martedì 6 maggio 2014
Le nebulose farfalla e il mistero del loro allineamento
Gli astronomi dell'Università di Manchester si sono imbattuti in un mistero cosmico che circonda alcuni degli oggetti più affascinanti della nostra galassia
Un mosaico di immagini di nebulose farfalla scattate dall'Hubble Space Telescope.
Nuove immagini del profondo cielo provenienti dal nucleo centrale della Via Lattea hanno rivelato pittoresche nubi di gas a forma di farfalla lasciate da stelle morenti chiamate nebulose planetarie bipolari.
E tutte queste nubi sembrano essere misteriosamente allineate l'una con l'altra.
Le nebulose planetarie si formano durante le fasi finali di vita di stelle simili al Sole, quando il loro carburante si esaurisce.
In alcuni casi, i getti di gas ad alta velocità dalla stella morente modellano le bolle di gas in espansione in una forma simmetrica, a clessidra.
Questo tipo di residuo stellare è chiamato nebulosa farfalla. Utilizzando sia il telescopio spaziale Hubble che il New Technology Telescope (NNT) dell'ESO, i ricercatori hanno esaminato più di un centinaio di nebulose planetarie nella regione del nucleo centrale della Via Lattea, e hanno scoperto che le nebulose bipolari mostrano un allineamento sorprendente tra di loro.
"Questa è davvero una scoperta sorprendente che, se si dimostrerà vera, sarà molto importante", ha detto Bryan Rees, co-autore della ricerca, astronomo presso l'Università di Manchester.
"L'asse di molte di queste farfalle spettrali sembra essere allineato lungo il piano della nostra galassia", ha aggiunto.
Per Rees e il suo team, la parte particolarmente sconcertante è che se tutte queste nebulose farfalla hanno questo tipo di allineamento tra loro, nonostante le loro proprietà individuali, storie e uniche, questo significa che le loro stelle progenitrici avrebbero dovuto tutte rotare perpendicolarmente alle nuvole di gas e polveri che le hanno generate.
"L'allineamento che stiamo vedendo in queste nebulose bipolari indica qualcosa di bizzarro sui sistemi stellari all'interno del gruppo centrale della galassia", ha spiegato Rees.
Un'ipotesi per questo sorprendente allineamento è che sia legato direttamente all'origine del forte campo magnetico emesso dal rigonfiamento galattico al centro della Via Lattea.
Molto poco si sa su come questo campo magnetico si sia formato ed evoluto nel corso del tempo.
Questa eccentrica disposizione di nebulose planetarie potrebbe quindi aiutare a svelare alcuni aspetti ancora sconosciuti della storia della nostra galassia.
di Andrew Fazekas
Tratto di National Geographic It
Un mosaico di immagini di nebulose farfalla scattate dall'Hubble Space Telescope.
Nuove immagini del profondo cielo provenienti dal nucleo centrale della Via Lattea hanno rivelato pittoresche nubi di gas a forma di farfalla lasciate da stelle morenti chiamate nebulose planetarie bipolari.
E tutte queste nubi sembrano essere misteriosamente allineate l'una con l'altra.
Le nebulose planetarie si formano durante le fasi finali di vita di stelle simili al Sole, quando il loro carburante si esaurisce.
In alcuni casi, i getti di gas ad alta velocità dalla stella morente modellano le bolle di gas in espansione in una forma simmetrica, a clessidra.
Questo tipo di residuo stellare è chiamato nebulosa farfalla. Utilizzando sia il telescopio spaziale Hubble che il New Technology Telescope (NNT) dell'ESO, i ricercatori hanno esaminato più di un centinaio di nebulose planetarie nella regione del nucleo centrale della Via Lattea, e hanno scoperto che le nebulose bipolari mostrano un allineamento sorprendente tra di loro.
"Questa è davvero una scoperta sorprendente che, se si dimostrerà vera, sarà molto importante", ha detto Bryan Rees, co-autore della ricerca, astronomo presso l'Università di Manchester.
