giovedì 6 aprile 2017
Il glicine: storia, leggende e linguaggio dei fiori
Il glicine, wisteria sinensis, appartiene al gruppo delle papiliode della famiglia delle fabacee, è originario delle regioni asiatiche, in particolare della Cina, ma è anche ampiamente diffuso nella costa orientale degli Stati Uniti.
Il nome scientifico wisteria fu assegnato alla pianta in onore allo studioso statunitense Kaspar Wistar (1761 – 1818) anche se i tedeschi chiamarono la pianta blauregen che significa pioggia blu, nome che molto si avvicina a quello che il glicine ha in Cina il glicine viene, infatti, chiamato zi teng che significa vite blu.
Il termine usato in Italia ovvero glicine deriva, invece, dalla parola greca glikis che significa dolce ed è dovuto alla dolce profumazione dei fiori.
E’ una tra le più belle ed apprezzate piante rampicanti del mondo, la sua altezza può raggiungere e superare i 15 m.
Il suo fusto è molto flessibile, simile a quello della pianta di vite, per questo motivo per farla crescere in altezza ha spesso bisogno di supporti che la sostengano.
Sia il fusto che le ramificazioni sono di colore brunastro, le foglie, di piccole dimensioni, hanno una forma ovale e sono di colore verde chiaro.
Il suo periodo di fioritura è la primavera, più precisamente nei mesi di maggio e giugno.
I fiori compaiono prima delle foglie, sono delicatamente e gradevolmente profumati, riuniti in grappoli di una colorazione che può variare dall’azzurro chiaro al violetto.
Il glicine fu importato in Europa, più precisamente in Inghilterra, nel 1816 da un capitano inglese, Robert Welbank, su di un carico mercantile della flotta della compagnia delle indie orientali.
Il glicine, però, non venne immediatamente tenuto in considerazione dai botanici inglesi e si dovettero attendere un paio di anni prima che “la vite blu” importata da Cina e Giappone spopolasse tra i giardini europei.
Dei i primi esemplari importati vive ancora oggi una pianta che è la pianta più vecchia di glicine esistente in Europa, si trova al Kew Gardens di Londra ed è anche la pianta di glicine più grande e spettacolare che esista al mondo.
Il glicine è accompagnato da molte storie, soprattutto di origine cinese e giapponese, sul suo uso simbolico.
Si narra che gli Imperatori giapponesi, durante i loro lunghi viaggi di rappresentanza in terre straniere, portassero con sé dei piccoli bonsai di glicine, affinché giungendo alla corte di altre dinastie alcuni uomini, della scorta dell’Imperatore, potessero portare in dono i piccoli alberelli in segno di amicizia e benevolenza da parte dell’Imperatore nei confronti degli abitanti delle terre su cui erano giunti.
Una leggenda italiana ne narra l’origine, secondo la tradizione piemontese, infatti, una giovane pastorella di nome Glicine, piangeva e si disperava per via del suo aspetto, che la faceva sentire brutta ed inferiore rispetto ad altre giovani del suo paesino.
Un giorno al massimo della sua disperazione iniziò a piangere, da sola in mezzo ad un prato, quando ad un certo punto le sue lacrime diedero vita ad una meravigliosa pianta dalla fioritura stupenda e dall’inebriante profumo, il glicine.
Circondata da magnifico profumo la ragazza si sentì orgogliosa e fiera di se stessa, per esser riuscita a creare quella pianta meravigliosa
.
Nel linguaggio dei fiori e delle piante il glicine, in Cina ed in Giappone, simboleggia l’amicizia e la disponibilità.
Tale significato è stato adottato anche dai paesi occidentali, nei quali regalare una pianta di glicine è simbolo di amicizia sincera e riconoscenza.
Fonte: ilgiardinodeltempo
Fra le Lenzuola incantate del Maranhão, un mistero geologico ancora tutto da scoprire
Una sterminata distesa di dune bianche, fiumi «mobili» e mangrovie.
Siamo in Brasile, nel Parco nazionale dei Lençóis Maranhenses. dove la foresta amazzonica lascia spazio a una distesa immensa di sabbia bianchissima, intervallata da piccole lagune che cambiano ora dopo ora in base al vento.
Stiamo parlando di un mistero geologico scoperto solo trent'anni fa, rimasto sconosciuto nonostante si estenda per 270 chilometri quadrati.
Qui, nello stato Maranhão, oceano e foresta sono infatti separati da una striscia di «deserto» interrotta da decine di specchi d'acqua e fiumiciattoli alimentati esclusivamente dalle piogge tropicali.
Una distesa di scintillante sabbia bianca sempre soggetta al vento, tanto da far somigliare Lençóis Maranhenses un lenzuolo steso ad asciugare.
Da qui il curioso soprannome, «Lenzuola di Maranhão».
Durante la stagione secca, tra ottobre e novembre, un implacabile vento spinge la sabbia fino a 48 chilometri di distanza dalla costa, scolpendo dune alte anche 40 metri.
Ma a Lençóis Maranhenses la sabbia si muove in continuazione e in alcune zone le dune possono avanzare anche di venti metri l'anno.
Poi tra gennaio e giugno le piogge riempiono le valli formando nuove lagune che raggiungono i 90 metri e tre di profondità, creando questo suggestivo paesaggio.
Sono proprio le piogge a garantire a Lençóis una caratteristica unica al mondo: l'acqua pluviale forma tra le dune sabbiose decine di specchi d'acqua dolce. Degli «stagni» come Lagoa Azul e Bonita, i più ambiti dai turisti per la loro bellezza e balneabilità.
Le spiagge più rinomate della zona sono invece Ponta do Mangue, Moitas, Vassouras, Morro do Boi e Barra do Tatu.
Ma nonostante tutta questa bellezza, la ricettività turistica della zona è limitata.
Il che fa di queste dune un paradiso ancora tutto da scoprire.
Per tutelare quest'incredibile ecosistema, l'ingresso alla riserva naturale è vietato ai veicoli a motore. Ma non è difficile trovare tour in bus autorizzati dal Parco naturale, con partenza da Fortaleza, dove si trova l’aeroporto internazionale.
Nel 2002 è stata aperta una strada asfaltata che collega São Luís, capitale del Maranhão, a Barreirinhas, punto d'ingresso al parco.
Fonte: lastampa.it
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