lunedì 11 novembre 2013
La Contessa di Castiglione
«Io sono io, e me ne vanto; non voglio niente dalle altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona, dato il mio carattere fiero, franco e libero, che mi fa essere talvolta cruda e dura. Così qualcuno mi detesta; ma ciò non mi importa non ci tengo a piacere a tutti».
«Ogni donna ha il dovere di essere bella, non per sé, ma per gli altri. Per sé invece, deve essere ambiziosa, astuta e agguerrita».
Virginia Oldoini Verasis nasce a Firenze il 22 marzo 1837 dalla Marchesa Isabella Lamporecchi - figlia della ballerina Luisa Chiari - e dal Marchese Filippo Oldoini di La Spezia.
Entrò giovinetta alle Orsoline per una crisi mistica ma il suo ritiro durò poco.
Giunta all'adolescenza era intelligente, di carattere brillante, bellissima e di gusti raffinatissimi.
All'età di diciassette anni la bella Virginia va in sposa al Conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d'Asti e Castiglione Tinella, di dodici anni più anziano di lei.
Il matrimonio, che lei prevede noiosissimo, segna un punto di svolta: trasferitasi a Torino nel palazzo dei Castiglione che fiancheggia la residenza di Cavour, ella compie un mirabolante ingresso alla vita di corte di Vittorio Emanuele II.
La sua bellezza risalta anche grazie all'inimitabile gusto per gli abiti originali e audaci.
La sua eleganza, sempre ricercata fin nei dettagli, costosissima, e il suo charme conquistano tutti, inizialmente senza distinzione di sesso. Non c'è ricevimento né evento mondano al quale non venga invitata per il suo fascino e il suo spirito.
Iniziano i dissapori coniugali: Virginia è troppo bella e soprattutto troppo indipendente, e concede i suoi favori a molte persone importanti, tra cui entrambi i fratelli Doria, il banchiere Rotschild, l'imperatore dei francesi, Cavour, Costantino Nigra, ambasciatore in Francia e lo stesso Vittorio Emanuele II...
Presto la situazione diventa insostenibile e, anche per salvarsi dall'ingente mole di debiti contratti dalla moglie, il marito chiede la separazione. Dalla breve unione nacque un figlio, Giorgio, che morirà a 24 anni per malattia.
Storicamente siamo in pieno Risorgimento italiano, precisamente tra la prima e la seconda guerra per l’indipendenza. Il Piemonte sconfitto dagli Austriaci nel 1849, si sta preparando per la rivincita. Il compito viene affidato a Cavour, primo ministro di Vittorio Emanuele II: lo statista crede che per riuscire nella difficile impresa al Piemonte sia necessario procurarsi un alleato potente come la Francia di Napoleone III.
Cavour invia a Parigi un suo fedelissimo, Costantino Nigra, per spianare la strada alle trattative ma, riconoscendo le doti della cugina, considerate la sua intraprendenza e ambizione e l’indiscutibile fascino, le propone una “missione” a Parigi con il compito di favorire l’alleanza fra Napoleone III e il Piemonte. «Cerca di riuscire, cara cugina, con il mezzo che più vi sembrerà adatto, ma riuscite!».
Tali trame di Cavour erano, in effetti, un corollario a tutta una serie di iniziative politico-diplomatiche condotte per anni, un lungo corteggiamento compiuto da Cavour per indurre l’Imperatore dei francesi a sostenere la causa italiana contro l’Austria.
Giunta a Parigi e pienamente consapevole del valore politico della propria impresa, venne affidata a Costantino Nigra, ambasciatore sabaudo a Parigi, con il compito di farne una spia.
Virginia che conosceva quattro lingue imparò anche un codice cifrato che utilizzava nella corrispondenza che teneva costantemente con il governo del Piemonte.
Entrò subito in società partecipando alle feste ad agli spettacoli indossando gioielli preziosissimi e vestiti audaci e inconsueti.
Ebbe numerosi flirt dei quali annota tutti i particolari sul suo Journal.
