici nella consuetudine di questo popolo di trasportatori, abituato a lunghi e faticosi viaggi attraverso le montagne, di riprodurre sui propri carri frammenti della propria vita, paese natale e famiglia, per portare sempre con sé un ricordo di casa.
A prima vista potrebbe sembrare l'ultimo "giocattolo" di un collezionista patito di motori. Invece quello che vedete è l'aspetto della maggior parte dei grossi mezzi su ruote pachistani. Paesaggi da fiaba, ritratti di campioni di cricket o star del cinema, versi poetici, versetti del Corano, rappresentazioni di famose moschee o miti greci spiccano sulla carrozzeria di autobus, camion e risciò motorizzati in un perfetto mix di immagini sacre e profane.
Se pensate a un camion, che cosa vi viene in mente? Carichi pesanti, cabine, container? Di certo non un'opera d'arte. Eppure, a migliaia di chilometri da qui, esiste un paese sulle cui carreggiate viaggiano veri e propri capolavori di artigianato, pezzi unici decorati a mano, coloratissimi e ricchi di significati simbolici. Lasciatevi scarrozzare - almeno virtualmente - a spasso per il Pakistan, alla scoperta di una pratica tradizionale tanto affascinante quanto, anche a causa della situazione politica di questo paese, poco conosciuta: quella di dipingere e decorare i camion.
In genere le decorazioni pittoriche seguono una sorta di "grammatica" non scritta ma comune. La parte sopra alla cabina è solitamente riservata ai motivi più "nobili" come le raffigurazioni di luoghi e monumenti sacri. I pannelli laterali sono tradizionalmente dedicati a paesaggi, animali e scene di caccia, mentre il retro del camion è decorato con un singolo disegno di un fiore (come quello nella foto), una vite o una figura geometrica.
A prima vista potrebbe sembrare l'ultimo "giocattolo" di un collezionista patito di motori. Invece quello che vedete è l'aspetto della maggior parte dei grossi mezzi su ruote pachistani. Paesaggi da fiaba, ritratti di campioni di cricket o star del cinema, versi poetici, versetti del Corano, rappresentazioni di famose moschee o miti greci spiccano sulla carrozzeria di autobus, camion e risciò motorizzati in un perfetto mix di immagini sacre e profane.
Se pensate a un camion, che cosa vi viene in mente? Carichi pesanti, cabine, container? Di certo non un'opera d'arte. Eppure, a migliaia di chilometri da qui, esiste un paese sulle cui carreggiate viaggiano veri e propri capolavori di artigianato, pezzi unici decorati a mano, coloratissimi e ricchi di significati simbolici. Lasciatevi scarrozzare - almeno virtualmente - a spasso per il Pakistan, alla scoperta di una pratica tradizionale tanto affascinante quanto, anche a causa della situazione politica di questo paese, poco conosciuta: quella di dipingere e decorare i camion.
In genere le decorazioni pittoriche seguono una sorta di "grammatica" non scritta ma comune. La parte sopra alla cabina è solitamente riservata ai motivi più "nobili" come le raffigurazioni di luoghi e monumenti sacri. I pannelli laterali sono tradizionalmente dedicati a paesaggi, animali e scene di caccia, mentre il retro del camion è decorato con un singolo disegno di un fiore (come quello nella foto), una vite o una figura geometrica.
