venerdì 17 gennaio 2014
Rosa di Gorizia: sboccia la regina dell’inverno
Rosa di Gorizia, ecco la regina dell’inverno.
Non si tratta di un fiore, ma di una varietà pregiata di radicchio rosso.
La sua coltivazione è tipica del Nord Est dell’Italia e avviene ormai da ben duecento anni. Le tecniche di coltivazione su piccola scala vengono tramandate di generazione in generazione. I produttori locali custodiscono ogni segreto necessario alla produzione di un vero e proprio gioiello della biodiversità agro-alimentare italiana.
La Rosa di Gorizia arricchisce i piatti tipici della cucina tradizionale del Friuli Venezia Giulia e punteggia i campi ancora ricoperti di brina durante la stagione fredda. Coltivazione La semina della Rosa di Gorizia avviene in tarda primavera o all’inizio dell’estate. Coincide con quella dei cereali e contribuisce ad evitare la crescita di erbe infestanti non desiderate.
Gli agricoltori locali ne custodiscono gelosamente i semi e ognuno di loro conserva e tramanda i segreti per una coltivazione perfetta. Ogni Rosa di Gorizia non sarà mai uguale alle altre, soprattutto per merito dell’estro degli agricoltori stessi.
Questo speciale radicchio rosso resiste al freddo e alle condizione climatiche più rigide. Durante l’autunno le foglie esterne assumono una tonalità color melanzana e proteggono il cuore interno del radicchio.
Il gelo le brucerà, ma tra la brina rimarranno delle fantastiche rose, che potranno essere raccolte in modo scalare e conservate al di sotto della paglia, per una migliore protezione.
Proprietà benefiche
La Rosa di Gorizia è un radicchio che rientra nella grande famiglia delle cicorie. Le sostanze dal sapore amaro che questi vegetali contengono hanno proprietà depurative e diuretiche. Sono inoltre ricchi di ferro, calcio, antiossidanti, acido folico e vitamine. Contengono inoltre antociani, che aiutano a preservare il sistema cardiovascolare.
Cucina
Come gustare la Rosa di Gorizia? La tradizione e i ristoranti locali suggeriscono di gustarla cruda, appena tagliata, accompagnandola con patate lesse e fagioli, condendo il piatto con olio extravergine e qualche goccia di un buon aceto di vino.
Non buttate la sua piccola radice: è ottima tagliata sottile e condita insieme all’insalata.
Marta Albè
Il finocchio : proprietà e benefici
La pianta del finocchio, nome scientifico Foeniculum vulgare, appartiene alla famiglia delle Apiaceae e può raggiungere il metro d'altezza; il finocchio è originario del bacino mediterraneo ed attualmente viene coltivato un po' ovunque.
Il finocchio, utilizzato fin dai tempi più antichi per le sue proprietà aromatiche e digestive, ha un sapore che richiama in qualche modo quello dell'anice.
Oltre alla pianta dolce, appartenente alla varietà destinata alla produzione orticola, esiste anche la varietà selvatica, la cui pianta può raggiungere un'altezza di due metri.
La pianta del finocchio si adatta abbastanza bene ad essere coltivata nella maggior parte dei terreni; attualmente il finocchio viene coltivato nella maggior parte degli orti per la produzione della sua parte commestibile denominata "grumolo" che altro non è che l'insieme delle sue guaine fogliari che giungono a maturazione tre mesi dopo la semina.
Il finocchio è composto per il 90% circa da acqua, l'1,3 % da proteine, il 3 % da fibre, l'1 % da ceneri e da carboidrati; i minerali presenti sono il potassio ( in buone quantità ), il calcio, il fosforo, il sodio, il magnesio, il ferro, lo zinco, il manganese ed il selenio.
Per quanto concerne le vitamine troviamo: la vitamina A, alcune appartenenti al gruppo B e la vitamina C; il finocchio contiene olio essenziale al cui interno sono contenuti i principi attivi con le proprietà più rilevanti. Degna di nota la presenza diflavonoidi come l' isoquercitrina e la rutina.