"L'asse di molte di queste farfalle spettrali sembra essere allineato lungo il piano della nostra galassia", ha aggiunto.
Per Rees e il suo team, la parte particolarmente sconcertante è che se tutte queste nebulose farfalla hanno questo tipo di allineamento tra loro, nonostante le loro proprietà individuali, storie e uniche, questo significa che le loro stelle progenitrici avrebbero dovuto tutte rotare perpendicolarmente alle nuvole di gas e polveri che le hanno generate.
"L'allineamento che stiamo vedendo in queste nebulose bipolari indica qualcosa di bizzarro sui sistemi stellari all'interno del gruppo centrale della galassia", ha spiegato Rees.
Un'ipotesi per questo sorprendente allineamento è che sia legato direttamente all'origine del forte campo magnetico emesso dal rigonfiamento galattico al centro della Via Lattea.
Molto poco si sa su come questo campo magnetico si sia formato ed evoluto nel corso del tempo.
Questa eccentrica disposizione di nebulose planetarie potrebbe quindi aiutare a svelare alcuni aspetti ancora sconosciuti della storia della nostra galassia.
di Andrew Fazekas
Tratto di National Geographic It
Simbolismo americano
Il «Grande Sigillo» che simboleggia la nazione americana ricalca la sua iconografia da antiche effigi della divinità egizia Horus. Quest’ultimo veniva dipinto come un falco il cui culto era non di rado associato a quello del sole e del cielo. Che la simbologia degli Stati Uniti destasse particolare interesse per i suoi continuati riferimenti era cosa nota già agli albori del XX secolo, quando alcuni studiosi affermarono che lo stesso emblema della moneta statunitense, il dollaro ($), copiava fedelmente il sigillo di Cagliostro
Il Conte di Cagliostro (1743 – 1795) fu un celebre esoterista ed alchimista italiano. Poco dopo la sua morte tra gli effetti personali fu ritrovato questo simbolo che scatenerà nei decenni successivi l’immaginario di numerosi ricercatori dell’occulto come Eliphas Lévi. Il sigillo sembrerebbe rappresentare una sorta di conoscenza gnostico-misterica, seppure le infinite teorie a riguardo non fanno altro che aumentare l’alone lasciato dall’altrettanto enigmatica figura di Cagliostro.
All’interno di un cerchio una piramide - o tronco di piramide - a base quadrata con un occhio al vertice.
Un simbolo affascinante e soprattutto intrigante, che vedremo di estrema importanza: si tratta infatti del «Delta Luminoso», chiamato dagli amanti della cospirazione: «Piramide del Controllo» o anche «L’occhio che tutto vede».
Talmente importante è il suo «significato» che perfino Gustav Jung se n’è occupato: «il triangolo con dentro un occhio s’impone – sempre secondo il grande psichiatra svizzero - immediatamente ad ogni osservatore (a livello inconscio) indipendentemente dal livello di coscienza di chi lo sta guardando».
Ciò significa che va a lavorare direttamente a livello inconscio bypassando la parte consapevole.
Ma cosa ci comunica? Lo scopo dell’«Occhio della Trinità e dello Spirito Santo», come lo chiama la Rettore, è quello di ricordare che: «l’occhio di Dio ti vede sempre, ovunque tu sia!», mentre il triangolo va a colpire direttamente i tre corpi: materia, sensi e mente, di cui è composto l’uomo.
Molto interessante, ma andiamo avanti perché non finisce qui.
La piramide ha «tredici» gradini, simbolo - per alcuni - del «percorso iniziatico rosicruciano», alla base della quale vi è incisa la data: «MDCCLXXVI» cioè 1776, anno della fondazione degli Stati Uniti, ma anche anno della nascita dell’«Ordine degli Illuminati»: la società segreta fondata il 1° maggio da Adam Weisshaupt, allora professore ventottenne di giurisprudenza dell’Università dei Gesuiti in Baviera.
