domenica 6 ottobre 2013
Castello di Tures
Il Castello di Tures è un castello medioevale che sorge presso Campo Tures, nella Val di Tures, una perpendicolare della Val Pusteria.
Il castello si erge su un promontorio che forma una chiusa naturale, chiamata Klapf, la quale dà geograficamente inizio alla Valle Aurina, mentre la località Drittelsand, posta a settentrione del castello, appartiene ancora al comune di Campo Tures.
Storia alquanto diversa per il Castello di Tures. I probabili edificatori ed omonimi signori vengono nominati per la prima volta nel 1130 come la dinastia dominante della valle. Hugo von Taufers fu comandante del Castello di Vienna ed aveva come stretto consigliere Rudolf d’Asburgo.
Fu egli ad elaborare il piano della battaglia presso Marchsfeld, dove gli Asbrurgo sconfissero il loro storico rivale, tale Ottokar di Boemia.
Originariamente di proprietà dei Signori di Taufers, i nobiliari e dinasti, nonché dal 1215 ministeriali della chiesa vescovile di Bressanone che lo eressero nel primissimo Duecento, fu trasformato in abitazione residenziale nel XV-XVI secolo
.
Ma in seguito Hugo divenne vittima d’intrighi di corte e ritornó praticamente a pezzi nuovamente a Tures.
Nel 1293 dovette sottomettere la sua posizione signorile contro il suo volere a Sua Altezza della Landa, il conte del Tirolo e concedere in sposa la sua unica figlia Agnese al conte Schwabisch di Kirchberg, il che provocó un ulteriore spostamento di signoria, dato che Tures venne venduta in tale circostanza al re Enrico di Boemia, conte del Tirolo.
Con tale atto Tures entró in possesso del Land Tirolo degli Asburgo a partire dal 1363. Essi ne investirono i signori di Arberg e successivamente altre famiglie nobili.
Sotto il Cardinale Nicolò Cusano sia il Castello, sia la corte finirono come pegno al vescovo, conte di Bressanone, dal 1456 al 1489.
Nel 1504 l’imperatore Massimiliano vendette il dominio ai Fieger che dopo la costruzione della residenza di Neumelans al margine meridionale del paese posero lì la loro corte.
Ai Fieger, la cui casata terminò nel 1602, seguirono diversi proprietari, i quali tuttavia non abitarono mai a Tures. Per l’amministrazione furono incaricati propri curatori.Dal 1620 in poi vi furono i Zeiler, che nel XVII secolo edificarono nel centro del paese la residenza “Zeilheim” (dal 1977 sede del municipio). L’ultimo rampollo degli Zeiller, Giovanni Batt. Paolo, morì nel 1815.
Già sotto il governo bavarese venne abolita la legge patrimoniale e dal 1829 la Valle Aurina fino a Gais divenne circoscrizione della corte di Tures. Dal 1849 la corte cambiò nome e divenne corte circoscrizionale e dopo la prima Guerra mondiale pretura di Tures. Il giorno 01/10/1923 Tures venne inglobata nella pretura di Brunico, atto che mise fine a ottocento anni di signoria giurisdizionale di Tures.
Dal 1977 il Castello è stato acquistato dall’ Südtiroler Burgeninstitut(“Istituto sudtirolese per il mantenimento dei castelli”).
E oggi infatti esso è uno dei più interessanti castelli medioevali della Provincia Autonoma di Bolzano. In tutto sono presenti 64 stanze, circa 24 delle quali sono interamente in legno. Nella cappella ci sono affreschi della scuola di Michael Pacher.
Interessanti sono anche l’armeria, la biblioteca, la stanza dei principi (la Fürstenzimmer) e la sala delle udienze. Nei sotterranei c’è il carcere.
Il castello è visitabile in giorni prestabiliti e ospita di volta in volta mostre e concerti.
