venerdì 11 gennaio 2013
Il burlesque
Il burlesque
E' un genere di spettacolo satirico che nacque in Inghilterra nel XVIII secolo e acquisì durante l'Ottocento caratteristiche più comiche e parodistiche.
Importato negli Stati Uniti dove venne molto apprezzato, lo spettacolo, a causa delle molteplici trasformazioni, era composto alla fine del XIX secolo da caricature, canzoni e danze di ballerine (col tempo sempre più svestite) che eseguivano anche spogliarelli.
Quindi, col passare del tempo il burlesque ha perso il suo elemento caricaturale divenendo sempre più simile al varietà.
In Gran Bretagna con la definizione burlesque ci si riferisce ad uno scritto comico, con sfumature e intenti satirici e parodistici, ispirato o da un testo drammatico o da un tipico modo di recitare i drammi, magari in auge in quel determinato periodo. Il 'burlesque' in versi e in prosa si espanse intorno al XIV secolo grazie all'opera satirica di Geoffrey Chaucer intitolata The Canterbury Tales (I racconti di Canterbury).
Negli Stati Uniti il burlesque si diffuse intorno alla metà del Settecento e per oltre un secolo non godette di consensi e popolarità. Solamente intorno al 1865 venne rivitalizzato grazie ad una trasformazione di stile, genere e contenuti, che gli fece assumere una funzione di spettacolo di divertimento per adulti, imperniato su scene comiche a sfondo erotico o colte a piene mani dall'attualità, danze del ventre, siparietti improvvisati basati su doppi sensi, numeri di equilibristi o giocolieri, canti e danze.
Lydia Thompson e la sua troupe, (Stati Uniti 1860) suscitò scalpore ed entusiasmi con i suoi siparietti.
Il periodo aureo del burlesque si può inquadrare dalla fine dell'Ottocento alla prima guerra mondiale, mentre nei decenni seguenti venne introdotto lo strip-tease e aumentarono le esibizioni di nudi scenici.
Col tempo l'elemento satirico si è in parte perduto, trasformando il burlesque in un genere più simile al varietà.
In Italia già dagli anni trenta fino a tempi più recenti è stato possibile trovare similitudini del burlesque nell'arte del mimo e nel trasformismo di Leopoldo Fregoli nel teatro di rivista e di Ettore Petrolini nell'avanspettacolo, e poi nel cinema e nel teatro leggero (fino a Gigi Proietti e Paolo Villaggio).
Il new-burlesque
Negli anni novanta, sull'onda della moda legata alla cultura vintage, è nato il new-burlesque, da cui viene fatto derivare anche il dark cabaret. I nomi più famosi del panorama contemporaneo di questa forma artistica sono quelli di Immodesty Blaize, Dirty Martini, Julie Atlas Muz, le Pontani Sisters, Catherine D'Lish, Dita Von Teese.
E' un genere di spettacolo satirico che nacque in Inghilterra nel XVIII secolo e acquisì durante l'Ottocento caratteristiche più comiche e parodistiche.
Importato negli Stati Uniti dove venne molto apprezzato, lo spettacolo, a causa delle molteplici trasformazioni, era composto alla fine del XIX secolo da caricature, canzoni e danze di ballerine (col tempo sempre più svestite) che eseguivano anche spogliarelli.
Quindi, col passare del tempo il burlesque ha perso il suo elemento caricaturale divenendo sempre più simile al varietà.
In Gran Bretagna con la definizione burlesque ci si riferisce ad uno scritto comico, con sfumature e intenti satirici e parodistici, ispirato o da un testo drammatico o da un tipico modo di recitare i drammi, magari in auge in quel determinato periodo. Il 'burlesque' in versi e in prosa si espanse intorno al XIV secolo grazie all'opera satirica di Geoffrey Chaucer intitolata The Canterbury Tales (I racconti di Canterbury).