Sopra il vertice della piramide compare la scritta «Annuit Cœptis», anch’essa di «tredici» caratteri il cui significato è: «la provvidenza ha favorito il nostro impegno», «la divinità ha acconsentito» o anche «approva le cose iniziate».
Sotto la base della piramide la scritta «contenente un evidente errore ortografico affinché la “divisa” «Novus Ordo Seclorum» risulti composta di 17 lettere invece di 18».
Effettivamente la scritta corretta dovrebbe essere più o meno così: «Novus Ordo Secolorum».
Perché allora inserire volutamente ad arte un errore?
Cosa significherà mai il numero «diciassette»?
Esso equivale alla «privazione della perfezione celeste altrimenti rappresentata dal numero 18».
Il XVII Arcano è rappresentato da: «Le Stelle», ma indica anche la «perpetuazione» e «realizzazione».
Come dire al mondo: «ecco a voi la realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale».
Un altro simbolo curioso è invece la «farfalla» ai piedi della piramide.
Per i greci la parola «psiche» significa anche «farfalla», oltreché naturalmente «anima».
Quindi la piramide «sovrasta» e «sottomette» l’anima-psiche che sta alla base.
Ma quand’è che il «Delta luminoso» è stato utilizzato per la prima volta?
I primi ovviamente furono i membri dell’Ordine degli Illuminati, mentre nel dollaro la decisione di stamparlo fu presa solamente nel 1933 per volere del 31esimo presidente Franklin Delano Roosevelt. Un «presidente - tanto per cambiare - massone del 33esimo grado». Questo simbolo, modificato graficamente da renderlo ancora più «illuminante» (l’occhio che osserva e/o controlla il mondo intero), oggi viene usato anche dall’agenzia governativa per i programmi della difesa statunitense: la D.A.R.P.A. (Defense Advanced Research Projects Agency).
GUERRA ANGLO-BOERA E NASCITA DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
L’economista inglese John Atkinson Hobson, scrive nell’Imperialismo (1902):
“Essi (gli imperialisti) si attaccano semplicemente e istintivamente ad ogni sentimento forte, elevato e sincero che gli serve, lo sventolano e lo alimentano finché intorno ad esso si crea fervore, e poi lo utilizzano per i loro fini. L’uomo politico crede sempre, e l’uomo d’affari non raramente, che alti motivi giustifichino i benefici politici e finanziari che ottiene; è certo che Lord Salisbury credeva realmente che la guerra del Sud Africa, di cui era responsabile il suo governo, fosse stata intrapresa per il beneficio del popolo del Sud Africa, e che gli avrebbe portato maggiore libertà e felicità.”
E’ il caso della guerra anglo-boera combattuta tra il 1899 ed il 1902 in Sud Africa tra i coloni olandesi (contadini, detti boeri) e l’esercito britannico.
I primi, presenti da quasi duecento anni nella regione, si spostarono verso l’interno nella prima metà dell’Ottocento perché gli inglesi si insediarono attorno alla zona di Kaapstad (l’odierna Città del Capo).
I motivi per cui gli inglesi cercarono di sottomettere gli olandesi erano due: da un lato avevano scoperto giacimenti d’oro e diamanti e dall’altro dovevano reagire alla concorrenza tedesca nel continente africano.
Il pretesto utilizzato dai britannici per scontrarsi con i boeri era dato dal fatto che questi ultimi facevano pagare le tasse agli stranieri europei (chiamati uitlander) ma per paura di perdere il potere non concedevano loro i diritti civili.
Dopo un tentativo fallito di rivolta verso i coloni, si organizzò una conferenza (ultimo passo prima della guerra) in cui il primo ministro inglese Lord Salisbury diceva :
“Non vogliamo né oro, né territorio ma il diritto di voto dopo cinque anni di presenza nella regione" ed il presidente del Transvaal Paul Kruger rispondeva “E’ il mio paese che volete!“.