Questo diario è redatto dalla contessa in maniera decisamente astuta, col chiaro intento - quasi letterario e autocelebrativo - di far risaltare solo ed esclusivamente le sue doti: non è mai riportato alcun episodio che possa metterla in qualche modo in cattiva luce o che faccia notare i suoi difetti.
Durante le occasioni mondane emerge con chiarezza la sua naturale disinvoltura nei rapporti sociali, soprattutto nei confronti dei maschi; il suo rapporto con le donne è invece scandito dal motto:
«Le eguaglio per nascita. Le supero per bellezza. Le giudico per ingegno.»
Ed è così che, tra intrighi amorosi e maneggi politici, destreggiandosi tra la diplomazia e l'alcova, seduce Napoleone III il quale, convinto da Cavour che un'eventuale vittoria di Mazzini avrebbe risvegliato i rivoluzionari repubblicani francesi, invitò il primo ministro piemontese ad un convegno a Plombières.
In quest’occasione l'imperatore francese s’impegnava formalmente ad appoggiare militarmente il Piemonte in caso d’aggressione austriaca.
Dopo un anno la stella di Virginia cominciò ad affievolirsi: si dice che Eugenia, fervente moglie cattolica di Napoleone III, fece organizzare dalla Polizia un finto attentato che coinvolse un italiano, certo Cappelletti.
Ciò la costrinse a rientrare in Italia.
Nel 1859 incontrò l'imperatore in visita in Italia. La sua richiesta di ritornare in Francia fu accolta, ma le fu consigliato di evitare la corte.
Virginia aveva accumulato molti debiti sia per la sua vita dispendiosa sia per la causa di divorzio che il marito le aveva intentato con ampia documentazione.
Il suo ritorno in Francia, alla disperata ricerca d'un passato ormai lontano, coincide con la disfatta di Sedan e la caduta della Monarchia Francese.
Dopo aver brillato e scintillato dell’eleganza più sfrenata, tra balli ed amanti, e aver conosciuto i fasti e i trionfi della mondanità e della propria influenza, finisce i suoi giorni come una romantica eroina: in solitudine, malinconica, nostalgica ed inconsolabile per il fascino perduto. E come un’eroina decadente farà coprire gli specchi del suo appartamento parigino con un velo nero, affinché non rispecchino più la sua bellezza perduta, chiudendosi in un voluto eremitaggio.
Il 28 Novembre 1899, all'alba del nuovo secolo, muore nella sua casa, senza clamore.
Chiede di essere sepolta a La Spezia, senza funzione religiosa né fiori, e che non venga data alcuna notizia alla stampa né alle autorità. Avrà invece una regolare funzione religiosa, e ai suoi funerali parteciperanno camerieri, un duca e un agente di cambio.
Gli storici negano qualunque influenza della contessa di Castiglione nelle questioni dell’indipendenza italiana. Mancano infatti protocolli, carte, documenti, che non si sono mai trovati. Subito dopo la sua morte polizia, autorità e servizi segreti bruciarono tutte le lettere e i documenti a lei inviati dalle massime personalità del tempo con le quali era entrata in contatto, re, politici e banchieri.
Le sue disposizioni non furono eseguite poiché il testamento venne alla luce dopo la sua sepoltura.
La contessa di Castiglione non viene sepolta in Italia, ma nel cimitero di Père Lachaise, dove ancora oggi riposa.
Virginia Lalli
http://www.enciclopediadelledonne.it/
«Ogni donna ha il dovere di essere bella, non per sé, ma per gli altri. Per sé invece, deve essere ambiziosa, astuta e agguerrita».
Virginia Oldoini Verasis nasce a Firenze il 22 marzo 1837 dalla Marchesa Isabella Lamporecchi - figlia della ballerina Luisa Chiari - e dal Marchese Filippo Oldoini di La Spezia.
Entrò giovinetta alle Orsoline per una crisi mistica ma il suo ritiro durò poco.
Giunta all'adolescenza era intelligente, di carattere brillante, bellissima e di gusti raffinatissimi.