Il Castello di Tures, che dall’inizio del XIX secolo fu praticamente disabitato, cadde in rovina, ma all’inizio del XX secolo uno sforzo congiunto rimise in sesto l’imponente struttura.
Nel 1953 il castello fu comprato dall’abate Geronimo Gassner (deceduto nel 1976), procuratore generale dell’ordine dei benedettini austriaci a Roma. Egli risanò le nuovamente compromesse mura e fece riedificare la torre, della quale solo la parte sul versante meridionale era rimasta in piedi
.
La famosa pittrice austriaca Lydia Roppolt (deceduta nel 1956) ornò le pareti della sala dei cavalieri con l’affresco intitolato “la marcia della morte”.
Dal 1977 il castello è di proprietà dell’istituto tirolese competente per il mantenimento delle strutture storiche.
Oggi esso rappresenta una delle più interessanti costruzioni medioevali della provincia.
L’Europa di Vladimir Putin: identità, tradizione, demografia.
L’Europa di Putin: identità, tradizione, demografia.
Il discorso di Valdai censurato dai giornali.
Il destino della Russia e dell’Europa, le identità, il multiculturalismo, l’immigrazione: di questo han discusso politici russi (anche dell’opposizione) ed esperti di ogni paese riuniti a Valdai, ma di tutto ciò cos’è uscito sui giornali italiani?
Nulla, se non una battuta scherzosa di Putin su Berlusconi “processato perchè si intratteneva con delle donne, ma se fosse stato omosessuale nessuno lo avrebbe toccato con un dito”.
Su questa boutade le nostre penne più famose si sono gettate in lunghi articoli scandalizzati contro la Russia, “omofoba”, “illiberale”, etc. ma non hanno scritto una riga sulle parti pregnanti del discorso ufficiale di Putin da cui sono emerse tematiche scottanti per anche per l’Europa sottomessa alla UE e sicuramente condivise da una larghissima fascia di italiani.
Senza dimenticare, inoltre, che nessuno di questi “indignati”, soprattutto di sinistra, ci ha spiegato come mai il Prof. Romano Prodi, colonna del centrosinistra fosse lì, a Valdai, sorridente e amichevole al fianco di quel Putin che la stampa sinistrorsa definisce un dittatore.
E’ impazzito Prodi o scrivono menzogne i giornalisti “liberali e progressisti”?
Facile la risposta, ma andiamo oltre e arriviamo alle cose censurate ma interessantissime come il rapporto tra identità di popolo, identità di genere,demografia e immigrazione.
In Italia, a fronte di un generale calo demografico occidentale, la sinistra, e in particolare il ministro Kyenge, da un lato propone lo smantellamento anche semantico della famiglia tradizionale (con l’eliminazione delle parole “padre” e “madre”), dall’altro propone come “soluzione” l’arrivo incontrollato di immigrati che in teoria dovrebbero “ringiovanire” il paese e “arricchirlo” ma che di fatto crea instabilità e rischia di trasformarsi in una forma di colonizzazione culturale con le tradizioni autoctone che in alcune zone diventano minoritarie e gli abitanti nativi costretti ad adeguarsi a usi e costumi degli immigrati.
La Russia, invece, ha una visione del problema e soluzioni diametralmente opposte che Putin ha voluto chiarire:
“Gli Europei si stanno estinguendo. Non lo capite? E i matrimoni tra persone dello stesso sesso non producono figli.
Volete sopravvivere attraendo immigrati? Ma la società non è in grado di integrare così tanti immigrati”. La salvezza dell’identità nazionale e culturale, sta secondo il presidente russo, nella difesa della tradizione religiosa:
“Senza i valori cardine della cristianità e delle altre religioni mondiali, senza le norme morali scolpite nei millenni, le persone inevitabilmente perderanno la loro dignità umana”.
Un processo di dissoluzione che la Russia rifiuta di adeguarsi e Putin critica quelle “nazioni Euro-atlantiche dove ogni identità tradizionale inclusa quella sessuale è rigettata… dove c’è una politica che parifica le famiglie con molti bambini a quelle omosessuali, il credere in Dio con il suo contrario”.