Le Miniature - Minuziose e Laboriose Opere d'Arte
Con la diffusione del monachesimo, i centri della cultura europea divennero i monasteri, nei cui scriptoria si copiavano le opere antiche, permettendone la trasmissione alle generazioni future. Amanuense e miniatore erano spesso due figure distinte, anche se quasi sempre, soprattutto nell'alto medioevo, appartenenti alla medesima comunità religiosa e quindi di analoga formazione e cultura figurativa. Il Cristianesimo portò a una perdita di interesse verso la realtà percepita dai sensi e si sviluppò uno stile figurativo dove ogni elemento acquista valore solo in quanto metafora del mondo trascendente. Si sviluppò una relazione stretta tra testo e immagini, con iniziali figurate (da figure umane o animali) e istoriate (con piccole scene o decori vegetali), bordi decorati, monogrammi a piena pagina per le prime lettere del testo, tavole di canoni, immagini didattiche e mnemoniche. Questo processo venne sicuramente favorito dalla sensibilità lineare e ornamentale dei popoli barbarici.Nei monasteri irlandesi, tra il VII e il IX secolo, si diffuse un tipo di decorazione raffinatissima basata su intrecci di racemi e figure stilizzate, organizzati in complessi schemi geometrici. La maggior parte delle figurazioni umane, quando presenti, erano di natura antinarrativa e sacrale.La miniatura carolingia vide la committenza degli imperatori stessi tra i committenti di opere librarie, che in questo periodo raggiunsero un vertice per qualità e rilevanza, con una svolta stilistica rispetto al secolo precedente.Con il risveglio artistico del XII secolo la decorazione dei manoscritti ricevette un nuovo impulso. Gli artisti del tempo eccellevano nella miniatura di margini ed iniziali, ma anche nelle figurazioni, caratterizzate da un tratto vigoroso, linee spesse e uno studio attento del drappeggio. Gli artisti migliorarono la rappresentazione delle forme umane e, nonostante resistesse la tendenza a ripetere i soggetti secondo modi convenzionali, gli sforzi individuali produssero in questo secolo numerose miniature di carattere estremamente elegante. Lo stile del XII secolo lasciò il posto ad immagini di dimensioni ridotte durante il periodo gotico. Le dimensioni dei libri si ridussero notevolmente e aumentò la loro diffusione.Con l'avvento del XV secolo, sotto l'influenza del Tardo gotico e del Rinascimento, la miniatura ricevette una spinta artistica che la ripropose sulla ribalta continentale. Grandi committenti erano ormai anche le corti e personaggi del mondo laico, che richiedevano opere di qualità estrema.
Lo scandalo della collana
L' Affare della collana o lo scandalo della collana è un fatto misterioso accaduto negli anni '80 del secolo XVIII, che coinvolse la regina Maria Antonietta di Francia. L'episodio è considerato uno di quelli che hanno maggiormente disilluso la popolazione francese portandola alla rivoluzione.
Fu Jeanne de Saint-Rémy de Valois sposata con il conte Nicolas de la Motte a ordire un piano per guadagnare denaro e potere grazie alla collana. Jeanne Valois entrò in contatto nel 1784 con il cardinale di Rohan, ex ambasciatore a Vienna, che la regina non vedeva di buon occhio Aspirando alla carica di Primo Ministro di Francia, il cardinale stava cercando di riconquistare una buona reputazione agli occhi della Regina. La contessa de la Motte lo convinse di godere del favore di Maria Antonietta e Rohan pensò di approfittarne. Cominciò così una finta corrispondenza tra il cardinale di Rohan e la regina Maria Antonietta, orchestrata da Jeanne Valois de la Motte. Il tono delle lettere divenne sempre più caldo, finché il cardinale, convinto che la Regina fosse innamorata di lui, chiese un appuntamento segreto. L'incontro ebbe luogo nell'agosto del 1784 nel giardino di Versailles: una prostituta, Nicole Leguay D'Oliva, si finse Maria Antonietta, promettendo al cardinale di dimenticare le incomprensioni del passato. Lo scopo di Jeanne Valois era quello di impadronirsi del denaro che spillava al cardinale facendogli credere che fosse destinato alle opere di carità della Regina. Tramite questi soldi, Jeanne poté ritagliarsi un suo ruolo nell'alta società francese del tempo, e molta gente credeva davvero alle sue millantate relazioni con Maria Antonietta. Ad ogni modo, i gioiellieri Boehmer e Bassenge credevano alle relazioni tra le due donne, e pensarono di usare la contessa de la Motte per vendere la collana alla regina Maria Antonietta. Il 21 gennaio 1785 la contessa annunciò che la Regina avrebbe acquistato la collana, ma che - per via del costo elevato del gioiello - non lo avrebbe fatto apertamente, bensì tramite un intermediario. Fu il cardinale di Rohan a trattare sul prezzo della collana, che fu acquistata per 1.600.000 livres pagabili a rate. Affermando di essere stato autorizzato da Maria Antonietta, mostrò ai gioiellieri le condizioni dell'accordo. Pare che il