sabato 13 luglio 2019
La plastica si mescola alle rocce divenendo elemento permanente del Pianeta: ha così inizio una nuova era: l'antropocene
La plastica è talmente diffusa nei mari da essersi incorporata nelle rocce litoranee, traccia indelebile del devastante passaggio dell’uomo sulla Terra.
E quando l’inquinamento plastico diventa elemento permanente della geologia del Pianeta non è un bene!
Il primo a individuare i nuovi agglomerati di roccia e plastica fu il biologo marino Ignacio Gestoso nel 2016, sull’isola portoghese di Madeira, ma a quel tempo lo studioso pensò che si trattasse di un materiale ibrido destinato a sparire presto.
Venne chiamato “plasticrust” e un anno dopo, purtroppo, Gestoso lo ritrovò ancora.
Venne quindi pubblicato un nuovo studio su Science of the Total Environment, dove Gestoso e i colleghi descrissero il plasticrust come un muschio sintetico dai colori brillanti e totalmente nuovi, che riveste grandi aree della costa rocciosa dell’isola presa in esame.
Dichiararono che era talmente diffuso da generare un nuovo orizzonte antropogenico di plastica nelle registrazioni sedimentarie terrestri, aprendo le porte a una nuova era.
E in effetti, proprio per la sua onnipresenza, la plastica è divenuta simbolo dell‘Antropocene, era segnata irrevocabilmente dal passaggio dell’uomo.
Oltre a questo materiale, anche acciaio, calcestruzzo, fertilizzanti, radionuclidi, particolato in sospensione rintracciabile in sedimenti e in ghiacciai, isotopi prodotti nella detonazione di ordigni nucleari lasceranno traccia di sé, contribuendo a questa nuova epoca che potrebbe ben presto entrare nei libri di scuola.
L'antropocene, che dovrebbe seguire l’Olocene, epoca geologica iniziata circa 11.700 anni fa, venne individuato per la prima volta dal biologo Eugene F. Stoermer, che coniò il nome nel 1980.
Ma solo negli anni successivi iniziò a far parlare di sé, in particolare con la pubblicazione del libro “Benvenuti nell’Antropocene!” del Premio Nobel olandese Paul Crutzen.
Il testo parla di un’epoca dominata da una sola specie, quella umana, che ha modificato radicalmente il Pianeta, anche grazie alla tecnologia, ma che non ha saputo pilotare con saggezza il cambiamento. E che per questo potrebbe pagare un caro prezzo nel futuro immediato.
I danni sono di varia natura ma secondo il Premio Nobel autore del libro, la minaccia peggiore è rappresentata dai cambiamenti climatici.
E le prospettive dei geologi non sono migliori perché, a quanto pare, questa nuova era tanto tranquilla non è.
Si prevedono ulteriore aumento delle temperature, maggiore concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, scomparsa dei ghiacciai, rapida erosione, consumo globale di acqua in aumento, insomma nulla di buono all’orizzonte!
Tranne per un aspetto, la tecnologia, che potrebbe aiutarci a raggiungere nuovi pianeti.
Nel 2021 l’AWG dovrebbe presentare una proposta alla Commissione internazionale per la stratigrafia, e in base alla decisione che verrà presa, i libri di storia potrebbero cambiare, introducendo ufficialmente tra le pagine l’Antropocene!
Laura De Rosa
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