Poi ha raggiunto la summa di tanti discorsi che si intrecciano affermando una cosa che da noi è ormai vietato dire e addirittura pensare (ma non siamo nell’Occidente liberale?):
“Ogni diritto delle minoranze deve essere rispettato, ma il diritto della maggioranza non può essere messo in discussione”.
Putin, dunque, da un lato lancia un programma di resistenza culturale valido per tutta l’Europa e dall’altro, pragmaticamente, afferma:
“Ogni nazione approva le leggi che ritiene, ma lasciate fare alla Russia le proprie scelte secondo il nostro modo di vedere”. Messaggio chiaro: non sono gradite intromissioni straniere con il pretesto della “democrazia” e l’opposizione interna, rappresentata a Valdai dal sindaco di Ekaterineburg, è invitata a un dibattito costruttivo nell’interesse nazionale e non a farsi strumento di quei gruppi di pressione esterni che in altre nazioni dell’est Europa e dell’Asia centrale hanno portato alle disastrose “rivoluzioni colorate”.
Non a caso Putin ha spiegato che l’Ucraina, sconquassata dalla famosa rivoluzione “arancione”, è liberissima di scegliere se far parte della UE o dell’Unione Doganale Eurasiatica, ma che se scegliesse la UE non potrà poi pretendere di interagire liberamente coi mercati russi e con Mosca lanciata nel progetto di integrazione eurasiatica:”un progetto- ha spiegato Putin- mirato alla protezione dell’identità dei popoli dello spazio Eurasiatico nel nuovo secolo e nel nuovo mondo”.
Gli eurasiatisti francesi amano parlare dell’asse “Parigi-Berlino-Mosca”, che non piace per nulla alla sinistra di Hollande, ma affascina Marine Le Pen e, per una pura coincidenza, uno dei politici stranieri più importanti invitati a Valdai era l’ex premier francese François Fillon, uomo della destra moderata, che in questi giorni in patria è stato criticatissimo perchè ha osato far capire che in caso di ballottaggio tra la Le Pen e la sinistra, lui potrebbe pensare di votare Marine.
Una svolta epocale per la politica francese fondata sull’esclusione dei nazionalisti.
Proprio Fillon ha fatto a Putin la domanda dell’anno: “si candiderà ancora alle presidenziali del 2018?”. Il presidente ha detto che non lo esclude e tutta l’Europa identitaria che ormai lo vede come “faro” continentale ne è ben contenta.
Il Mediterraneo e la biodiversità
Il Mar Mediterraneo (mare nostrum, per gli antichi) è da sempre considerato un mare chiuso. A dispetto di questa attribuzione, ha subito nel corso delle ere geologiche molte trasformazioni.
Testimonianza di questi continui mutamenti sono le caverne presenti nei fondali, sommerse grazie ai cambiamenti del livello delle acque.
Non è raro, infatti, imbattersi in caverne con stupende sculture naturali costituite da stalattiti e stalagmiti, tanto belle e superbe da essere paragonate a cattedrali subacquee, dove la natura si è sbizzarrita a modellare forme suggestive.
A questo fenomeno di mutamenti non si sono sottratte la flora e la fauna che nel corso dei secoli si sono succeduti sui fondali del mar Mediterraneo.
Ma si può ancora parlare del Mediterraneo in termini di “mare chiuso” per quanto riguarda la biodiversità, ossia di specie animali e vegetali endemiche dell’habitat?
Da qualche tempo stiamo assistendo alla comparsa di specie “aliene”, ossia di specie tipiche di altre regioni del mondo e di altri mari che iniziano a fare la loro comparsa nel Mediterraneo o di altre che vi si sono stabilite da tempo. Essenzialmente sono due i fattori che hanno determinato il proliferare di tale fenomeno: i cambiamenti climatici con il relativo innalzamento della temperatura delle acque e la migrazione lessepsiana (dal nome di Ferdinand De Lesseps) attraverso il canale di Suez.