Negli Stati Uniti il burlesque si diffuse intorno alla metà del Settecento e per oltre un secolo non godette di consensi e popolarità. Solamente intorno al 1865 venne rivitalizzato grazie ad una trasformazione di stile, genere e contenuti, che gli fece assumere una funzione di spettacolo di divertimento per adulti, imperniato su scene comiche a sfondo erotico o colte a piene mani dall'attualità, danze del ventre, siparietti improvvisati basati su doppi sensi, numeri di equilibristi o giocolieri, canti e danze.
Lydia Thompson e la sua troupe, (Stati Uniti 1860) suscitò scalpore ed entusiasmi con i suoi siparietti.
Il periodo aureo del burlesque si può inquadrare dalla fine dell'Ottocento alla prima guerra mondiale, mentre nei decenni seguenti venne introdotto lo strip-tease e aumentarono le esibizioni di nudi scenici.
Col tempo l'elemento satirico si è in parte perduto, trasformando il burlesque in un genere più simile al varietà.
In Italia già dagli anni trenta fino a tempi più recenti è stato possibile trovare similitudini del burlesque nell'arte del mimo e nel trasformismo di Leopoldo Fregoli nel teatro di rivista e di Ettore Petrolini nell'avanspettacolo, e poi nel cinema e nel teatro leggero (fino a Gigi Proietti e Paolo Villaggio).
Il new-burlesque
Negli anni novanta, sull'onda della moda legata alla cultura vintage, è nato il new-burlesque, da cui viene fatto derivare anche il dark cabaret. I nomi più famosi del panorama contemporaneo di questa forma artistica sono quelli di Immodesty Blaize, Dirty Martini, Julie Atlas Muz, le Pontani Sisters, Catherine D'Lish, Dita Von Teese.
Il vampiro di Southwell
I dettagli di uno dei pochi “vampiri” sepolti in Gran Bretagna sono emersi grazie alla nuova indagine archeologica di una scoperta a lungo dimenticata: uno scheletro trovato seppellito con chiodi di metallo piantati tra spalle, cuore e caviglie.
Risalente al 550-700 d.C., lo scheletro era stato riportato alla luce nel 1959 nella città di Southwell, durante gli scavi per una nuova scuola. Lo scavo aveva rivelato anche resti romani.
Il ‘vampiro’, a sinistra, come venne ritrovato nel 1959 (University of Nottingham Archaeology Museum)
Nel 1959, l’archeologo Charles Daniels aveva immediatamente riconosciuto la rarità dei resti scheletrici, ma all’epoca non vennero effettuate ulteriori indagini. “Daniels aveva scherzosamente commentato di aver ‘controllato i lunghi denti canini’, associando chiaramente lo scheletro con l’essere un vampiro”, ha detto Matthew Beresford, della Southwell Archaeology. “Tuttavia, lo scheletro era stato in gran parte dimenticato da allora”.
Solo una manciata di sepolture simili sono state riconosciute nel Regno Unito. “I morti pericolosi” come i vampiri venivano sepolti con riti particolari per evitare che uscissero dalle loro tombe e attaccassero i vivi.
“Per tutto il periodo anglosassone, la ‘punizione’ di essere seppellito nelle paludi, a faccia in giù, decapitato, messo al rogo o altro, era riservato a ladri, assassini o traditori”, ha scritto Beresford. Il trattamento venne successivamente esteso a tutti coloro che non si conformavano alle regole della società (adulteri, fedeli non devoti, bestemmiatori…). Tuttavia, “chi era veramente costui non lo sapremo mai”, ha detto Beresford.
I resti dello scheletro potrebbero ancora essere sepolti nel sito, visto che Daniels non riuscì a recuperare completamente il corpo.
C’è però un colpo di scena finale nella storia del vampiro di Southwell. “Sembra che non sia stata l’ultima persona, temuta dai locali, ad essere sepolta nella città”, ha scritto Beresford.
Le cronache riportano che nel 1822 un certo Henry Standley venne riconosciuto colpevole dell’omicidio di un venditore ambulante di nome John Dale. Arrestato, Standley fu poi trovato morto nella sua cella. “Si suicidò impiccandosi”, ha detto Beresford.