conte de la Motte sia partito poco dopo per Londra, portandosi dietro la collana, di cui avrebbe venduto i diamanti. Al momento del pagamento, Jeanne Valois portò ai gioiellieri una nota del cardinale. Ma questo non bastò, e Boehmer si lamentò con la Regina, che si disse all'oscuro di tutta la vicenda, affermando di non aver mai acquistato la collana in questione. Ne seguì un coup de théâtre. Il 15 agosto 1785, giorno dell'Assunzione, mentre tutta la corte aspettava il Re e la Regina per recarsi alla cappella, il cardinale, che si preparava alla funzione, fu arrestato e portato alla Bastiglia. Rohan riuscì comunque a distruggere quella che credeva essere la sua corrispondenza segreta con la Regina. La contessa fu arrestata solo il 18 agosto, dopo aver distrutto il materiale compromettente. Furono arrestati anche la sosia di Maria Antonietta Nicole Leguay e un certo Rétaux de Villette, amico della contessa, reo confesso di aver scritto le lettere a Rohan con il nome della Regina e firmato per lei le condizioni dell'accordo. L'unico che rimase a piede libero fu il conte de la Motte essendo fuggito in Inghilterra, da sempre territorio nemico per la Francia. Il cardinale accettò che fosse il Parlamento di Parigi a giudicarlo. Il 31 maggio del 1786 ne risultò una sentenza sensazionale: Rohan fu assolto, mentre la contessa de la Motte fu condannata a essere flagellata, marchiata e rinchiusa nella prigione delle prostitute, la Salpêtrière.
Fu Jeanne de Saint-Rémy de Valois sposata con il conte Nicolas de la Motte a ordire un piano per guadagnare denaro e potere grazie alla collana. Jeanne Valois entrò in contatto nel 1784 con il cardinale di Rohan, ex ambasciatore a Vienna, che la regina non vedeva di buon occhio Aspirando alla carica di Primo Ministro di Francia, il cardinale stava cercando di riconquistare una buona reputazione agli occhi della Regina. La contessa de la Motte lo convinse di godere del favore di Maria Antonietta e Rohan pensò di approfittarne. Cominciò così una finta corrispondenza tra il cardinale di Rohan e la regina Maria Antonietta, orchestrata da Jeanne Valois de la Motte. Il tono delle lettere divenne sempre più caldo, finché il cardinale, convinto che la Regina fosse innamorata di lui, chiese un appuntamento segreto. L'incontro ebbe luogo nell'agosto del 1784 nel giardino di Versailles: una prostituta, Nicole Leguay D'Oliva, si finse Maria Antonietta, promettendo al cardinale di dimenticare le incomprensioni del passato. Lo scopo di Jeanne Valois era quello di impadronirsi del denaro che spillava al cardinale facendogli credere che fosse destinato alle opere di carità della Regina. Tramite questi soldi, Jeanne poté ritagliarsi un suo ruolo nell'alta società francese del tempo, e molta gente credeva davvero alle sue millantate relazioni con Maria Antonietta. Ad ogni modo, i gioiellieri Boehmer e Bassenge credevano alle relazioni tra le due donne, e pensarono di usare la contessa de la Motte per vendere la collana alla regina Maria Antonietta. Il 21 gennaio 1785 la contessa annunciò che la Regina avrebbe acquistato la collana, ma che - per via del costo elevato del gioiello - non lo avrebbe fatto apertamente, bensì tramite un intermediario. Fu il cardinale di Rohan a trattare sul prezzo della collana, che fu acquistata per 1.600.000 livres pagabili a rate. Affermando di essere stato autorizzato da Maria Antonietta, mostrò ai gioiellieri le condizioni dell'accordo. Pare che il conte de la Motte sia partito poco dopo per Londra, portandosi dietro la collana, di cui avrebbe venduto i diamanti. Al momento del pagamento, Jeanne Valois portò ai gioiellieri una nota del cardinale. Ma questo non bastò, e Boehmer si lamentò con la Regina, che si disse all'oscuro di tutta la vicenda, affermando di non aver mai acquistato la collana in questione. Ne seguì un coup de théâtre. Il 15 agosto 1785, giorno dell'Assunzione, mentre tutta la corte aspettava il Re e la Regina per recarsi alla cappella, il cardinale, che si preparava alla funzione, fu arrestato e portato alla Bastiglia. Rohan riuscì comunque a distruggere quella che credeva essere la sua corrispondenza segreta con la Regina. La contessa fu arrestata solo il 18 agosto, dopo aver distrutto il materiale compromettente. Furono arrestati anche la sosia di Maria Antonietta Nicole Leguay e un certo Rétaux de Villette, amico della contessa, reo confesso di aver scritto le lettere a Rohan con il nome della Regina e firmato per lei le condizioni dell'accordo. L'unico che rimase a piede libero fu il conte de la Motte essendo fuggito in Inghilterra, da sempre territorio nemico per la Francia. Il cardinale accettò che fosse il Parlamento di Parigi a giudicarlo. Il 31 maggio del 1786 ne risultò una sentenza sensazionale: Rohan fu assolto, mentre la contessa de la Motte fu condannata a essere flagellata, marchiata e rinchiusa nella prigione delle prostitute, la Salpêtrière.