Il finocchio ha principalmente proprietà digestive e sono dimostrati i suoi benefici all'organismo umano in caso di gonfiori addominali. L'assunzione di finocchio ha infatti la capacità di evitare la formazione di gas intestinali e si rivela quindi utile in caso di aerofagia e meteorismo; infatti il finocchio contiene al suo interno una sostanza aromatica chiamata anetolo che funziona da calmante in caso di contrazioni addominali.
Il finocchio ha anche proprietà depurative del sangue e del fegato,ed è anche un buon antinfiammatorio soprattutto nei riguardi del colon. La sua assunzione apporta benefici anche in caso di tosse, ove, per ridurne i fastidi, è consigliata la preparazione di un decotto a base di foglie e semi che andranno bolliti per 3/4 minuti in tre quarti di litro d'acqua per poi essere zuccherato con miele.
Il finocchio viene anche utilizzate dalle neo mamme per aumentare la produzione di latte e viene anche impiegato dalle donne per alleviare i sintomi tipici della menopausa e non solo; infatti la sua assunzione risulta utile per lenire i dolori e le ( eventuali ) nausee derivanti dal ciclo mestruale.
CURIOSITA'
Il finocchio crudo altera in qualche modo la funzionalità delle papille gustative; grazie a questa sua caratteristica, una volta, gli osti disonesti, erano soliti "offrire" il finocchio crudo ai propri avventori appena prima di servire loro del vino di pessima qualità. Da questa usanza nasce il termine "infinocchiare".
Il Pd e la lobby del gioco d'azzardo
Dal bingo voluto da D'Alema fino all'emendamento che punisce i Comuni anti slot.
Ai dem piace l'azzardo.
Anche il Ncd non scherza. Ma Alfano fa marcia indietro. Chiavaroli: «L'ho fatto per l'Erario».
Il segretario Matteo Renzi dice che è inspiegabile.
Il premier Enrico Letta ha ammesso che è stato un errore.
Molti altri hanno preferito il silenzio.
Il Partito democratico ha votato a favore dell'emendamento del Nuovo centrodestra che taglia i fondi ai Comuni che hanno adottato regolamenti per limitare la diffusione di slot machine, videolotterie e simili e nessuno sembra sapere il perché.
Eppure una spiegazione, scavando nel passato del centrosinistra, si potrebbe trovare (leggi i legami tra alfaniani e lobby dell'azzardo). Nelle file del Pd, infatti, sono in molti a essere sensibili al tema. Soprattutto negli ambienti degli ex Ds.
Francesco Tolotti, deputato diessino e poi democratico dal 2001 al 2008, per esempio, è attualmente presidente della Fondazione Unigioco, organizzazione che promuove il gioco legale, nata nel 2009 dalla collaborazione tra la società Gamenet e Eurispes.
«Nel corso della sua attività parlamentare», si legge sul sito di Unigioco, «ha avuto occasione di maturare una approfondita conoscenza del settore».
TOLOTTI DALLA CAMERA AI CASINÒ.
E infatti Tolotti è stato vicepresidente e componente della commissione Finanze della Camera, dove si decidono le regole del gioco e dei giochi. A leggere gli interventi di Matteo Iori, presidente del Conagga, il «Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo» che si occupa della ludopatia, l'attività di Tolotti fu «di particolare rilievo per l’industria del gioco, in quanto grazie all’impegno suo e degli onorevoli Nannicini e Vannucci (Ulivo), di Salerno (La Destra) e Gioacchino Alfano (Forza Italia)», il 6 dicembre 2007 fu presentato e approvato un emendamento che modificò il comma sesto dell’articolo 110 del testo unico delle Leggi di pubblica sicurezza, quello che regola le slot machine.
IL CAMBIAMENTO DELLE REGOLE.
Secondo la nuova formulazione voluta da Tolotti, le vincite delle slot machine erano legate non solamente alla fortuna, ma anche a «elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia».
Il cambiamento garantiva ai gestori di slot machine maggiori tutele di fronte a eventuali richieste di sequestro presentate dai magistrati sulle macchinette da gioco per vincite o perdite sospette.
Tolotti ha fatto una rapida carriera passando da responsabile del centro studi della Sapar, il sindacato dei gestori dei giochi, a Unigioco, dove tra l'altro promuove la diffusione di casinò e il 'turismo del gioco'.