Un giornale locale del 15 febbraio 1822 rivela che Standley venne sepolto a un incrocio e infilzato con un paletto, il che suggerisce che la paura dei morti usciti dalla tomba esisteva nella società britannica anche intorno al 1820.
“Seppellire agli incroci era abbastanza comune per i sospetti vampiri: si credeva che se si fossero rianimati non avrebbero saputo tornare al villaggio. E nel folklore, i suicidi costituiscono un grande rischio di diventare vampiri”, ha detto Beresford.
Risalente al 550-700 d.C., lo scheletro era stato riportato alla luce nel 1959 nella città di Southwell, durante gli scavi per una nuova scuola. Lo scavo aveva rivelato anche resti romani.
Il ‘vampiro’, a sinistra, come venne ritrovato nel 1959 (University of Nottingham Archaeology Museum)
Nel 1959, l’archeologo Charles Daniels aveva immediatamente riconosciuto la rarità dei resti scheletrici, ma all’epoca non vennero effettuate ulteriori indagini. “Daniels aveva scherzosamente commentato di aver ‘controllato i lunghi denti canini’, associando chiaramente lo scheletro con l’essere un vampiro”, ha detto Matthew Beresford, della Southwell Archaeology. “Tuttavia, lo scheletro era stato in gran parte dimenticato da allora”.
Solo una manciata di sepolture simili sono state riconosciute nel Regno Unito. “I morti pericolosi” come i vampiri venivano sepolti con riti particolari per evitare che uscissero dalle loro tombe e attaccassero i vivi.
“Per tutto il periodo anglosassone, la ‘punizione’ di essere seppellito nelle paludi, a faccia in giù, decapitato, messo al rogo o altro, era riservato a ladri, assassini o traditori”, ha scritto Beresford. Il trattamento venne successivamente esteso a tutti coloro che non si conformavano alle regole della società (adulteri, fedeli non devoti, bestemmiatori…). Tuttavia, “chi era veramente costui non lo sapremo mai”, ha detto Beresford.
I resti dello scheletro potrebbero ancora essere sepolti nel sito, visto che Daniels non riuscì a recuperare completamente il corpo.
C’è però un colpo di scena finale nella storia del vampiro di Southwell. “Sembra che non sia stata l’ultima persona, temuta dai locali, ad essere sepolta nella città”, ha scritto Beresford.
Le cronache riportano che nel 1822 un certo Henry Standley venne riconosciuto colpevole dell’omicidio di un venditore ambulante di nome John Dale. Arrestato, Standley fu poi trovato morto nella sua cella. “Si suicidò impiccandosi”, ha detto Beresford.
Un giornale locale del 15 febbraio 1822 rivela che Standley venne sepolto a un incrocio e infilzato con un paletto, il che suggerisce che la paura dei morti usciti dalla tomba esisteva nella società britannica anche intorno al 1820.
“Seppellire agli incroci era abbastanza comune per i sospetti vampiri: si credeva che se si fossero rianimati non avrebbero saputo tornare al villaggio. E nel folklore, i suicidi costituiscono un grande rischio di diventare vampiri”, ha detto Beresford.
Un tesoro d’oro a Sveshtari
All’interno di una tomba trace nel sito di Sveshtari, in Bulgaria, gli archeologi hanno ritrovato un tesoro conservato in un contenitore di legno.
Gli oggetti risalgono tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. e includono teste di cavallo, collane e piccoli busti.
I Traci erano governati da un’aristocrazia guerriera che disponeva dei vasti giacimenti d’oro alla foce del Danubio. Strinsero intensi rapporti commerciali con i loro vicini, tra cui gli Sciti al Nord e i Greci al Sud, come si nota anche dall’influenza sulla manifattura degli oggetti.
La lavorazione dell’oro in Bulgaria ha una lunga storia: nel 1972, ad esempio, venne scoperta casualmente una necropoli di 6.000 anni fa nei pressi di Varna ricca di tombe contenenti i più antichi corredi funerari realizzati nel prezioso metallo.