La torre di Londra
La Torre di Londra (in inglese Tower of London) è un complesso costruito nel Medioevo (1078) e composto da diversi edifici fortificati che nel tempo sono stati usati come fortezza, polveriera, palazzo reale e prigione per detenuti di famiglie nobili. È annoverata fra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO dal 1988. La Torre di Londra è stata fondata nel 1078, quando Guglielmo il Conquistatore ordinò che la "Torre Bianca", venisse costruita all'interno delle mura nella zona sudest adiacente al Tamigi. Guglielmo ordinò che la torre venisse costruita in pietra di Caen, importata dal Nord della Francia, e nominò architetto il vescovo di Rochester Gundulf. Alcuni scrittori, tra i quali Shakespeare, nella sua tragedia Riccardo III, ipotizzano che originariamente la Torre di Londra fosse stata costruita da Giulio Cesare. Questa ipotetica origine romana è tuttavia una leggenda. Nel XII secolo, re Riccardo Cuor di Leone circondò la torre bianca con della mura e fece costruire un fossato che riempì con l’acqua del Tamigi Enrico III, nel XIII secolo, utilizzò una tecnica olandese nella costruzione di nuovi fossati. Enrico III trasformò la torre nella principale residenza reale. La fortificazione fu completata tra il 1275 e il 1285 (fine del XII secolo) da Edoardo I il quale costruì la cinta di mura esterne, che incorporava completamente quella interna. La torre rimase la residenza fino ai tempi di Oliver Cromwell, il quale la demolì. Fu anche utilizzata come prigione per personaggi di alto rango e per dissidenti religiosi. I personaggi di alto rango erano incarcerati in condizioni di relativo comfort. Viceversa i dissidenti religiosi erano trattati più severamente e spesso torturati. I Gioielli della Corona furono portati nella Torre di Londra nel 1303, dopo che furono rubati dall'Abbazia di Westminster e recuperati quasi immediatamente. Dopo l'incoronazione di Carlo II, furono rinchiusi e mostrati solo tramite il pagamento ad un custode di una tassa per la visione. Tuttavia questa soluzione ebbe fine quando il colonnello Thomas Blood rubò i Gioielli della Corona dopo aver legato e imbavagliato il custode. Dopo questo episodio, i gioielli furono portati in un'ala della Torre conosciuta come "Jewel House", difesi da guardie armate. Furono temporaneamente portati fuori dalla Torre durante la Seconda guerra mondiale, secondo i rapporti ufficiali furono portati in segreto nel caveau delle assicurazioni Sun Life a Montreal in Canada, insieme ai lingotti d'oro della Banca d'Inghilterra; tuttavia, alcune voci non ufficiali sostengono che potrebbero essere stati invece portati nella "Round Tower" del Castello di Windsor, o nel deposito di lingotti di Fort Knox, negli StatiUniti.
