domenica 9 febbraio 2014
Tutti a caccia del feroce Saladino
Era il 1934 quando scoppiò in Italia un fenomeno che non aveva certo avuto precedenti.
Le figurine che sino a quel momento erano rimaste qualcosa di esclusivo interesse dei bambini diventarono un fatto di costume ad interesse nazionale
Una trasmissione radio ideata dai giornalisti Nizza e Morbelli, parodia umoristica del famoso romanzo di Dumas “I tre moschettieri”, fu sponsorizzata dalla Buitoni-Perugina che la legarono ad una raccolta di figurine presenti in tutti i loro prodotti. Le “voci” di Aramis, Athos, d’Artagnan ePorthos erano quelle di Mario Ponte, Nunzio Filogamo, Umberto Mozzato e Arrigo Amerio Le 100 figurine diverse furono disegnate dal torinese Angelo Bioletto e rappresentavano tutti i personaggi ( della trasmissione radiofonica) scaturiti dalla fantasia degli autori
Se si completava un album si aveva diritto ad un premio, ma completando molti album i premi diventavano particolarmente graditi sino ad arrivare a motociclette ed al mitico traguardo di 150 album completi che dava diritto ad una “Topolino” ( l’utilitaria della Fiat uscita proprio in quegli anni e che certo era un sogno per moltissime famiglie di italiani)
Pare che la Buitoni-Perugina ne abbia poi consegnate circa duecento…
Si scatenò una gigantesca caccia alla figurina sopratutto a quella rarissima del “feroce saladino” ed anche alla figurina jolly che poteva sostituire qualunque altra.
La rarità di alcune figurine era spesso frutto del caso, ma anche voluta, essendo stampate in un numero minore.
Un decreto del Ministero delle corporazioni regolerà in seguito questi “concorsi” e obbligherà a stampare tutte le figurine con la stessa tiratura per evitare le rarità “artificiali” preprogrammate.
Si aprì presto un fiorente mercato di compravendita e di scambio, i giornali pubblicavano le quotazioni delle varie figurine, i prodotti della Buitoni-Perugina venivano “svenduti” se privati della figurina, si accettarono figurine in pagamento di merci,…
Le figurine di questo concorso oggi non valgono molto, e ve ne sono di due tipi quelle “annullate” ( con un punzone a forma di stella), perchè hanno riscosso un premio, e quelle nuove.
Visto il clamoroso successo del concorso Buitoni-Perugina molte altre ditte si lanciarono sullo sfruttamento della idea e per diversi anni si susseguirono svariate ” raccolte” e ricchi premi. Poi , siamo alla fine degli anni trenta, i “venti di guerra” distrassero gli italiani ….
A Torino arriva “MiaGola Caffé”, il primo “cat café” italiano
Prendere un caffè mentre si coccola un gatto è un'esperienza che tutti dovrebbero provare nella vita.
Per tutti coloro che hanno sempre desiderato farlo, ma non si sono mai decisi ad adottare un micio, da Marzo inaugura a Torino il MiaGola Caffè, il primo cat cafè italiano.
In Via Amendola 6 d, sarà possibile trascorrere qualche momento di relax in compagnia di una colonia di 6 dolcissimi mici, nato dall'amore e dal rispetto della giovane proprietaria, Andrea Levine, per i gatti e dedicato a tutti gli amanti degli animali.
I gatti che vivranno al MiaGola Caffè, che parte da una concezione "all pink", coinvolgendo personale tutto femminile, sono tutti riscattati da gattili del territorio (Andrea svolge attività di volontariato presso una di queste strutture).
I suoi due gatti, Muffin e Cupcake, da lì arrivano e sono stati una fonte di ispirazione del progetto.
Sì, perché il MiaGola Caffè è pensato per chi ama i gatti e gli animali in genere, per le famiglie, per i bambini e per tutti coloro che desiderano possedere un animale, ma temono di non riuscire ad essere in grado di occuparsene o non hanno le possibilità economiche per mantenerlo.
Presto, però, basterà andare in centro per un caffè o un aperitivo per incontrarli e coccolarli.
Proprio come avviene a Taiwan e in Giappone, dove i Neko café sono diffusissimi. O, da qualche anno a questa parte, anche in alcune città d'Europa, che ospitano queste piccole isole felici all'interno delle quali, protetti, controllati e sicuri, uomini e felini possono liberamente interagire e scambiarsi affetto e coccole. L'importante è rispettare alcune regole basilari, come la tranquillità dei felini.