Tra i manufatti in oro riportati alla luce nella tomba del III secolo a.C. vi sono anche anelli – o spille – e dei piccoli busti femminili, che probabilmente ornavano degli abiti.
Più di altri oggetti rinvenuti nel tesoro, questo anello o spilla in oro mostra chiaramente nella sua lavorazione l’influenza dello stile dei Greci, con cui i Traci intrattenevano fitti rapporti commerciali.
Non è ancora chiaro se questo capolavoro della gioielleria trace, decorato con leoni e animali fantastici, fosse una tiara o una collana.
Gli oggetti sono stati scoperti nella tomba più grande delle 150 del sito, appartenente a una tribù della Tracia, i Geti. “Al culmine della loro civiltà i Geti produssero cose meravigliose”, dice la responsabile dello scavo Diana Gergova. “Dalle prime analisi la tomba poteva forse appartenere al sovrano Cothelas (o Gudila)”.
I Traci erano governati da un’aristocrazia guerriera che disponeva dei vasti giacimenti d’oro alla foce del Danubio. Strinsero intensi rapporti commerciali con i loro vicini, tra cui gli Sciti al Nord e i Greci al Sud, come si nota anche dall’influenza sulla manifattura degli oggetti.
La lavorazione dell’oro in Bulgaria ha una lunga storia: nel 1972, ad esempio, venne scoperta casualmente una necropoli di 6.000 anni fa nei pressi di Varna ricca di tombe contenenti i più antichi corredi funerari realizzati nel prezioso metallo.
Tra i manufatti in oro riportati alla luce nella tomba del III secolo a.C. vi sono anche anelli – o spille – e dei piccoli busti femminili, che probabilmente ornavano degli abiti.
Più di altri oggetti rinvenuti nel tesoro, questo anello o spilla in oro mostra chiaramente nella sua lavorazione l’influenza dello stile dei Greci, con cui i Traci intrattenevano fitti rapporti commerciali.
Non è ancora chiaro se questo capolavoro della gioielleria trace, decorato con leoni e animali fantastici, fosse una tiara o una collana.
Gli oggetti sono stati scoperti nella tomba più grande delle 150 del sito, appartenente a una tribù della Tracia, i Geti. “Al culmine della loro civiltà i Geti produssero cose meravigliose”, dice la responsabile dello scavo Diana Gergova. “Dalle prime analisi la tomba poteva forse appartenere al sovrano Cothelas (o Gudila)”.
La rosa e il suo simbolismo
Il simbolo della Rosa è, assieme a pochi altri, onnipresente nei tempi e quasi in tutto il globo.
Gli eroi greci la usavano per ornare il loro elmo come Enea ed Ettore (peraltro eroi Troiani), oppure lo scudo come Achille.
I roseti erano consacrati tanto ad Afrodite che ad Atena ed una leggenda mitologica dice che inizialmente in Grecia esistevano solo rose bianche finché la dea Afrodite, accorrendo in aiuto di Adone, mortalmente trafitto da un cinghiale, si punse con le spine, tingendo del rosso del proprio sangue le corolle del fiore ad essa consacrato.
Già, le spine, il cosiddetto “rovescio della medaglia”.
Secondo varie leggende medievali, l’Eden era pieno di rose senza spine, nate dopo il “peccato” di Eva.
E San Bernardo di Chiaravalle era solito dire:” Eva, spina; Maria, rosa”.
Il dio Arpocrate, l’equivalente greco dell’egizio Horus, era il dio della segretezza e veniva raffigurato incoronato di roselline.
Ciò fece sì che il simbolismo della rosa acquisisse anche il simbolo iniziatico della conservazione dei segreti.
Ecate, dea degli inferi, era talvolta rappresentata con la testa cinta da una ghirlanda di rose.
Questo fiore era per i greci anche simbolo di rigenerazione e perciò era usanza deporre rose sulle tombe.
Nell’antica Roma la rosa celava il “profumo di eternità”, tanto che durante le “Rosalie”, cerimonie miranti ad onorare gli dei Mani celebrate tra maggio e luglio, i cittadini erano soliti offrire ai defunti ampie ghirlande di rose.