All'età di diciassette anni la bella Virginia va in sposa al Conte Francesco Verasis Asinari di Costigliole d'Asti e Castiglione Tinella, di dodici anni più anziano di lei.
Il matrimonio, che lei prevede noiosissimo, segna un punto di svolta: trasferitasi a Torino nel palazzo dei Castiglione che fiancheggia la residenza di Cavour, ella compie un mirabolante ingresso alla vita di corte di Vittorio Emanuele II.
La sua bellezza risalta anche grazie all'inimitabile gusto per gli abiti originali e audaci.
La sua eleganza, sempre ricercata fin nei dettagli, costosissima, e il suo charme conquistano tutti, inizialmente senza distinzione di sesso. Non c'è ricevimento né evento mondano al quale non venga invitata per il suo fascino e il suo spirito.
Iniziano i dissapori coniugali: Virginia è troppo bella e soprattutto troppo indipendente, e concede i suoi favori a molte persone importanti, tra cui entrambi i fratelli Doria, il banchiere Rotschild, l'imperatore dei francesi, Cavour, Costantino Nigra, ambasciatore in Francia e lo stesso Vittorio Emanuele II...
Presto la situazione diventa insostenibile e, anche per salvarsi dall'ingente mole di debiti contratti dalla moglie, il marito chiede la separazione. Dalla breve unione nacque un figlio, Giorgio, che morirà a 24 anni per malattia.
Storicamente siamo in pieno Risorgimento italiano, precisamente tra la prima e la seconda guerra per l’indipendenza. Il Piemonte sconfitto dagli Austriaci nel 1849, si sta preparando per la rivincita. Il compito viene affidato a Cavour, primo ministro di Vittorio Emanuele II: lo statista crede che per riuscire nella difficile impresa al Piemonte sia necessario procurarsi un alleato potente come la Francia di Napoleone III.
Cavour invia a Parigi un suo fedelissimo, Costantino Nigra, per spianare la strada alle trattative ma, riconoscendo le doti della cugina, considerate la sua intraprendenza e ambizione e l’indiscutibile fascino, le propone una “missione” a Parigi con il compito di favorire l’alleanza fra Napoleone III e il Piemonte. «Cerca di riuscire, cara cugina, con il mezzo che più vi sembrerà adatto, ma riuscite!».
Tali trame di Cavour erano, in effetti, un corollario a tutta una serie di iniziative politico-diplomatiche condotte per anni, un lungo corteggiamento compiuto da Cavour per indurre l’Imperatore dei francesi a sostenere la causa italiana contro l’Austria.
Giunta a Parigi e pienamente consapevole del valore politico della propria impresa, venne affidata a Costantino Nigra, ambasciatore sabaudo a Parigi, con il compito di farne una spia.
Virginia che conosceva quattro lingue imparò anche un codice cifrato che utilizzava nella corrispondenza che teneva costantemente con il governo del Piemonte.
Entrò subito in società partecipando alle feste ad agli spettacoli indossando gioielli preziosissimi e vestiti audaci e inconsueti.
Ebbe numerosi flirt dei quali annota tutti i particolari sul suo Journal.
Questo diario è redatto dalla contessa in maniera decisamente astuta, col chiaro intento - quasi letterario e autocelebrativo - di far risaltare solo ed esclusivamente le sue doti: non è mai riportato alcun episodio che possa metterla in qualche modo in cattiva luce o che faccia notare i suoi difetti.
Durante le occasioni mondane emerge con chiarezza la sua naturale disinvoltura nei rapporti sociali, soprattutto nei confronti dei maschi; il suo rapporto con le donne è invece scandito dal motto:
«Le eguaglio per nascita. Le supero per bellezza. Le giudico per ingegno.»
Ed è così che, tra intrighi amorosi e maneggi politici, destreggiandosi tra la diplomazia e l'alcova, seduce Napoleone III il quale, convinto da Cavour che un'eventuale vittoria di Mazzini avrebbe risvegliato i rivoluzionari repubblicani francesi, invitò il primo ministro piemontese ad un convegno a Plombières.