C’è da dire che quest’ultimo fattore risulta particolarmente rilevante per la migrazione di molte specie; questi “migranti” non sono solo pesci ma anche vegetali come la Caulerpa racemosa o nudibranchi, molluschi senza conchiglia, come il Chromodoris quadricolor.
Tale “invasione” contaminante può essere il retaggio di un passato geologicamente prossimo in cui esisteva solo la Tetide, unico oceano di acqua abbastanza calda in cui sguazzavano e vivevano specie tipiche dei reefs tropicali e del mar Rosso o piuttosto una conseguenza dei veloci cambiamenti climatici di cui ogni angolo del nostro pianeta è affetto.
Con la creazione del canale di Suez terminò l’isolamento del mar “chiuso” Mediterraneo ed iniziò una lenta migrazione dal mar Rosso; sono poche le specie che hanno percorso il tragitto inverso sia a causa delle correnti che spingono verso nord per la quasi totalità dell’anno sia per l’enorme quantità di diversità presente nel mar Rosso che non permette fenomeni di colonizzazioni.
Ecco che nelle acque della Calabria e della Sicilia appaiono i pesci Pappagallo (Sparisoma cretense)
pesci Balestra (Balistes capriscus)
e Barracuda (Sphyraena sphyraena)...
...vivere accanto ed in sintonia con specie nostrane.
Proprio osservando il proliferare di tali specie “aliene” ci sorprende la straordinaria capacità di adattamento a queste continue e veloci trasformazioni da parte del Mediterraneo.
Anche in forza di tali fenomeni si parla sempre più spesso di tropicalizzazione delle acque del Mediterraneo. Elemento determinate di tali mutamenti della biodiversità e dei cambiamenti climatici è l’attività dell’uomo; con l’apertura del canale di Suez per favorire le rotte commerciali, si sono favorite le vie di migrazioni di specie tipiche dell’oceano Indiano come la Melibe fimbriata, osservabile sui fondali della costa calabrese del Reggino e del canale di Sicilia. Altre specie giungono, sempre attraverso il canale di Suez, attraverso le navi che vi transitano divenendo i mezzi di locomozione come per la Oculina patagonica che si può trovare nel mar Ligure.
Le continue immissioni in atmosfera di gas serra contribuiscono notevolmente all’innalzamento della temperatura delle acque del mar Mediterraneo ed alla sua relativa tropicalizzazione diventando l’habitat ideale e quasi endemico della Donzella pavonina (Thalassoma pavo) o la Bursatella leachi un simpatico nudibranco dal corpo ricco di crescenze dalle dimensioni di circa 8 cm che è ormai diffuso anche nelle aree settentrionali del Mediterraneo.
Paradossalmente si può parlare di ricolonizzazione da parte di queste specie tropicali ed Indo-Pacifiche perché milioni di anni fa, quando esisteva solo la Tetide, queste erano già presenti come testimoniano rinvenimenti fossili in alcune aree dell’Italia del Nord.
Queste specie, dette lessepsiane, entrano nel Mediterraneo attraverso questa “porta aperta” e trovando acque con temperature simili alla loro provenienza trovano un habitat favorevole alla loro permanenza.
Al momento la presenza di queste specie non rappresenta un problema in quanto la loro quantità non è tale, se si esclude qualche specie come la Donzella pavonina, da indurre a parlare di fenomeni di colonizzazione.
Non è raro, infatti, imbattersi in caverne con stupende sculture naturali costituite da stalattiti e stalagmiti, tanto belle e superbe da essere paragonate a cattedrali subacquee, dove la natura si è sbizzarrita a modellare forme suggestive.
A questo fenomeno di mutamenti non si sono sottratte la flora e la fauna che nel corso dei secoli si sono succeduti sui fondali del mar Mediterraneo.