Pure il famoso “asino di Apuleio” riacquistò forma umana mangiando una corona di rose vermiglie offertegli dal sacerdote di Iside.
Il Cristianesimo attinse copiosamente nel simbolismo della Rosa che divenne addirittura emblema del Graal, la mitica coppa che raccolse il sangue di Cristo sgorgante dalle sue ferite.
Ma la rosa era anche simbolo di trasformazione: in due diverse leggende abbiamo la Rosa bianca che si trasforma in rossa con il sangue di Cristo e la Rosa rossa che si trasforma in bianca con le lacrime della Madonna.
I cinque sepali del fiore ricordano proprio un calice, il calice in cui ogni anima che si incarna raccoglie il proprio destino futuro.
Fra gli alchimisti la Rosa bianca rappresentava l’ ”Albedo” (purificazione del sentire, ovvero del Mercurio) e quella rossa la “Rubedo” (purificazione del volere, ovvero lo zolfo), le due fasi dell’Opera di trasmutazione successiva alla “Nigredo” (la putrefazione di base).
Nell’esoterico Ordine Rosacrociano una corona di rose rosse con al centro una rosa è posta al centro della Croce, al posto del cuore: il dolore umano (Croce) abbinato all’Amore (Rosa).
Gli eroi greci la usavano per ornare il loro elmo come Enea ed Ettore (peraltro eroi Troiani), oppure lo scudo come Achille.
I roseti erano consacrati tanto ad Afrodite che ad Atena ed una leggenda mitologica dice che inizialmente in Grecia esistevano solo rose bianche finché la dea Afrodite, accorrendo in aiuto di Adone, mortalmente trafitto da un cinghiale, si punse con le spine, tingendo del rosso del proprio sangue le corolle del fiore ad essa consacrato.
Già, le spine, il cosiddetto “rovescio della medaglia”.
Secondo varie leggende medievali, l’Eden era pieno di rose senza spine, nate dopo il “peccato” di Eva.
E San Bernardo di Chiaravalle era solito dire:” Eva, spina; Maria, rosa”.
Il dio Arpocrate, l’equivalente greco dell’egizio Horus, era il dio della segretezza e veniva raffigurato incoronato di roselline.
Ciò fece sì che il simbolismo della rosa acquisisse anche il simbolo iniziatico della conservazione dei segreti.
Ecate, dea degli inferi, era talvolta rappresentata con la testa cinta da una ghirlanda di rose.
Questo fiore era per i greci anche simbolo di rigenerazione e perciò era usanza deporre rose sulle tombe.
Nell’antica Roma la rosa celava il “profumo di eternità”, tanto che durante le “Rosalie”, cerimonie miranti ad onorare gli dei Mani celebrate tra maggio e luglio, i cittadini erano soliti offrire ai defunti ampie ghirlande di rose.
Pure il famoso “asino di Apuleio” riacquistò forma umana mangiando una corona di rose vermiglie offertegli dal sacerdote di Iside.
Il Cristianesimo attinse copiosamente nel simbolismo della Rosa che divenne addirittura emblema del Graal, la mitica coppa che raccolse il sangue di Cristo sgorgante dalle sue ferite.
Ma la rosa era anche simbolo di trasformazione: in due diverse leggende abbiamo la Rosa bianca che si trasforma in rossa con il sangue di Cristo e la Rosa rossa che si trasforma in bianca con le lacrime della Madonna.
I cinque sepali del fiore ricordano proprio un calice, il calice in cui ogni anima che si incarna raccoglie il proprio destino futuro.
Fra gli alchimisti la Rosa bianca rappresentava l’ ”Albedo” (purificazione del sentire, ovvero del Mercurio) e quella rossa la “Rubedo” (purificazione del volere, ovvero lo zolfo), le due fasi dell’Opera di trasmutazione successiva alla “Nigredo” (la putrefazione di base).
Nell’esoterico Ordine Rosacrociano una corona di rose rosse con al centro una rosa è posta al centro della Croce, al posto del cuore: il dolore umano (Croce) abbinato all’Amore (Rosa).