Gli occupanti erano così convinti della breve durata della guerra e della loro superiorità militare che pensavano di dover combattere solo alcune settimane e, per di più, senza mimetizzazione.
Scesero infatti in campo con le giubbe rosse (i boeri vestiti color khaki) e lo scontro cominciò con delle batoste, superate solo con un apporto di 450 mila soldati dal resto dell’Impero.
Nell’agosto del 1900 la guerra era teoricamente vinta ed i coloni sconfitti.
I problemi, però, cominciarono proprio allora, dato che i boeri si diedero alla guerriglia e non più ai combattimenti regolari.
Essi avevano solo 20 mila uomini tra i sedici ed i settant’anni, ognuno con un cavallo sellato, un fucile con trenta cartucce e cibo per una settimana, ma molti di essi perirono durante la guerra regolare.
Paul Kruger provò a chiedere aiuto ai Paesi europei, tra cui l’”amica” Germania, ma senza successo.
Fu così che arruolò gli indigeni delle tribù Kafir e Zulu.
Dall’altra parte gli inglesi costruirono ben 8 mila fortificazioni per proteggere strade e ferrovie, ma inutilmente.
Passarono così alla strategia della terra bruciata (scorched earth): circa 30 mila fattorie furono incendiate, le coltivazioni distrutte ed i capi di bestiame sottratti o uccisi.
Gli inglesi inventarono e costruirono dei campi di concentramento (concentration camp) in cui fame e malattie la facevano da padroni. Dei centomila deportati, 26 mila tra donne e bambini boeri ed altrettanti indigeni morirono.
In Europa si sollevarono critiche al nuovo metodo inglese dei campi di concentramento ed alla durata dei combattimenti.
Tuttavia nessuno si oppose più di tanto.
Quasi tutta la Fabian society si schierò a favore della guerra, tant’è che il suo illustre membro socialista non rivoluzionario George Bernard Shaw scrisse:
“La tesi che una nazione abbia il diritto di fare quello che le piace nel proprio territorio, senza alcun riguardo per gli interessi del resto del mondo, è, dal punto di vista socialista internazionalista, cioè dal punto di vista del XX secolo, non meglio sostenibile della tesi che un proprietario abbia il diritto di fare quel che gli piace della sua proprietà senza alcun riguardo per gli interessi dei suoi vicini.”
Con la resa degli ultimi boeri, l’imperialismo inglese si aggiudica i giacimenti auriferi e diamantiferi dell’Africa australe, unendo sotto il proprio controllo i territori del Capo, del Natal, dell’Orange e del Transvaal.
Solo nel 1961 il Sudafrica diventa Repubblica indipendente ed esce dal Commonwealth, ma durante le due guerre mondiali la borghesia boera si schiera con l’Inghilterra.
Da “Stato boero” soffocato dagli inglesi, a “Stato boero” costruito dagli inglesi.
Si conclude quindi una guerra con un risultato non voluto e prende il via il secolo dell’imperialismo.
Da questo episodio pregno di sangue, ebbero invece fortuna alcuni personaggi famosi:
Winston Churchill, fatto prigioniero dai coloni, entra nel Parlamento inglese grazie alle battaglie combattute in Sud Africa;
Arthur Conan Doyle, medico negli ospedali da campo, diventa baronetto dopo aver appoggiato l’intervento inglese;
Robert Baden-Powell, fondatore del movimento degli scouts, diventa eroe nazionale soprattutto per aver resistito oltre sette mesi all’assedio della città di Mafeking da parte dei boeri. Proprio in quei mesi istruisce i bambini ed i ragazzi del luogo e li utilizza per alcuni compiti di guerra.
Fonte: www.dillinger.it
Vulcano Isola delle Eolie
L'Isola di Vulcano (frazione di Lipari) è un'isola di 21 km quadrati appartenente alle Isole Eolie.
Gli abitanti erano 715 nel 2001 e vengono chiamati vulcanari. Nell'antichità l'isola venne chiamata Therasia, poi Hiera, perche' sacra al dio Vulcano, da dove poi il suo nome attuale.