Quando gli esseri umani sono degni di chiamarsi uomini
Questa storia ci dovrebbe far riflettere! Noi siamo solo una razza che abita questa terra e abbiamo dei coinquilini di altre razze con pari dignità e diritto alla vita
Il 9 gennaio 2012 il lupo Navarre è stato recuperato dalle gelide acque di un fiume in condizioni davvero drammatiche: denutrito, con una paresi agli arti posteriori e con 35 pallini di piombo in corpo. Dopo diverse indagini diagnostiche, due settimane di terapia intensiva in infermeria, monitorato 24 ore su 24, Navarre ha ricominciato a camminare ed è stato trasferito in una struttura, all'interno del Centro, idonea alla sua riabilitazione che richiede una ripresa graduale delle funzioni motorie senza sottoporlo a sforzi eccessivi. Grazie ad una telecamera Navarre viene monitorato giorno e notte senza essere disturbato. La strada è ancora lunga, le diverse patologie lo hanno debilitato molto, ma Navarre, grazie alla sua incredibile voglia di vivere e alle cure avute, ha ricominciato a camminare migliorando progressivamente e sta dando ottimi segni di ripresa. Dopo quasi 2 mesi dal suo arrivo il lupo Navarre continua il suo percorso di recupero e riabilitazione presso il Centro Monte Adone. Considerate le drammatiche condizioni al suo arrivo, tutto lo staff è soddisfatto degli evidenti progressi fatti. Ha recuperato oltre 5 kg di peso, sta guarendo dalla rogna e il pelo sta lentamente ricrescendo; le molteplici problematiche sanitarie (intestinali, cardiache, uro-genitali) sono inoltre quasi totalmente rientrate. Vista la grave paresi degli arti posteriori e la grave pregressa atrofia muscolare, la soddisfazione più grande è vederlo camminare nuovamente, acquisendo sempre più forza; tuttavia Navarre non ha ancora riacquistato totale padronanza e sicurezza nei movimenti, condizione necessaria per ritenere completo il suo recupero e consentire quindi il suo rilascio in natura in condizioni ottimali, tali da permettergli di provvedere a sé stesso. Dal punto di vista psicologico Navarre sta riprendendo gli atteggiamenti elusivi tipici della sua specie dimostrando un progressivo recupero anche in questo senso. Pur consapevoli della complessità della situazione e dei molti fattori che concorrono alla buona riuscita di questo percorso il Centro rimane impegnato nell'ambizioso progetto di poter riportare Navarre in natura.
Isola di Procida - Napoli
L'isola di Procida ha una superficie di 3,7 km². Il perimetro, estremamente frastagliato, misura circa 16 km. La superficie comunale ricopre interamente l'isola di Procida e il vicino isolotto di Vivara (0,4 km²), due isole del golfo di Napoli appartenenti al gruppo delle isole flegree. Il rilievo più elevato è rappresentato dalla collina di Terra Murata (91 m), sovrastata da un borgo fortificato di origine medioevale. L'isola si trova ad una distanza minima dalla terraferma di circa 3,4 km (Canale di Procida) ed è collegata da un sottile ponte alla vicina isola di Vivara. Le sue coste, in alcune zone basse e sabbiose, altrove a picco sul mare, danno vita a diverse baie e promontori che offrono riparo alla piccola navigazione e hanno permesso la nascita di ben tre porticcioli sui versanti settentrionale, orientale e meridionale dell'isola. La gran parte del suo litorale è compreso nell'area marina protetta Regno di Nettuno.
Dal punto di vista geologico, l'isola è completamente di origine vulcanica, nata dalle eruzioni di almeno quattro diversi vulcani (databili tra 55.000 e 17.000 anni fa), oggi completamente spenti e in gran parte sommersi. L'isola era anticamente (sicuramente ancora in epoca romana) collegata da una stretta falesia alla vicina isola di Vivara. Ipotesi più controverse giungono a immaginare un collegamento in epoca preistorica con il Monte di Procida in terraferma o, più difficilmente, un ulteriore collegamento ancora precedente con l'isola d'Ischia. Vi nacque Giovanni Da Procida, terzo (III) con questo nome, consigliere di Federico II di Svevia e animatore della rivolta dei Vespri Siciliani. Durante la guerra del Vespro l'isola fu infatti controllata dalla flotta del re aragonese di Sicilia ben 14 anni, dal 1286 al 1299, pur subendo diversi assedi da parte degli angioini di Napoli, che riuscirono a rientrare a Procida solo quando, dopo la morte di Giovanni da Procida, il suo figlio secondogenito, Tommaso da Procida, passò nel campo angioino. Nel 1339, comunque, l'ultimo discendente dei Da Procida vendette il feudo (con l'isola d'Ischia) alla famiglia di origine francese dei Cossa, famiglia di ammiragli fedele alla dinastia D'Angiò, allora regnante su Napoli. Dei Cossa, esponente di maggior rilievo fu Baldassarre Cossa, eletto antipapa nel 1410 con il nome (poi ignorato nella storiografia vaticana) di Giovanni XXIII.