L'arsenico, un killer silenzioso
L’arsenico, As 33, ha tre forme: nera, grigia e gialla ed è un veleno molto potente.
In realtà è un semimetallo tossico ( i semimetalli si depositano nei tessuti dell’organismo e li intossicano con effetti che vanno dai tumori della pelle, vescicali, polmonari e alle malattie cardiovascolari) che in base alle concentrazioni in cui viene assunto può dimostrarsi utile ( piccolissime concentrazioni aiutano a migliorare le attività di alcuni neurotrasmettitori e vengono utilizzate in medicina) innocuo o letale.
Da sempre accompagna sgradevolmente il cammino dell’uomo che lo ha utilizzato in molte applicazioni (era conosciuto già nell’età del Bronzo) soprattutto per omicidi come nell’antica Roma e nel Medioevo (sembrerebbe che ad isolare l’arsenico elementare sia stato Alberto Magno nel 1250). Infatti l’arsenico è stato utilizzato da sempre per i “delitti perfetti” e definito la “morte bianca”perché è inodore e insapore.
L’arsenico ha origine sia minerale che industriale ed è oggi molto utilizzato in agricoltura (pesticidi, erbicidi ed insetticidi) nell’industria farmacologica, vetraria e del legno.
Negli ultimi anni si è evidenziata la sua spiccata proprietà cancerogena, i gravissimi danni che provoca al sistema digestivo e a quello nervoso, fino a portare l’intossicato alla morte per schock.
In particolare l’arsenico è implicato nella patogenesi del carcinoma della vescica, del polmone, e in particolari neoplasie dell’apparato tegumentario (pelle). Ma sono molti i processi in cui questo metallo interviene: ha anche un meccanismo che aumenta la proliferazione cellulare con rilascio di fattori di crescita; modifica la riparazione del Dna; partecipa allo stress ossidativo con produzione di radicali liberi.
La presenza dell’arsenico nell’acqua sta gettando la popolazione di tutto il mondo nel caos. Infatti massicce epidemie di avvelenamento da arsenico sono state riscontrate nell’America del Sud, in Bangladesh nel Sud est asiatico (Vietnam, Cambogia e Tibet), dove si stima che circa 57 milioni di persone bevano acqua da pozzi con concentrazioni di arsenico al di sopra dei limiti massimi di 50 parti per miliardo stabiliti dall’organizzazione mondiale per la sanità, Seppure in percentuali molto inferiori anche in Europa le norme e le soluzioni per la riduzione di arsenico nell’acqua si rendono necessarie.
L’Unione Europea ha abbassato i valori di concentrazione massima ammissibile di arsenico nell’acqua potabile a 10 microgrammi per litro, anche se i medici dichiarano che l’arsenico non dovrebbe esserci per nulla, e la gran parte degli acquedotti in Italia superano questo limite.
In molti comuni italiani, i Sindaci hanno dovuto ricorrere a severe ordinanze di divieto di utilizzo delle acque pubbliche.
Di Vera Iafrate
Credono di essere eleganti e invidiabili .....Non sanno che a molti procurano solo ribrezzo
Scusi signora, la sua pelliccia gronda sangue!
Per fare una pelliccia ci vogliono molti più animali di quanti possiate immaginare.
Per una pelliccia di un metro occorrono a seconda del tipo: 16 coyote, 18 linci, 60 visoni, 45 opossum, 20 lontre, 42 volpi, 40 procioni, 50 zibellini, 8 foche, 50 topi muschiati o 15 castori.
Ma lista non finisce qui, si potrebbe continuare.
Milioni di animali che ogni anno ed in ogni parte del mondo vengono allevati ed uccisi per diventare capi d’abbigliamento.
Pellicce intere ma non solo, anche colli, polsini e vari inserti qua e là cuciti. Una sofferenza inaudita evitabile.