La mitologia greca su questa isola situava le Fucine di Efesto, dio del fuoco e fabbro che aveva per aiutanti i Ciclopi.
E veniva chiamata dai greci "l'isola di fuoco" dove gli Dei fabbricavano le armi degli eroi.
Ma e' il nome che i Romani hanno dato al dio, Vulcano, che è stato dato all'isola.
Ed è da qui che derivano i termini vulcano e vulcanesimo.
In tempi più recenti, il Campis riferiva che dall'isola si ricavavano notevoli quantità di legname, di allume e di zolfo.
Lo sfruttamento minerario, iniziato nel periodo dei romani, continuò fino all'epoca dei Borboni.
Dopo la caduta di questa dinastia, nel 1860, la parte settentrionale dell'isola fu acquistata dal britannico Stevenson, che vi costruì una villa, riattivò le miniere e piantò i primi vigneti.
Fece costruire una mulattiera che si spingeva dentro la voragine del cratere, dove vennero fabbricati ricoveri in muratura per gli operai. Nel 1888, l'ultima eruzione del vulcano convinse Stevenson ad andarsene e a vendere tutto.
Gli abitanti delle zone di Gelso e Piano, contadini e pastori, furono gli ultimi rimasti e i soli a formare la popolazione dell'isola.
L'avvio di una rudimentale agricoltura, sopratutto basata sulla vite, riattivò l'interesse per la bellissima isola, che è oggi una delle mete preferite dai turisti nell'arcipelago eoliano.
L'isola deve in effetti la sua esistenza alla fusione di alcuni vulcani di cui il più grande ma spento è il Vulcano della Fossa.
Gli altri sono il Vulcanello (123 m) a nord; il meridionale Monte Aria (500 m), completamente inattivo, che forma un vasto altopiano costituito da lave, tufo e depositi alluvionali olocenici e il Monte Saraceno (481 m). Il principale vulcano, a occidente, sembra essersi formato dopo l'estinzione del vulcano meridionale; con lave molto acide, ha generato il monte detto Vulcano della Fossa (o Gran Cratere o Cono di Vulcano), alto 386 m, con pendici molto ripide, con a nord un cratere spento, detto Forgia Vecchia. A nord-ovest si trova una recente colata di ossidiana del 1771, detta le Pietre Cotte.
Il cratere attivo è situato alquanto spostato a nord-ovest.
Sebbene l'ultima eruzione sia avvenuta nel 1888 - 1890, il vulcano non ha mai cessato di dare prova della propria vitalità ed ancora oggi si osservano differenti fenomeni: fumarole, getti di vapore sia sulla cresta che sottomarini
La presenza di fanghi sulfurei dalle apprezzate proprietà terapeutiche.
A nord numerose fumarole continuano ad emettere acido borico, cloruro di ammonio, zolfo, che alimentano un complesso industriale per la produzione di zolfo.
Data la tossicità dei gas emessi dalle fumarole, è possibile avvicinarsi ad esse solamente se si è accompagnati da guide autorizzate.
Gli abitanti erano 715 nel 2001 e vengono chiamati vulcanari. Nell'antichità l'isola venne chiamata Therasia, poi Hiera, perche' sacra al dio Vulcano, da dove poi il suo nome attuale.
La mitologia greca su questa isola situava le Fucine di Efesto, dio del fuoco e fabbro che aveva per aiutanti i Ciclopi.
E veniva chiamata dai greci "l'isola di fuoco" dove gli Dei fabbricavano le armi degli eroi.
Ma e' il nome che i Romani hanno dato al dio, Vulcano, che è stato dato all'isola.
Ed è da qui che derivano i termini vulcano e vulcanesimo.
In tempi più recenti, il Campis riferiva che dall'isola si ricavavano notevoli quantità di legname, di allume e di zolfo.
Lo sfruttamento minerario, iniziato nel periodo dei romani, continuò fino all'epoca dei Borboni.