Ma si può ancora parlare del Mediterraneo in termini di “mare chiuso” per quanto riguarda la biodiversità, ossia di specie animali e vegetali endemiche dell’habitat?
Da qualche tempo stiamo assistendo alla comparsa di specie “aliene”, ossia di specie tipiche di altre regioni del mondo e di altri mari che iniziano a fare la loro comparsa nel Mediterraneo o di altre che vi si sono stabilite da tempo. Essenzialmente sono due i fattori che hanno determinato il proliferare di tale fenomeno: i cambiamenti climatici con il relativo innalzamento della temperatura delle acque e la migrazione lessepsiana (dal nome di Ferdinand De Lesseps) attraverso il canale di Suez.
C’è da dire che quest’ultimo fattore risulta particolarmente rilevante per la migrazione di molte specie; questi “migranti” non sono solo pesci ma anche vegetali come la Caulerpa racemosa o nudibranchi, molluschi senza conchiglia, come il Chromodoris quadricolor.
Tale “invasione” contaminante può essere il retaggio di un passato geologicamente prossimo in cui esisteva solo la Tetide, unico oceano di acqua abbastanza calda in cui sguazzavano e vivevano specie tipiche dei reefs tropicali e del mar Rosso o piuttosto una conseguenza dei veloci cambiamenti climatici di cui ogni angolo del nostro pianeta è affetto.
Con la creazione del canale di Suez terminò l’isolamento del mar “chiuso” Mediterraneo ed iniziò una lenta migrazione dal mar Rosso; sono poche le specie che hanno percorso il tragitto inverso sia a causa delle correnti che spingono verso nord per la quasi totalità dell’anno sia per l’enorme quantità di diversità presente nel mar Rosso che non permette fenomeni di colonizzazioni.
Ecco che nelle acque della Calabria e della Sicilia appaiono i pesci Pappagallo (Sparisoma cretense)
pesci Balestra (Balistes capriscus)
e Barracuda (Sphyraena sphyraena)...
...vivere accanto ed in sintonia con specie nostrane.
Proprio osservando il proliferare di tali specie “aliene” ci sorprende la straordinaria capacità di adattamento a queste continue e veloci trasformazioni da parte del Mediterraneo.
Anche in forza di tali fenomeni si parla sempre più spesso di tropicalizzazione delle acque del Mediterraneo. Elemento determinate di tali mutamenti della biodiversità e dei cambiamenti climatici è l’attività dell’uomo; con l’apertura del canale di Suez per favorire le rotte commerciali, si sono favorite le vie di migrazioni di specie tipiche dell’oceano Indiano come la Melibe fimbriata, osservabile sui fondali della costa calabrese del Reggino e del canale di Sicilia. Altre specie giungono, sempre attraverso il canale di Suez, attraverso le navi che vi transitano divenendo i mezzi di locomozione come per la Oculina patagonica che si può trovare nel mar Ligure.
Le continue immissioni in atmosfera di gas serra contribuiscono notevolmente all’innalzamento della temperatura delle acque del mar Mediterraneo ed alla sua relativa tropicalizzazione diventando l’habitat ideale e quasi endemico della Donzella pavonina (Thalassoma pavo) o la Bursatella leachi un simpatico nudibranco dal corpo ricco di crescenze dalle dimensioni di circa 8 cm che è ormai diffuso anche nelle aree settentrionali del Mediterraneo.
Paradossalmente si può parlare di ricolonizzazione da parte di queste specie tropicali ed Indo-Pacifiche perché milioni di anni fa, quando esisteva solo la Tetide, queste erano già presenti come testimoniano rinvenimenti fossili in alcune aree dell’Italia del Nord.
Queste specie, dette lessepsiane, entrano nel Mediterraneo attraverso questa “porta aperta” e trovando acque con temperature simili alla loro provenienza trovano un habitat favorevole alla loro permanenza.