In quest’occasione l'imperatore francese s’impegnava formalmente ad appoggiare militarmente il Piemonte in caso d’aggressione austriaca.
Dopo un anno la stella di Virginia cominciò ad affievolirsi: si dice che Eugenia, fervente moglie cattolica di Napoleone III, fece organizzare dalla Polizia un finto attentato che coinvolse un italiano, certo Cappelletti.
Ciò la costrinse a rientrare in Italia.
Nel 1859 incontrò l'imperatore in visita in Italia. La sua richiesta di ritornare in Francia fu accolta, ma le fu consigliato di evitare la corte.
Virginia aveva accumulato molti debiti sia per la sua vita dispendiosa sia per la causa di divorzio che il marito le aveva intentato con ampia documentazione.
Il suo ritorno in Francia, alla disperata ricerca d'un passato ormai lontano, coincide con la disfatta di Sedan e la caduta della Monarchia Francese.
Dopo aver brillato e scintillato dell’eleganza più sfrenata, tra balli ed amanti, e aver conosciuto i fasti e i trionfi della mondanità e della propria influenza, finisce i suoi giorni come una romantica eroina: in solitudine, malinconica, nostalgica ed inconsolabile per il fascino perduto. E come un’eroina decadente farà coprire gli specchi del suo appartamento parigino con un velo nero, affinché non rispecchino più la sua bellezza perduta, chiudendosi in un voluto eremitaggio.
Il 28 Novembre 1899, all'alba del nuovo secolo, muore nella sua casa, senza clamore.
Chiede di essere sepolta a La Spezia, senza funzione religiosa né fiori, e che non venga data alcuna notizia alla stampa né alle autorità. Avrà invece una regolare funzione religiosa, e ai suoi funerali parteciperanno camerieri, un duca e un agente di cambio.
Gli storici negano qualunque influenza della contessa di Castiglione nelle questioni dell’indipendenza italiana. Mancano infatti protocolli, carte, documenti, che non si sono mai trovati. Subito dopo la sua morte polizia, autorità e servizi segreti bruciarono tutte le lettere e i documenti a lei inviati dalle massime personalità del tempo con le quali era entrata in contatto, re, politici e banchieri.
Le sue disposizioni non furono eseguite poiché il testamento venne alla luce dopo la sua sepoltura.
La contessa di Castiglione non viene sepolta in Italia, ma nel cimitero di Père Lachaise, dove ancora oggi riposa.
Virginia Lalli
http://www.enciclopediadelledonne.it/
ATTENZIONE ai giocattoli che comprate potrebbero essere molto pericolosi per i bambini
L'intera filiera commerciale aveva basi in Veneto e Toscana
Le indagini della finanza hanno preso il via da Padova
VENEZIA - Quattro milioni di giocattoli potenzialmente pericolosi, fabbricati in Cina, sono stati sequestrati dalla guardia di finanza.
I giochi erano pronti per la vendita
Le fiamme gialle hanno smantellato un'intera filiera commerciale che aveva basi in Veneto e in Toscana.
L'importatore cinese è stato denunciato.
I militari, seguendo le tracce contabili e finanziarie della merce, sono risaliti alla filiera e, partendo da Padova, sono approdati nella provincia di Firenze.
Qui, nel deposito dell'importatore, hanno messo in sicurezza oltre 3.700.000 giocattoli non sicuri, privi di idonea certificazione e potenzialmente pericolosi
Notizia del Giugno 2012
Però dopo un sequestro è risaputo che un commercio così redditizio ricomincia per altre vie come prima o peggio di prima sopratutto in vista dei massicci acquisti per le feste
Le palle d'acciaio di Enrico Letta
Cosa pensano di me nelle cancellerie europee?
"Che ho tirato fuori gli attributi".
Così Enrico Letta risponde all'Irish Times in un'intervista che ha preceduto il suo arrivo a Dublino.