Dopo la caduta di questa dinastia, nel 1860, la parte settentrionale dell'isola fu acquistata dal britannico Stevenson, che vi costruì una villa, riattivò le miniere e piantò i primi vigneti.
Fece costruire una mulattiera che si spingeva dentro la voragine del cratere, dove vennero fabbricati ricoveri in muratura per gli operai. Nel 1888, l'ultima eruzione del vulcano convinse Stevenson ad andarsene e a vendere tutto.
Gli abitanti delle zone di Gelso e Piano, contadini e pastori, furono gli ultimi rimasti e i soli a formare la popolazione dell'isola.
L'avvio di una rudimentale agricoltura, sopratutto basata sulla vite, riattivò l'interesse per la bellissima isola, che è oggi una delle mete preferite dai turisti nell'arcipelago eoliano.
L'isola deve in effetti la sua esistenza alla fusione di alcuni vulcani di cui il più grande ma spento è il Vulcano della Fossa.
Gli altri sono il Vulcanello (123 m) a nord; il meridionale Monte Aria (500 m), completamente inattivo, che forma un vasto altopiano costituito da lave, tufo e depositi alluvionali olocenici e il Monte Saraceno (481 m). Il principale vulcano, a occidente, sembra essersi formato dopo l'estinzione del vulcano meridionale; con lave molto acide, ha generato il monte detto Vulcano della Fossa (o Gran Cratere o Cono di Vulcano), alto 386 m, con pendici molto ripide, con a nord un cratere spento, detto Forgia Vecchia. A nord-ovest si trova una recente colata di ossidiana del 1771, detta le Pietre Cotte.
Il cratere attivo è situato alquanto spostato a nord-ovest.
Sebbene l'ultima eruzione sia avvenuta nel 1888 - 1890, il vulcano non ha mai cessato di dare prova della propria vitalità ed ancora oggi si osservano differenti fenomeni: fumarole, getti di vapore sia sulla cresta che sottomarini
La presenza di fanghi sulfurei dalle apprezzate proprietà terapeutiche.
A nord numerose fumarole continuano ad emettere acido borico, cloruro di ammonio, zolfo, che alimentano un complesso industriale per la produzione di zolfo.
Data la tossicità dei gas emessi dalle fumarole, è possibile avvicinarsi ad esse solamente se si è accompagnati da guide autorizzate.
Il vero potere è in mano al popolo
E' il popolo che veramente ha il potere decisionale su tutto
Vuoi TV, giornali, politica ecc.
Non credi a un politico?....non votarlo---------------senza voti torna a casina sua
Non ti piace un programma TV? ....cambia canale-----------senza share il programma sparisce
Un giornale non credi ti dia notizie vere?...non comprarlo --------Privo di lettori chiude
MUGUGNARE E LAMENTARSI ....NON SERVE A NULLA
Il Ponte del Diavolo
Il ponte della Maddalena scavalca il fiume Serchio nei pressi di Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca.
E' un'eccezionale opera di ingegneria medioevale, probabilmente voluta dalla contessa Matilde di Canossa.
Fu fatto restaurare nel secolo XIII da Castruccio Castracani.
Il ponte deve il nome ad una edicola, che custodiva al suo interno la figura della Maddalena, costruita intorno al 1500 e oggi non più esistente.
Nei secoli è stato più volte rimaneggiato, mettendone a rischio la struttura.
Un atto del 1670 della Repubblica di Lucca proibiva di passarci sopra con le macine di mulino: l'intento era di preservarlo nella sua integrità.
Agli inizi del '900, per far passare la linea ferroviaria Lucca -Aulla, fu aperto un nuovo arco, che ne modificò notevolmente la fisionomia. La struttura, ardita, ad arcate asimmetriche, con l'arco centrale che sfida la forza di gravità, ha resistito nei secoli a innumerevoli piene e, ancora oggi, il ponte è percorribile a piedi grazie alla sua forma a "schiena d'asino".