Il senso di D'Alema per le sale da bingo La vicenda, tuttavia, non deve stupire. Le affinità col gioco d'azzardo dei democratici partono da lontano. E da interessi incrostati e stratificati.
Fu il centrosinistra, infatti, il primo a capire le opportunità del settore giochi. Il grande business iniziò il 31 gennaio del 2000, quando nella Gazzetta Ufficiale furono pubblicate le «Modalità per la partecipazione al pubblico incanto per l'affidamento in concessione della gestione del gioco del Bingo».
Un'eredità del ministro delle Finanze Vincenzo Visco e del governo dell'ex leader dei Democratici di sinistra Massimo D'Alema.
150 MILIARDI PER OGNI LOCALE.
Lo Stato, anche allora alla ricerca di denaro fresco per rimpinguare le casse dell'erario in rosso, aveva trovato la gallina dalle uova d'oro: per ogni sala bingo poteva incassare dai 70 ai 150 miliardi di profitti annuali.
Il piano dell'esecutivo prevedeva l'apertura di 800 locali in due anni. Gli italiani si sarebbero giocati i risparmi in favore delle casse pubbliche.
Tutti intuirono il business.
Tanto che, alla prima gara, le domande per aprire sale bingo furono 1.300.
Tra i primi protagonisti dell'affare figuravano Formula Bingo e Ludotech.
Nella prima società, che aveva sede nello stesso palazzo della fondazione di D'Alema Italianieuropei, sedevano molti uomini vicini all'ex presidente del Consiglio.
A fare da vicepresidente c'era Luciano Consoli, azionista della London Court guidata da Roberto De Santis, amico dell'allora leader Ds dai tempi della Fgci - fu lui che gli vendette la barca Ikarus - e uno degli snodi della rete di affari degli ex comunisti, abituato a colloqui a tu per tu con Pier Francesco Guargaglini di Finmeccanica, indagato nell'inchiesta pugliese su Gianpaolo Tarantini e costruttore nella Sesto San Giovanni di Filippo Penati.
LA LONDON COURT DI DE SANTIS. La London Court - la banca che prima di fare delle scelte «sale le scale di Palazzo Chigi», come diceva Francesco Cossiga ai tempi in cui D'Alema era primo ministro - possedeva il 50% di Formula Bingo.
Il presidente della società era invece l’ex ministro democristiano Vincenzo Scotti (poi sottosegretario con Silvio Berlusconi).
Per Scotti le sale da gioco sarebbero dovute diventare il nuovo luogo ricreativo della provincia italiana, tanto da ipotizzare di aprirvi le università per anziani, come denunciò allora Famiglia cristiana.
La Ludotech non era da meno: partecipata da tre società di area Ds – Beta Immobiliare, Pielleffe (pubblicità) e Pluris (la finanziaria del partito) – e da due giganti del mondo cooperativo emiliano - Coopservice e il Consorzio finanziario per la promozione e lo sviluppo cooperativo (Ccfr), holding della Lega cooperative - la società si appoggiava alle tecnologie della Cirsa, big dei giochi, che aveva portato il primo bingo elettronico alla festa dell'Unità di Testaccio nel 1999.
COINVOLTE LE FEDERAZIONI DEL PARTITO.
Ludotech è fallita nel 2003, Formula Bingo nel 2004. Ma, intanto, l'idea di trasformare le lotterie di una volta in una macchina da profitti si era fatta strada in tutto il mondo dell'economia rossa.
A Reggio Emilia, per esempio, la cooperativa Tempo libero aveva presentato domande per aprire 36 sale. Attraverso la Beta immobiliare, il grande patrimonio dei Ds, e la Alfa finanziaria (in liquidazione dal 2003) nella gestione delle sale bingo entrarono proprio le federazioni del partito, anche se con cifre limitate: una sorta di crowdfunding per essere della partita.
«Mai visti tanti uomini vicini ai Ds davanti alle cartelle del Bingo», scriveva nel luglio del 2001 Avvenire.
Secondo la visura della Camera di commercio riportata nel libro Sottobosco di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa (Chiarelettere, 2012), le federazioni che partecipano anche solo nominalmente all'affare erano moltissime: tra le altre Ancona, Bari, Bologna, Modena, oltre che Genova, Milano, Napoli e Padova.