Al momento la presenza di queste specie non rappresenta un problema in quanto la loro quantità non è tale, se si esclude qualche specie come la Donzella pavonina, da indurre a parlare di fenomeni di colonizzazione.
La Pangea
In paleogeografia, Pangea (dal greco antico πᾶν, forma neutra di πᾶς, "tutto", e, Γαῖα "terra", cioè "tutta la terra") è il nome del supercontinente che si ritiene includesse tutte le terre emerse della Terra durante il Paleozoico e il primo Mesozoico.
Il nome "Pangea" fu attribuito nel 1915 da Alfred Wegener, in seguito alla formulazione della teoria della deriva dei continenti.
Il vasto oceano (o "superoceano") che circondava il supercontinente viene chiamato Panthalassa ("tutto il mare"), mentre l'ampia insenatura che separava parzialmente la parte settentrionale da quella meridionale prende il nome di Oceano Tetide.
Il nome Pangea si usa oggi per le unioni e riunioni di cose o persone, questi ultimi in particolare.
Storia:
La Pangea si sarebbe spezzata circa 180 milioni di anni fa, a causa del processo della tettonica delle placche, dando luogo ad altri due supercontinenti:
la Laurasia (supercontinente del nord) e la Gondwana (supercontinente del sud).
Dall'ulteriore frammentazione della Laurasia e della Gondwana deriverebbero gli attuali continenti.
Fu all'inizio del XX secolo che il fisico tedesco Alfred Wegener fu attirato da una strana coincidenza: la forma della costa occidentale del continente africano e quella della costa orientale del continente sudamericano combaciavano perfettamente.
Wegener, a conferma della sua teoria, portò altre prove, quali la natura geologicamente simile delle rocce dei continenti che idealmente si incastravano e alcuni ritrovamenti fossili del rettile Mesosaurus e della felce Glossopteris, distribuiti in fasce che abbracciavano i due continenti e che facevano ipotizzare che in passato fossero uniti in un solo continente.
Nonostante queste prove la sua teoria fu ritenuta bizzarra e non venne accettata.
In effetti Wegener, con i mezzi e le conoscenze a disposizione nel secolo scorso, non poteva spiegare come e perché da quest'unica Pangea si fossero poi distaccati i vari continenti e da che cosa potesse nascere la forza responsabile dei loro spostamenti successivi.
Oggi si sa che la causa sia associata i moti convettivi interni del pianeta, dovuti alla differenza di temperatura tra l'interno e l'esterno della terra, tema ampliamente trattato nella teoria della Tettonica delle placche
La teoria sulla Pangea è oggi largamente accettata, e viene detta teoria della Deriva dei continenti.
I geologi ipotizzano anzi che la Pangea sia stata preceduta da diversi altri supercontinenti, tra cui la Pannotia (600 milioni di anni fa), la Rodinia (750 milioni di anni fa) e la Vaalbara (3,6 miliardi di anni fa).
Difatti tale ipotesi è suffragata dalla realistica possibilità che il magma abbia cominciato a solidificarsi non a partire da un singolo punto, ma da due punti, i due punti più freddi del pianeta, come è oggi per i due poli.
E quindi due supercontinenti, che col progressivo raffreddamento e solidificazione del magma si sarebbero espansi ciascuno in direzione dell'equatore, fino ad unirsi/scontrarsi formando la Pangea.
Enrico Pesce, Music: 03/10/2013 Giovedì pomeriggio... Invenzioni...in A...
I suoi concerti di Ottobre 2013
17/10 Il Bobino Milano (dalle 19:00)
21/10 Villa Tesoriera Torino (ore 17:00)
25/10 Sala Santa Maria Acqui Terme (Al) (ore 21:00)
Link: Enrico Pesce, Music: 03/10/2013 Giovedì pomeriggio... Invenzioni...in A...:
Buon pomeriggio... Il "bambino" è partito... Se n'è andato dritto dritto in America... Destinazione Portland, nella ...
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