venerdì 23 gennaio 2015
Spacciatori di mummie, nell’800 le facevano false. Due in Vaticano
Gli spacciatori di mummie, nell’800 le facevano false e due di queste sono ai Musei Vaticani.
Era un vero e proprio inganno, architettato per ingannare i collezionisti, che gli autori ritenevano degli sprovveduti.
L’inganno risale all‘Ottocento, quando chi possedeva le due piccole mummie in questione, probabilmente un collezionista privato, ha pensato di riempire l’involucro con qualcosa di più consistente di scarsi resti polverizzati.
Si trattava di una vecchia mania nata dopo la campagna di Napoleone in Egitto, con la scoperta della stele di Rosetta e la decifrazione dei geroglifici fatta da Jean-Francois Champollion.
E non si tratta degli unici esemplari: in tutta Europa sarebbero almeno 40.
I viaggiatori europei che affrontavano un viaggio nel Paese delle sfingi al ritorno volevano portare con sé dei reperti da esibire durante i tè con gli amici.
Agli incontri avveniva anche lo sbendaggio delle mummie. E per mostrare qualcosa di consistente nacque la pratica di riempire i sarcofagi di resti umani, magari medievali, che dessero l’idea di un corpicino dell’Antico Egitto.
Ora due di questi esemplari sono stati individuati nei Musei Vaticani da Alessia Amenta, direttrice del reparto Antichità Egizie e del Vicino Oriente, che le ha studiate con l’aiuto del Laboratorio di diagnostica per la conservazione e il restauro coordinato da Ulderico Santamaria e dal suo assistente Fabio Morresi.
Spiega Amenta al Corriere della Sera:
“I risultati delle analisi hanno rivelato stessa manifattura e stesse stranezze in entrambe.
Le bende sono di epoca faraonica (2.000 a. C.), ma ricoperte di una resina che non si trova in Egitto ma in Europa.
Il volto infantile è modellato e dipinto su una copertura in cartonnage, a cui è sovrapposta una lamina di stagno spalmata di resina gialla per conferire una doratura antica: una tecnica tipica dell’Ottocento inglese.
La Tac ha rivelato che dentro le bende c’era una tibia umana, ma di adulto e di epoca medievale.
Un assemblaggio studiato per ingannare i collezionisti sprovveduti”.
Fonte: http://www.blitzquotidiano.it/
Wayang: le bambole indonesiane e il teatro delle marionette patrimonio Unesco
Wayang, una sola parola che indica il teatro delle marionette indonesiane, un prezioso tesoro che è diventato patrimonio Unesco dell'umanità.
Il termine Wayang in Indonesia indica sia le bambole tradizionali, le caratteristiche marionette che vengono utilizzate per il teatro, sia il genere teatrale di cui sono protagoniste.
Nel corso del tempo il teatro indonesiano si è arricchito rispecchiando con le proprie bambole i vari gruppi etnici presenti nella nazione.
Ora nel teatro indonesiano sono due i tipi di marionette che prevalgono: le marionette tridimensionali, anche conosciute come wayang klitik o golèk, e quelle piatte, solitamente in cuoio impiegate nelle performance di teatro delle ombre, che hanno il nome di wayang kulit.
Gli spettacoli teatrali prendono vita grazie al burattinaio, chiamato dalang, che mette in movimento le bambole con dei bastoncini collegati alle braccia e alle gambe dei personaggi.
Un tempo le tecniche di realizzazione delle marionette venivano tramandate di generazione in generazione, come vere e proprie tradizioni a cui rimanere fedeli nel corso del tempo.
I personaggi tipici del teatro indonesiano derivano dai miti e dalle leggende locali, dai racconti persiani e indiani e includono bambole di diverse nazionalità, che aiutano gli spettatori a comprendere la situazione politica e sociale del tempo e a scoprire l'Indonesia come un vero e proprio melting pot di culture.
Inizialmente questo complesso metodo di narrazione fu esclusivo delle corti reali di Giava e Bali le cui prime testimonianze risalgono al 930 dC.
Solo dopo molti secoli il Wayang iniziò a diffondersi sulle altre isole, evolvendosi e integrando gli stili e la musica di ciascun luogo ove approdava quest'arte.
La tradizione del teatro delle marionette indonesiane è arrivata fino a noi e nel 2003 l'Unesco lo ha riconosciuto come eredità culturale da non dimenticare, come patrimonio orale e immateriale dell'umanità.
La speranza è che la tradizione della fabbricazione delle marionette e del loro impiego per il caratteristico teatro indonesiano non venga accantonata dalle nuove generazioni.
Marta Albè
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