Fonte LETTERA 43 - di Giovanna Faggionato
Ai dem piace l'azzardo.
Anche il Ncd non scherza. Ma Alfano fa marcia indietro. Chiavaroli: «L'ho fatto per l'Erario».
Il segretario Matteo Renzi dice che è inspiegabile.
Il premier Enrico Letta ha ammesso che è stato un errore.
Molti altri hanno preferito il silenzio.
Il Partito democratico ha votato a favore dell'emendamento del Nuovo centrodestra che taglia i fondi ai Comuni che hanno adottato regolamenti per limitare la diffusione di slot machine, videolotterie e simili e nessuno sembra sapere il perché.
Eppure una spiegazione, scavando nel passato del centrosinistra, si potrebbe trovare (leggi i legami tra alfaniani e lobby dell'azzardo). Nelle file del Pd, infatti, sono in molti a essere sensibili al tema. Soprattutto negli ambienti degli ex Ds.
Francesco Tolotti, deputato diessino e poi democratico dal 2001 al 2008, per esempio, è attualmente presidente della Fondazione Unigioco, organizzazione che promuove il gioco legale, nata nel 2009 dalla collaborazione tra la società Gamenet e Eurispes.
«Nel corso della sua attività parlamentare», si legge sul sito di Unigioco, «ha avuto occasione di maturare una approfondita conoscenza del settore».
TOLOTTI DALLA CAMERA AI CASINÒ.
E infatti Tolotti è stato vicepresidente e componente della commissione Finanze della Camera, dove si decidono le regole del gioco e dei giochi. A leggere gli interventi di Matteo Iori, presidente del Conagga, il «Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo» che si occupa della ludopatia, l'attività di Tolotti fu «di particolare rilievo per l’industria del gioco, in quanto grazie all’impegno suo e degli onorevoli Nannicini e Vannucci (Ulivo), di Salerno (La Destra) e Gioacchino Alfano (Forza Italia)», il 6 dicembre 2007 fu presentato e approvato un emendamento che modificò il comma sesto dell’articolo 110 del testo unico delle Leggi di pubblica sicurezza, quello che regola le slot machine.
IL CAMBIAMENTO DELLE REGOLE.
Secondo la nuova formulazione voluta da Tolotti, le vincite delle slot machine erano legate non solamente alla fortuna, ma anche a «elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia».
Il cambiamento garantiva ai gestori di slot machine maggiori tutele di fronte a eventuali richieste di sequestro presentate dai magistrati sulle macchinette da gioco per vincite o perdite sospette.
Tolotti ha fatto una rapida carriera passando da responsabile del centro studi della Sapar, il sindacato dei gestori dei giochi, a Unigioco, dove tra l'altro promuove la diffusione di casinò e il 'turismo del gioco'.
Il senso di D'Alema per le sale da bingo La vicenda, tuttavia, non deve stupire. Le affinità col gioco d'azzardo dei democratici partono da lontano. E da interessi incrostati e stratificati.
Fu il centrosinistra, infatti, il primo a capire le opportunità del settore giochi. Il grande business iniziò il 31 gennaio del 2000, quando nella Gazzetta Ufficiale furono pubblicate le «Modalità per la partecipazione al pubblico incanto per l'affidamento in concessione della gestione del gioco del Bingo».
Un'eredità del ministro delle Finanze Vincenzo Visco e del governo dell'ex leader dei Democratici di sinistra Massimo D'Alema.
150 MILIARDI PER OGNI LOCALE.
Lo Stato, anche allora alla ricerca di denaro fresco per rimpinguare le casse dell'erario in rosso, aveva trovato la gallina dalle uova d'oro: per ogni sala bingo poteva incassare dai 70 ai 150 miliardi di profitti annuali.
Il piano dell'esecutivo prevedeva l'apertura di 800 locali in due anni. Gli italiani si sarebbero giocati i risparmi in favore delle casse pubbliche.
Tutti intuirono il business.
Tanto che, alla prima gara, le domande per aprire sale bingo furono 1.300.
Tra i primi protagonisti dell'affare figuravano Formula Bingo e Ludotech.