Il sinistro nome di Ponte del Diavolo è dovuto a una leggenda di cui esistono varie versioni.
La più nota è quella che ci rimanda alla sua costruzione: si narra che il compito di edificare il ponte sia stato affidato a S. Giuliano l'Ospitaliere.
L'opera si rivelò fin dall'inizio di difficile realizzazione.
Il capomastro incaricato dell'opera, resosi conto che non avrebbe completato il lavoro per la scadenza prevista, era sprofondato nella disperazione: ma una sera, mentre sedeva da solo sulla sponda del Serchio, pensando al disonore che gli sarebbe derivato per non aver terminato il ponte in tempo utile, gli apparve il diavolo, che gli propose di stipulare un patto.
Il maligno avrebbe terminato il ponte in una sola notte, ma ad una condizione: avrebbe preso l'anima di colui che avesse attraversato il ponte per primo.
Il patto fu siglato: in una sola notte il diavolo con la sua forca sollevò la grande campata del ponte.
Il costruttore, pieno di rimorso, andò a confessarsi da un religioso, che gli disse di rispettare il patto, ma di aver l'accortezza di far ad attraversare per primo il ponte a un… maiale.
Il giorno successivo il capomastro impedì l'accesso alle persone e fece attraversare per primo il ponte alla bestia.
La leggenda vuole che il diavolo, inferocito per la beffa, si sia gettato giù dal ponte nelle acque del Serchio e non si sia fatto rivedere mai più da quelle parti.
La teleferica “Ying’ge”, una scorciatoia terrificante
Prendere una scorciatoia è spesso comodo…fino a quando non implica una vertiginosa traversata in funivia su 360 metri di strapiombo!
Eppure, in Cina, nonostante vi sia una strada lastricata che collega i due villaggi di Ying’ge, nel Yunnan e Fengjiaping in Sichuan, i residenti di entrambi lati continuano ad usare la funivia, perché più economica e consente di risparmiare tempo.
La teleferica “Ying’ge”, così si chiama, passa sopra il fiume Jinsha ed è ritenuta la più lunga ed alta del mondo.
Fu costruita nel 1999 in collaborazione con 10 famiglie dell’omonimo villaggio, per collegarlo al villaggio della parte opposta della valle.
Nondimeno gli abitanti dei due villaggi sembrano felici di attraversare questo vuoto per 440 metri, risparmiando un paio d’ore di viaggio. Dicono, infatti, che “ il trasporto sulla strada normale richiede 5 ore mentre la teleferica solo 10 minuti, più tre ore su strada”.
Quindi, nessun problema: basta non guardare giù!
Fonte: Daily Mail
L’ammasso globulare Matusalemme
Nelle notti di maggio, a sud est, incastonato tra le costellazioni del Serpente, della Vergine e della Bilancia, si trova l’ammasso globulare Messier 5, o più brevemente M5.
La sua luminosità è al limite della visibilità ad occhio nudo, quindi in un ambiente urbano illuminato è praticamente inosservabile.
Meglio provare a cercarlo con un binocolo da una zona lontana dai centri abitati. Già così si potrà vedere un piccolo batuffolo lattiginoso. Quella macchiolina indistinta è in realtà è un enorme agglomerato di stelle – ce ne sono centinaia di migliaia – dalla forma sferoidale.
Fu osservato nel maggio del 1764 dall’astronomo Charles Messier che lo inserì al quinto posto del suo celebre catalogo di oggetti celesti.
In realtà, Messier con gli strumenti a sua disposizione non riuscì a distinguere la natura stellare dell’ammasso, cosa che invece riuscì a William Herschel quasi trent’anni dopo.
Oggi sappiamo che M5 dista da noi 24.500 anni luce e le indagini condotte sulla sua popolazione di stelle indicano che si sia formato ben 13 miliardi di anni fa, una caratteristica che lo rende uno degli ammassi globulari più antichi che si conoscano.
Fonte : media.inaf.it
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