C’è un’area a Roma in grado di raccontare la storia della città fin dal principio: il Velabro.
Leggenda vuole infatti che l’Urbe sia stata fondata da Romolo precisamente sul colle Palatino.
La città poi iniziò a svilupparsi nella vallata compresa tra questo colle e il Campidoglio, raggiungendo anche – sul lato opposto – il Tevere. E il fiume è certamente un altro importante protagonista della leggenda di fondazione di Roma: è infatti nell’area del Velabro – tra Palatino e Tevere – che la cesta in cui furono posti i due piccoli gemelli (Romolo e Remo) si arenò, in una zona inizialmente paludosa e spesso alluvionata (velus appunto).
In seguito alla bonifica dell’area ottenuta grazie alla Cloaca Massima – una delle più antiche condotte fognarie cittadine – si costituì qui il Foro Boario, importante mercato di bestiame, all’interno del quale furono poi costruiti anche importanti templi.
Tra questi, quelli ancora oggi visibili, sono il Tempio di Ercole, a forma circolare, con accanto il Tempio di Portuno, rettangolare e dedicato al dio protettore dei porti. Nei pressi infatti, e precisamente davanti all’Isola Tiberina, i romani costruirono il primo porto cittadino, detto appunto Porto Tiberino, munito ovviamente di magazzini in cui stipare le merci, oggi posti al di sotto del Palazzo dell’Anagrafe in via Petroselli.
Di fronte al tempio rotondo, vi era invece l’Ara Massima di Ercole, un antico santuario i cui resti sono oggi visibili al di sotto della Basilica di Santa Maria in Cosmedin.
L’area quindi mostrava una particolare devozione nei confronti dell’eroe greco. Secondo la tradizione, infatti, fu qui che Ercole, di ritorno dalla Spagna insieme ai buoi di Gerione, fece una sosta.
La zona però all’epoca era infestata dal mostruoso gigante Caco, che subito gli rubò la mandria. Ercole riuscì a recuperare i suoi buoi, uccidendo il gigante e liberando così la zona dal terribile mostro.
Gli abitanti del luogo, particolarmente grati, iniziarono a venerare quindi Ercole come un vero e proprio dio, erigendo in suo onore alcuni edifici di culto.
Ma nella zona si possono ammirare anche molti altri interessanti monumenti.
Nelle immediate vicinanze della Chiesa di San Giorgio al Velabro, si notano infatti due importanti archi: l’Arco di Giano, il cui nome si riferisce al dio bifronte protettore di porte e passaggi, anche se in realtà il monumento è da identificare con l’arco costruito nel IV secolo d.C. all’epoca dell’imperatore Costantino; poco più avanti l’Arco degli Argentari, eretto nel 204 d.C. dai banchieri e commercianti del Foro Boario, nel punto in cui l’antica strada urbana del vicus Jugarius raggiungeva la piazza del mercato.
All’interno dell’arco si riconoscono inoltre, a rilievo, i ritratti della famiglia imperiale dei Severi: da un lato Settimio Severo e la moglie Giulia Domna, dall’altro i due figli della coppia, Caracalla e Geta, il cui volto fu però cancellato dal fratello dopo l’uccisione per la salita al potere, disponendo per lui la damnatio memoriae (condanna della memoria).
L’arco è oggi addossato alla Chiesa di San Giorgio al Velabro, edificata già nel VI secolo d.C.
Il luogo è tristemente noto alle cronache cittadine perché nell’estate del 1993 fu oggetto di un attentato. Un’esplosione dovuta ad un’autobomba parcheggiata nei pressi, causò drammatiche distruzioni alla chiesa, che fu però interamente ricostruita, riportandola al suo antico splendore.
Una piccola e circoscritta area di Roma certo, ma che da sola è in grado di rivelare l’intera storia della città!