Nella prima società, che aveva sede nello stesso palazzo della fondazione di D'Alema Italianieuropei, sedevano molti uomini vicini all'ex presidente del Consiglio.
A fare da vicepresidente c'era Luciano Consoli, azionista della London Court guidata da Roberto De Santis, amico dell'allora leader Ds dai tempi della Fgci - fu lui che gli vendette la barca Ikarus - e uno degli snodi della rete di affari degli ex comunisti, abituato a colloqui a tu per tu con Pier Francesco Guargaglini di Finmeccanica, indagato nell'inchiesta pugliese su Gianpaolo Tarantini e costruttore nella Sesto San Giovanni di Filippo Penati.
LA LONDON COURT DI DE SANTIS. La London Court - la banca che prima di fare delle scelte «sale le scale di Palazzo Chigi», come diceva Francesco Cossiga ai tempi in cui D'Alema era primo ministro - possedeva il 50% di Formula Bingo.
Il presidente della società era invece l’ex ministro democristiano Vincenzo Scotti (poi sottosegretario con Silvio Berlusconi).
Per Scotti le sale da gioco sarebbero dovute diventare il nuovo luogo ricreativo della provincia italiana, tanto da ipotizzare di aprirvi le università per anziani, come denunciò allora Famiglia cristiana.
La Ludotech non era da meno: partecipata da tre società di area Ds – Beta Immobiliare, Pielleffe (pubblicità) e Pluris (la finanziaria del partito) – e da due giganti del mondo cooperativo emiliano - Coopservice e il Consorzio finanziario per la promozione e lo sviluppo cooperativo (Ccfr), holding della Lega cooperative - la società si appoggiava alle tecnologie della Cirsa, big dei giochi, che aveva portato il primo bingo elettronico alla festa dell'Unità di Testaccio nel 1999.
COINVOLTE LE FEDERAZIONI DEL PARTITO.
Ludotech è fallita nel 2003, Formula Bingo nel 2004. Ma, intanto, l'idea di trasformare le lotterie di una volta in una macchina da profitti si era fatta strada in tutto il mondo dell'economia rossa.
A Reggio Emilia, per esempio, la cooperativa Tempo libero aveva presentato domande per aprire 36 sale. Attraverso la Beta immobiliare, il grande patrimonio dei Ds, e la Alfa finanziaria (in liquidazione dal 2003) nella gestione delle sale bingo entrarono proprio le federazioni del partito, anche se con cifre limitate: una sorta di crowdfunding per essere della partita.
«Mai visti tanti uomini vicini ai Ds davanti alle cartelle del Bingo», scriveva nel luglio del 2001 Avvenire.
Secondo la visura della Camera di commercio riportata nel libro Sottobosco di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa (Chiarelettere, 2012), le federazioni che partecipano anche solo nominalmente all'affare erano moltissime: tra le altre Ancona, Bari, Bologna, Modena, oltre che Genova, Milano, Napoli e Padova.
Fonte LETTERA 43 - di Giovanna Faggionato
Breve storia del cotone
Risulta difficile datare l’origine del cotone.
Da oltre 7.000 anni gli abiti di cotone proteggono l'uomo da sole, pioggia, caldo e freddo...
Nel 5000 a.C. circa, il cotone viene utilizzato dalle popolazioni della valle messicana TunuacAjn. Come testimoniano però alcuni passi della Bibbia, il cotone era già stato utilizzato dagli Ebrei per la produzione di tessuti.
Nel 3000 a.C. circa, diverse civiltà indiane, cinesi ed egiziane, si dedicano alla coltivazione del cotone. Nella valle dell'Indu nell'odierno Pakistan il cotone viene piantato, filato e tessuto. È qui che sono stati ritrovati i più antichi reperti archeologici di tessuti in cotone(2700 a.C. circa) ... Nel 2000 a.C. si hanno testimonianze del suo impiego nella preparazione di teli per indumenti a Babilonia dove, per la sua preziosità, era denominata “oro bianco”... Dal 2000 a.C. al 1500 a.C.Il cotone è coltivato dai Maya nel Guatemala, nello Yucatan e in Messico.La Grecia classica lo scoprì grazie alle conquiste di Alessandro Magno in Asia e in Africa settentrionale...