Ma MiaGola Caffè è anche altro.
Il progetto, complesso e articolato, rientra a tutti gli effetti nella più contemporanea concezione di "smart city": sarà un luogo tecnologico con free wi-fi per restare collegati con il mondo. Un videowall trasmetterà continuamente le immagini dei canili e dei gattili del territorio, in collaborazione con tutte le strutture che ospitano animali abbandonati in cerca di una nuova casa.
La parola d'ordine, quindi, sarà l'amore.
Roberta Ragni
La Quercia di Pinocchio
La Quercia delle Streghe di San Martino in Colle, che ha 600 anni di vita, nota anche come Quercia di Pinocchio, da cui ha tratto spunto Carlo Collodi nello scrivere le avventure del burattino, è stata riconosciuta come albero monumentale. La decisione è stata presa dalla Consulta tecnica regionale per le Aree protette e la biodiversità della Regione Toscana in seguito alla richiesta del Comune di Capannori e del Wwf.
L’albero, della specie Quercus pubescens, ha dimensioni quasi irreali: è alta 24 metri, con una circonferenza di 4,5 metri, mentre la chioma ha un diametro di oltre 40 metri. Si trova nel parco di Villa Carrara ed è oggetto di due leggende. Si narra che questa pianta fosse il punto di ritrovo per le streghe che erano solite fare i loro riti e danzare sopra di essa. La sua forma schiacciata, con i rami sviluppati quasi orizzontalmente, caratteristica inusuale per gli alberi di questa famiglia, sarebbe dovuta alla ripetuta presenza delle streghe sulla chioma.
La seconda leggenda collega la quercia al romanzo “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”. Questa sarebbe proprio la “Quercia grande” dove Pinocchio venne impiccato dagli assassini che volevano rubargli le monete d’oro e vicino alla quale poi il burattino incontrò il Gatto e la Volpe, che lo convinsero a sotterrare i denari nel Campo dei Miracoli nella città di Acchiappa-citrulli.
Nidi con i rifiuti di plastica: dall'uomo ennesimo pericolo per le api
Le api sono in pericolo.
La maggiore minaccia alla loro esistenza è costituita dai pesticidi chimici utilizzati nelle coltivazioni agricole a scopo industriale. Anche i cambiamenti climatici fanno la loro parte e ora, come rivela un recente studio dei biologi dell'Università di York pubblicato sulla rivista Ecosphere dell’Ecological Society of America, alla lista dei "killer delle api" si aggiungono anche i rifiuti umani.
Nel loro disperato tentativo di adattarsi e sopravvivere, questi insetti fondamentali per la biodiversità e gli ecosistemi hanno iniziato a utilizzare i nostri rifiuti di plastica per costruire nidi. Fino a oggi lo avevano fatto solo utilizzando materiali naturali.
La colonia di api osservata dal team di esperti ha sostituito proprio con la plastica circa il 23 per cento delle foglie normalmente utilizzate.
"I rifiuti di plastica pervadono il panorama mondiale. Anche se gli impatti negativi sulle specie e gli ecosistemi sono stati documentati, ci sono alcune osservazioni sulla flessibilità comportamentale e l’adattamento delle specie, soprattutto insetti, ad ambienti sempre più ricchi di plastica", scrivono gli autori, che hanno creato "nidi trappola" a Toronto per osservare il comportamento delle diverse specie di api.
A seconda delle specie, infatti, le api costruiscono i loro nidi con vari materiali naturali, dalle foglie al fango, passando anche per piccoli ciottoli. Ma, appena le api hanno finito il loro lavoro, i ricercatori hanno notato che materiali non naturali erano stati incorporati nei nidi di due diverse specie di api. Avevano optato per i tipi di plastica che imitavano i materiali naturali solitamente impiegati.
La Megachile rotundata, che di solito raccoglie foglie, aveva completato alcuni dei suoi nidi con pezzi di plastica bianca lucida, sostituendo circa il 23 per cento delle foglie.
Nel frattempo, la Campanula Megachile, che di solito raccoglie resina di pino, di tanto in tanto lo aveva sostituito con sigillanti a base poliuretanica, usati spesso in edilizia per gli esterni degli edifici.
Quali sono le conseguenze di queste nuove tecniche di costruzione? La plastica nei nidi può causare la formazione di muffe, o può uccidere gli insetti impedendo loro di muoversi o respirare. Un’ulteriore prova, insomma, che stiamo avvelenando il pianeta con i nostri rifiuti.
Roberta Ragni
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