Negli allevamenti
Gabbie troppo piccole, freddo, condizioni igienico sanitarie inesistenti, stress da detenzione, paura, violenza, sofferenza: sono questi i principali elementi che caratterizzano la vita di milioni di animali, come volpi, ermellini, visoni, cincillà, conigli e tanti altri animali, allevati e fatti riprodurre con il solo scopo di ricavarne pellicce. Vittime sacrificali che hanno la sola colpa di avere un pelo folto, lucente e purtroppo ricercato dall’industria della moda.
Perché sono proprio gli stilisti il principale motore di questo continuo e assurdo massacro.
E l’uccisione, alla fine di una vita di sofferenze, avviene tramite metodi il cui unico scopo e’ quello di non rovinare la “preziosa” pelliccia: elettrocuzione anale, colpo contundente al muso, rottura delle ossa cervicali o tramite il gas, questi sono solo alcuni dei metodi più comuni negli allevamenti europei.
In natura
Ogni anno vengono uccisi milioni di animali selvaggi, solo per il valore della loro pelle.
La maggior parte, quasi 30 milioni, viene uccisa con le tagliole.
Un terzo di essi va perduto perché a forza di morsi si staccano la zampa, il piede o le dita.
Insieme a questi animali vengono intrappolati anche animali domestici, come cani e gatti, capitati inconsapevolmente nella trappola.
Nello stomaco delle volpi artiche catturate spesso vengono trovate parti del loro stesso corpo: frammenti di denti rotti nella lotta con la tagliola e talvolta parti di piedi maciullati, pezzi di pelliccia, brandelli di pelle, schegge di ossa.
Gli animali da pelliccia presi in trappola sono circa 12 milioni.
Ma questa è solo una parte della tragedia.
Per ogni due di loro ne rimangono intrappolati altri tre inutili ai fini della pelliccia, senza valore commerciale.
Tutte le specie animali vengono catturate, quelli che hanno un valore e quelli che non valgono niente, i predatori e gli animali domestici, quelli ancora immaturi e le femmine gravide: la trappola non fa distinzioni.
Inserti in pelliccia
Anche colli, polsini o altri inserti di pelliccia provengono da animali barbaramente uccisi per il loro pelo.
Le giacche col cappuccio in pelliccia, che tanto vanno di moda in questi anni, con ogni probabilità sono state prodotte con il sangue di innocenti uccisi.
Quei polsini che adornano troppo spesso i capi d’abbigliamento erano certamente di un animale.
Le etichette che descrivono la derivazione dei capi d’abbigliamento spesso non sono veritiere, nel dubbio non comperare un prodotto se non puoi essere certo che non sia stato fabbricato ammazzando animali. Loro non sono decorazioni per giubbotti, borse o scarpe, ma sono esseri senzienti non umani e come tali hanno diritto alla vita.
Non essere complice di questo sterminio, vestiti senza crudeltà.
Per fare una pelliccia ci vogliono molti più animali di quanti possiate immaginare.
Per una pelliccia di un metro occorrono a seconda del tipo: 16 coyote, 18 linci, 60 visoni, 45 opossum, 20 lontre, 42 volpi, 40 procioni, 50 zibellini, 8 foche, 50 topi muschiati o 15 castori.
Ma lista non finisce qui, si potrebbe continuare.
Milioni di animali che ogni anno ed in ogni parte del mondo vengono allevati ed uccisi per diventare capi d’abbigliamento.
Pellicce intere ma non solo, anche colli, polsini e vari inserti qua e là cuciti. Una sofferenza inaudita evitabile.
Negli allevamenti
Gabbie troppo piccole, freddo, condizioni igienico sanitarie inesistenti, stress da detenzione, paura, violenza, sofferenza: sono questi i principali elementi che caratterizzano la vita di milioni di animali, come volpi, ermellini, visoni, cincillà, conigli e tanti altri animali, allevati e fatti riprodurre con il solo scopo di ricavarne pellicce. Vittime sacrificali che hanno la sola colpa di avere un pelo folto, lucente e purtroppo ricercato dall’industria della moda.
Perché sono proprio gli stilisti il principale motore di questo continuo e assurdo massacro.