Durante il suo viaggio verso l'America, Cristoforo Colombo è uno dei primi europei a vedere i metodi di coltivazione del cotone alle isole Bahamas.
Il cotone, il cui termine deriva dall’arabo katun ovvero "terra di conquista", già presente prima del secondo millennio avanti Cristo in India ed anche in Perù, fu introdotto dai Saraceni prima in Sicilia nel IX Secolo e poi in tutta Europa attorno al 1300.
Considerato un prodotto d’importazione, e per di più difficile da filare e tessere, rimase per lungo tempo un tessuto di lusso al pari della seta. In Europa famose erano le impalpabili stoffe di cotone indiano dipinte con tinture che apparivano gradualmente con il passare del tempo.
Gli Europei, al loro arrivo in America, trovarono il cotone coltivato e manifatturato nelle Indie Occidentali, nel Messico, nel Perù, nel Brasile. Erano colture che traevano origine dalle specie locali, diverse da quelle del vecchio mondo.
Negli stati meridionali degli USA, la coltivazione del cotone rappresenta da sempre l’intera cultura della regione; infatti un tempo i padroni bianchi vivevano come feudatari in immensi poderi circondati da campi di cotone ed i loro lavoratori, gli schiavi neri, conducevano una vita di stenti ed esprimevano il loro disagio nella musica.
E’ nei campi di cotone che nasce infatti il primitivo Country Blues.
Enrico Pesce, Music: 17/01/2014 Venerdì mattino... PESCIADE... Il peso ...
Enrico Pesce, Music: 17/01/2014 Venerdì mattino... PESCIADE... Il peso ...:
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Buon giorno... E' necessario un doveroso prologo che vado testè a scrivere... PROLOGO Antpasti...primi...secondi... A...
Disquisizioni fra il serio e il faceto sul peso forma ......dopo le feste
Leggetelo, assolutamente esilarante
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Buon giorno... E' necessario un doveroso prologo che vado testè a scrivere... PROLOGO Antpasti...primi...secondi... A...
Disquisizioni fra il serio e il faceto sul peso forma ......dopo le feste
Leggetelo, assolutamente esilarante
Miracolo!!!
Suora partorisce a Rieti:era incinta e non lo sapeva
Mercoledì una suora 35enne, sudamericana, ha dato alla luce un bimbo di 3 kg e mezzo nell'ospedale di Rieti: imbarazzo e sconcerto nello stesso nosocomio e fra le consorelle che, sembra, non erano a conoscenza del fatto.
La donna si è presentata al pronto soccorso dell'ospedale di Rieti nella notte di martedì, accompagnata da un'ambulanza del 118, accusando forti dolori di cui non sapeva spiegarsi la natura.
Il personale paramedico che l'ha accompagnata al pronto soccorso con codice rosso, ha messo a verbale che la donna accusava "forti dolori addominali con sospetta colica renale".
Il medico che l'ha visitata e sottoposta ad ecografia non ha avuto dubbi nel certificarle lo stato di gravidanza, tanto che nel certificato di ricovero, forse per un eccesso di scrupolo, è stato scritto "sospetta gravidanza in suora". Il bimbo è poi nato con un parto naturale e pesa tre chili e mezzo.
Scoperta la ricetta del Grog nordico, la bevanda dei Goti
La ricetta era: miele, mirtillo e mirto di torbiera, mirtillo rosso, achillea, ginepro, resina di betulla, cereali (grano, orzo e segale) e anche un po’ di vino importato dall’Europa meridionale.
Con questi componenti i Goti oltre 3 mila anni fa e sino al primo secolo della nostra era, realizzavano una bevanda - che aveva probabili utilizzi anche come medicinale - che può essere chiamata Grog nordico. E che è abbastanza simile a quella che viene ancora oggi prodotta nell’isola svedese di Gotland nel mar Baltico e che viene chiamata Gotlandsdricka.
Lo hanno scoperto un gruppo di archeologi dell’Università della Pennsylvania guidati da Patrick E. McGovern, scavando in vari siti dell’età del bronzo e del ferro tra la Danimarca e la Svezia meridionale risalenti al 1.500-1.300 a. C. fino al primo secolo d. C.