Il quotidiano irlandese ha tradotto l'espressione italiana in "balls of steel", alla lettera "palle d'acciaio"
Dopo questa dichiarazione sul web italiano esplode un prevedibilissimo terremoto di feroce ironia.
l'Award va a Brunetta.
"Letta si vanta di essere considerato 'l'uomo dalle palle d'acciaio', sottolinea Brunetta, I lavoratori dell'Ilva, se potessero, gliele fonderebbero all'istante"
Così invece Beppe Grillo ironizza, "Le balle d'acciaio di Letta le conoscono anche in Europa, scrive il leader del M5S e aggiunge questo breve compendio per i più distratti.
Letta sul Porcellum, 13 maggio 2013 (più di 100 giorni fa): 'Entro 100 giorni cambieremo la legge elettorale'.
Letta sul finanziamento pubblico ai partiti, 31 maggio 2013: 'L'abbiamo abrogato'.
Letta sul M5S: 29 settembre 2013: 'Il M5S vuole il porcellum'.
Letta sulla legge elettorale, 29 settembre 2013: 'Sono favorevole al ritorno al Mattarellum'.
Letta sulle tasse, 19 ottobre 2013: 'Per la prima volta abbiamo abbassato tasse'.
Letta sui giovani, 3 novembre 2013, dal Corriere della Sera:
Fallisce il bonus assunzioni del governo per i giovani'.
Letta 3 novembre 2013: 'Grillo fa disinformazione'"
L'ennesima bella figura di cacca con l'aggravante di risate europee a 360°
Riciclare le vecchie palline dell'albero e altre idee
Avete delle vecchie palline che non usereste più perché scrostate?
Le potete rinnovare in pochissimi minuti
Occorrente:
Vecchie palline o pupazzetti
Bustine di glitter o vasetti di vari colori (facilmente reperibili)
Colla vinilica
Spay fissante lucido tipo flatting
Preparazione:
Spennellate di colla vinilica l'oggetto
Mettete in un contenitore i glitter e rigiratelo in modo che si attacchi ovunque
Lasciate asciugare una volta asciutto spruzzate lo spray
Un bel nastrino completerà l'opera.
Con questo metodo potete rinnovare ogni cosa
Piccole statuine che potreste usare come segnaposti
Sottopiatti:
Basta un bel cartone tagliato nella forma che desiderate (magari a stella) idem per i sottobicchieri.
Potete fare delle strisce di stelline colorate da appendere
Largo alla fantasia se poi questi lavoretti li fate con i vostri bambini
il Natale sarà più bello.
Idee per Natale con le foglie d'autunno
Occorrente:
Foglie secche possibilmente rosse in caso non aveste foglie vere secche vanno bene anche quelle di stoffa
Colla vinilica
Palloncini
Colla fissativa lucida - tipo flatting
Preparazione:
Si comincia gonfiando il palloncino, della dimensione desiderata (considerando che la metà del palloncino dà la forma e la misura
A questo punto si stende un generoso strato di colla sul lato del palloncino dove si attaccheranno le foglie per formare il cestino, e si comincerà a posizionarle, spennellandole man mano con abbondante colla.
Posizionate le foglie, si formerà una ciotola con i profili irregolari (garantiti dal contorno delle foglie)a questo punto non resta che lasciare asciugare il tutto per qualche ora.
Quando sarà tutto asciutto eliminate il palloncino
(facendolo scoppiare.
Il tocco finale:
Uno strato abbondante di fissativo, che necessita di qualche ora per asciugare e tirare al meglio.
Quando è tutto asciutto, il progetto è terminato.
Potete usarli come porta pane grande o per ciascun commensale (piccolo)con un tovagliolino all'interno
O come porta candele, o porta bottiglie ecc. a vostra fantasia Esistono in commercio anche palloncini dalla forma allungata con lo stesso metodo e foglie più piccole potete fare dei portatovaglioli, o posate, o come segnaposti con un nastrino e un cartoncino colorato.
Storia della carta
L’antenato più importante della carta è il papiro, che è stato utilizzato dagli Egizi per la scrittura geroglifica già nel 2000 aC.