La perla
Una perla è una struttura sferica costituita essenzialmente da carbonato di calcio in forma cristallina deposto in strati concentrici, e prodotta dai tessuti viventi – in particolare dal mantello – dei molluschi (tipicamente le ostriche). Il termine "perla" deriva dal latino "pernula", il nome con cui si indicava la conchiglia che la contiene e la cui forma ricorda la "coscia del maiale".
Una perla si forma quando un corpo estraneo, come parassiti o pezzi di conchiglie, si ferma nella cavità palleale. Esso viene ricoperto da strati successivi di madreperla, allo scopo di difendere i tessuti dell'animale dall'irritazione. Si depositano vari strati di calcio che, in combinazione con altri minerali, creano questi particolari oggetti preziosi. La perla è formata praticamente da nacre, meglio conosciuta come madreperla.
Per creare perle con forme speciali, quando si estrae la perla dall'ostrica, si immette un frammento di plastica con la forma scelta, che l'ostrica coprirà con la madreperla. Il risultato è che, dopo anni di attesa, la perla che nasce ha la forma ingrandita del frammento iniziale.
Il colore più comune nelle perle è il bianco, ma si possono trovare anche perle rosa, color crema, viola scuro, grigie e nere. Grazie alla tecnologia e ad anni di studio, oggi possiamo anche avere perle con colori bizzarri come il verde, l'azzurro, l'arancione, che vengono usate soprattutto nella bigiotteria. Quando si parla di perle nere, oltre alla Akoya e a quelle di fiume, si pensa subito alle costosissime perle di Tahiti, molto pregiate e particolarmente belle. Il valore delle perle però, non si distingue solo dal colore, ma anche dalla forma e dal lustro, cioè la luce che riesce a riflettere.
Una curiosità particolare è che, a differenza delle altre, le ostriche che creano le perle nere sono molto più delicate e in ogni coltivazione ne muoiono tantissime. Questo è un altro fattore che le rende così costose e rare.
Ci sono due categorie di perle: le perle di acqua dolce e le perle di acqua salata. Come dice la parola stessa, le perle d'acqua dolce vengono coltivate nei laghi e nei fiumi, mentre le altre provengono dall'oceano e molto spesso dalle lagune. Le tre categorie di perle d'acqua salata sono le Akoya, le perle Tahiti e le costosissime e rare perle South Sea.
Lucrezia Borgia
La leggenda la vuole bellissima, perfida, cinica e assassina. La Storia ne conserva invece un ricordo decisamente migliore: Lucrezia Borgia non fu certo un angelo ma fu una donna costretta dagli uomini della sua famiglia a subire scelte anche dolorose. Ma gran parte delle vicende terribili che le sono state attribuite o che in realtà la videro coinvolta si verificarono nel giro di pochi anni, nel pieno del pontificato di suo padre, Papa Alessandro VI, e del massimo potere di suo fratello Cesare, il famigerato Duca Valentino. Una volta lasciata, per sempre Roma, le cose cambiarono. E se, soprattutto in Spagna, è in atto una parziale riabilitazione storiografica dell'intera famiglia, a cominciare dal discusso Alessandro VI, forse per Lucrezia non c'è bisogni di fare grandi esercizi di revisionismo. Infatti, a partire dal suo terzo matrimonio, quello col Duca di Ferrara Alfonso I d'Este, nel 1501, Lucrezia, a soli 21 anni, iniziò una nuova vita, quella definitiva. Una vita tranquilla, di corte, dove come altre grandi dame dell'epoca venne celebrata dai poeti (come Bembo e Ariosto), fu amata dal marito e diede al mondo ben sei figli. L'ultimo parto le fu fatale, a soli 39 anni. Una fine straordinariamente normale.
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