Lo studio è stato pubblicato nel Danish Journal of Archeology. Non solo: la ricerca ha attestato un commercio di vino dal Sud Europa risalente al 1.100 avanti Cristo, dimostrando l’esistenza di vie e scambi commerciali attraverso l’Europa con zone così a nord che - a torto - Greci e Romani ritenevano abitati da popolazioni «barbare».
Gli scavi più antichi sono stati effettuati a Nandrup, nella Danimarca nord-occidentale, nella tomba risalente al 1.500-1.300 a. C. di un principe-guerriero sepolto in una bara di quercia insieme a una spada in bronzo, un’ascia da battaglia e boccali in ceramica al cui interno è stato trovato un residuo scuro che, una volta analizzato, ha dato come risultato i componenti descritti all’inizio. Sempre in Danimarca altri due residui scuri sono stati recuperati e analizzati: da un setaccio in bronzo dell’età del bronzo nordica (1.100-500 a. C.) - il più antico rinvenuto nella regione - a Kostræde, a sud-ovest di Copenaghen; da una situla in bronzo del 200 a. C. ritrovata nella bara in legno di una donna di una trentina d’anni a Juellinge sull’isola di Lolland.
La situla faceva parte di un servizio da vino di origine romana e veniva tenuta dalla donna con la mano destra.
Un quarto reperto proveniva da una situla che faceva parte di un «tesoretto» del primo secolo dell’era cristiana che comprendeva anche un collare in oro e due campane di bronzo, rinvenuto ad Havor, sull’isola Gotland.
Secondo McGovern l’importazione di vino dall’Europa meridionale aumentò fino a eclissare la tradizione del Grog nordico, ma non facendolo mai scomparire del tutto. Infatti molti degli ingredienti entrarono a far parte nella ricetta della birra di betulla e tra gli aromatizzanti della ricetta medievale della birra - chiamati gruit - prima che diventasse comune l’utilizzo del luppolo per rendere amara la bevanda.
Da:http://thepolloweb.blogspot.it/
North Sentinel Island: l'isola impossibile da visitare
La North Sentinel Island è una meravigliosa isola appartenente all’arcipelago delle Andamane, nel Golfo del Bengala tra Birmania e Indonesia (pur appartenendo all’India).
Un vero e proprio paradiso in terra, meta ambitissima da chiunque abbia potuto vedere fotografie delle sue splendide spiagge bianche, delle sue acque cristalline e delle ricche foreste tropicali che la ricoprono completamente.
Peccato che costoro si debbano accontentare delle sole foto, che per altro sono anche poche.
L’isola è infatti abitata da una popolazione di indigeni piuttosto agguerriti che sono soliti scagliare accogliere con una pioggia di frecce chiunque provi ad avvicinarsi via cielo o via mare al loro angolo di paradiso.
Ne sanno qualcosa gli uomini dell’equipaggio di una nave di Hong Kong, che nel 1981 furono cacciati malamente dopo due giorni di panne vicino alle coste di North Sentinel Island. Oppure i soccorritori della Marina indiana che nel 2004, subito dopo lo tsunami che sconvolse l’Oceano Indiano, avevano tentato un avvicinamento in elicottero per lanciare viveri ed aiuti: ebbene anche loro hanno avuto la medesima accoglienza con l’arco.
In realtà gli abitanti dell’isola non sono molti: una stima recente ne fissa il numero tra 50 e 400, ma particolarmente combattivi.
Una teoria li vuole discendenti diretti di una delle prime migrazioni di homo sapiens che dall’Africa si spostarono nel sud-est asiatico circa 60 mila annni fa.
Il fatto che parlino una lingua estremamente diversa dalle altre dell’arcipelago avalla la tesi di contatti esterni pressochè inesistenti. L’ultimo risale al 2006 e purtroppo ha risvolti funesti: due pescatori vennero visti pescare nelle acque che circondano l’isola e vennero uccisi senza pietà.
Il Governo indiano ha pertanto sconsigliato qualsiasi avvicinamento all’isola ed ha dichiarato di non aver alcun interesse ad interferire con la comunità autoctona.
In questo modo la North Sentinel Island continuerà a rimanere l’ultimo angolo incontaminato di paradiso, ma impossibile da raggiungere.
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