Il papiro veniva prodotto a partire dalla polpa interna dello stelo del papiro, una pianta semi acquatica.
La polpa veniva tagliata in sottili striscioline che venivano poi bagnate, appaiate a formare un foglio in due strati, quindi pressate ed infine essiccate al sole.
Il papiro, a partire dall’Egitto, si diffuse anche presso Ebrei, Babilonesi, e anche in tutto il mondo greco-romano.
Prima dell’invenzione della carta erano diffusi anche altri materiali alternativi al papiro, quali fogli scrivibili ricavati dalla corteccia o dal fusto di alcuni alberi, strisce di bambù, foglie, tessuti, e da pelli di animali (pergamena e cartapecora).
L’invenzione della carta si deve a Ts’ai Lun, funzionario dell’imperatore cinese Ho Ti, ed avvenne nel II secolo aC. Ts’ai Lun scoprì che era possibile macerare e ridurre in pasta materiali fibrosi quali stracci di cotone, residui delle reti da pesca, piante quali canapa e gelso.
Quello che otteneva raccogliendo la pasta su un tessuto di lana teso, in modo che asciugasse, era appunto un foglio di carta. L’invenzione si diffuse rapidamente in tutta la Cina, e la tecnica si perfezionò sempre di più.
Per molti secoli i Cinesi custodirono gelosamente il segreto della fabbricazione della carta, ma ad un certo punto questa arte raggiunse il Giappone
. .
Nel 751 d.c., al tempo dell’espansione araba dopo la morte di Maometto, i musulmani strapparono ai cinesi le città dell’Asia centrale.
In una di queste, Samarcanda, fecero prigionieri alcuni artigiani cartai che qui lavoravano.
Sbalorditi dalla tecnica la misero subito in pratica diffondendola nella parte del mondo che dominavano e che comprendeva, oltre al Medio Oriente, il nord Africa, la Sicilia e la Spagna
Per la diffusione della carta in Occidente, invece, dobbiamo aspettare fino al VIII secolo.
Quando gli arabi, infatti, conquistarono la Persia, gli abili maestri cartai Cinesi svelarono ai vincitori la loro arte, che da qui venne divulgata in India, Egitto, Palestina, per poi raggiungere la Spagna e il resto dell’Europa intorno al 1150.
In Europa la carta non ebbe fortuna immediata, perchè la carta proveniente da Oriente era molto assorbente e poco adatta alla scrittura con la penna d’oca.
Per questo venne introdotta una variante di fabbricazione: per la pasta si utilizzarono solo stracci di cotone, lino e canapa, e una volta asciutti i fogli venivano trattati con una gelatina ricavata dalle ossa di vari animali, per renderli opachi e impermeabili.
Nel 1798, ad opera di L.N. Robert, fu costruita la prima macchina da carta, che rivoluzionò completamente il sistema di fabbricazione, perché produceva una striscia continua di carta prodotta da un tamburo ricoperto da una rete metallica che ruotava in una vasca dove era in sospensione le fibre vegetali tagliuzzate.
Il foglio continuo passava poi tra dei cilindri caldi per essere pressato ed asciugato.
La diffusione di queste macchine fu lenta, in Italia nel 1850 ne esistevano solo due, ma inesorabilmente soppiantò, per l’indubbio abbassamento dei costi, la carta a mano tradizionale.
Oggi si dice sempre di più che la carta, almeno quella da stampa e da scrivere, è un materiale in declino e sorpassato.
Forse in futuro verrà in parte sostituita dai mezzi elettronici.
Ma ricordate che l’accumulo di conoscenze scientifiche che vi ha portato a poter scrivere sul vostro PC o a leggere un testo su un e-book è stato possibile principalmente dall’invenzione della carta e la conseguente stampa a caratteri mobili.
Senza l’invenzione cinese di Ts’ai Lun, per poter comunicare tramandare il vostro pensiero, dovreste passare ore ad incollare striscette di papiro o rincorrere pecore da scuoiare.
Il papiro veniva prodotto a partire dalla polpa interna dello stelo del papiro, una pianta semi acquatica.
La polpa veniva tagliata in sottili striscioline che venivano poi bagnate, appaiate a formare un foglio in due strati, quindi pressate ed infine essiccate al sole.
Il papiro, a partire dall’Egitto, si diffuse anche presso Ebrei, Babilonesi, e anche in tutto il mondo greco-romano.
Prima dell’invenzione della carta erano diffusi anche altri materiali alternativi al papiro, quali fogli scrivibili ricavati dalla corteccia o dal fusto di alcuni alberi, strisce di bambù, foglie, tessuti, e da pelli di animali (pergamena e cartapecora).
L’invenzione della carta si deve a Ts’ai Lun, funzionario dell’imperatore cinese Ho Ti, ed avvenne nel II secolo aC. Ts’ai Lun scoprì che era possibile macerare e ridurre in pasta materiali fibrosi quali stracci di cotone, residui delle reti da pesca, piante quali canapa e gelso.
Quello che otteneva raccogliendo la pasta su un tessuto di lana teso, in modo che asciugasse, era appunto un foglio di carta. L’invenzione si diffuse rapidamente in tutta la Cina, e la tecnica si perfezionò sempre di più.
Per molti secoli i Cinesi custodirono gelosamente il segreto della fabbricazione della carta, ma ad un certo punto questa arte raggiunse il Giappone
. .
Nel 751 d.c., al tempo dell’espansione araba dopo la morte di Maometto, i musulmani strapparono ai cinesi le città dell’Asia centrale.
In una di queste, Samarcanda, fecero prigionieri alcuni artigiani cartai che qui lavoravano.
Sbalorditi dalla tecnica la misero subito in pratica diffondendola nella parte del mondo che dominavano e che comprendeva, oltre al Medio Oriente, il nord Africa, la Sicilia e la Spagna
Per la diffusione della carta in Occidente, invece, dobbiamo aspettare fino al VIII secolo.
Quando gli arabi, infatti, conquistarono la Persia, gli abili maestri cartai Cinesi svelarono ai vincitori la loro arte, che da qui venne divulgata in India, Egitto, Palestina, per poi raggiungere la Spagna e il resto dell’Europa intorno al 1150.
In Europa la carta non ebbe fortuna immediata, perchè la carta proveniente da Oriente era molto assorbente e poco adatta alla scrittura con la penna d’oca.
Per questo venne introdotta una variante di fabbricazione: per la pasta si utilizzarono solo stracci di cotone, lino e canapa, e una volta asciutti i fogli venivano trattati con una gelatina ricavata dalle ossa di vari animali, per renderli opachi e impermeabili.
Nel 1798, ad opera di L.N. Robert, fu costruita la prima macchina da carta, che rivoluzionò completamente il sistema di fabbricazione, perché produceva una striscia continua di carta prodotta da un tamburo ricoperto da una rete metallica che ruotava in una vasca dove era in sospensione le fibre vegetali tagliuzzate.
Il foglio continuo passava poi tra dei cilindri caldi per essere pressato ed asciugato.
La diffusione di queste macchine fu lenta, in Italia nel 1850 ne esistevano solo due, ma inesorabilmente soppiantò, per l’indubbio abbassamento dei costi, la carta a mano tradizionale.
Oggi si dice sempre di più che la carta, almeno quella da stampa e da scrivere, è un materiale in declino e sorpassato.
Forse in futuro verrà in parte sostituita dai mezzi elettronici.
Ma ricordate che l’accumulo di conoscenze scientifiche che vi ha portato a poter scrivere sul vostro PC o a leggere un testo su un e-book è stato possibile principalmente dall’invenzione della carta e la conseguente stampa a caratteri mobili.
Senza l’invenzione cinese di Ts’ai Lun, per poter comunicare tramandare il vostro pensiero, dovreste passare ore ad incollare striscette di papiro o rincorrere pecore da scuoiare.
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