E l’uccisione, alla fine di una vita di sofferenze, avviene tramite metodi il cui unico scopo e’ quello di non rovinare la “preziosa” pelliccia: elettrocuzione anale, colpo contundente al muso, rottura delle ossa cervicali o tramite il gas, questi sono solo alcuni dei metodi più comuni negli allevamenti europei.
In natura
Ogni anno vengono uccisi milioni di animali selvaggi, solo per il valore della loro pelle.
La maggior parte, quasi 30 milioni, viene uccisa con le tagliole.
Un terzo di essi va perduto perché a forza di morsi si staccano la zampa, il piede o le dita.
Insieme a questi animali vengono intrappolati anche animali domestici, come cani e gatti, capitati inconsapevolmente nella trappola.
Nello stomaco delle volpi artiche catturate spesso vengono trovate parti del loro stesso corpo: frammenti di denti rotti nella lotta con la tagliola e talvolta parti di piedi maciullati, pezzi di pelliccia, brandelli di pelle, schegge di ossa.
Gli animali da pelliccia presi in trappola sono circa 12 milioni.
Ma questa è solo una parte della tragedia.
Per ogni due di loro ne rimangono intrappolati altri tre inutili ai fini della pelliccia, senza valore commerciale.
Tutte le specie animali vengono catturate, quelli che hanno un valore e quelli che non valgono niente, i predatori e gli animali domestici, quelli ancora immaturi e le femmine gravide: la trappola non fa distinzioni.
Inserti in pelliccia
Anche colli, polsini o altri inserti di pelliccia provengono da animali barbaramente uccisi per il loro pelo.
Le giacche col cappuccio in pelliccia, che tanto vanno di moda in questi anni, con ogni probabilità sono state prodotte con il sangue di innocenti uccisi.
Quei polsini che adornano troppo spesso i capi d’abbigliamento erano certamente di un animale.
Le etichette che descrivono la derivazione dei capi d’abbigliamento spesso non sono veritiere, nel dubbio non comperare un prodotto se non puoi essere certo che non sia stato fabbricato ammazzando animali. Loro non sono decorazioni per giubbotti, borse o scarpe, ma sono esseri senzienti non umani e come tali hanno diritto alla vita.
Non essere complice di questo sterminio, vestiti senza crudeltà.
Trompe-l'oeil dal francese per "ingannare l'occhio
E ' una tecnica di arte che coinvolge immagini realistiche, al fine di creare l' illusione ottica che gli oggetti raffigurati esistono in tre dimensioni.
L'uso del trompe-l'œil è stato (ed è) spesso impiegato in murales .
In epoca greca e romana questi dipinti sono noti, ad esempio in Pompei .
Un tipico murale trompe-l'œil può rappresentare una finestra, una porta o corridoio, lo scopo di suggerire una stanza più grande.
Zeusi (nato intorno al 464 aC)fece un dipinto di natura morta così convincente, che gli uccelli volarono giù dal cielo a beccare l'uva dipinta.
Nel Rinascimento , pittori italiani del tardo Quattrocento , come Andrea Mantegna (1431-1506) e di Melozzo da Forlì (1438-1494), iniziarono a dipingere sui soffitti con questo metodo illusionistico , per dare l'impressione di maggiore spazio. Questo applicato alle pitture del soffitto è conosciuta come di sotto in su , che significa "dal basso verso l'alto"
Esempi più noti sono la Camera degli Sposi di Mantova e di Antonio da Correggio (1489-1534) Assunzione della Vergine nel Duomo di Parma .
In un seminario del 1964, lo psicoanalista e teorico Jacques Lacan (1901-1981) ha osservato un aspetto interessante della cognizione umana.
Mentre gli animali sono attratti da apparenze superficiali, gli esseri umani sono attratti dall'idea di ciò che è nascosto.
A questa tecnica pittorica fanno capo anche i cosi detti artisti di strada con delle opere di straordinario impatto visivo
Lo spreco della vita
"Lo spreco della vita si trova nell’amore che non si è saputo dare, nel potere che non si è saputo utilizzare, nell’egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto
mancare la felicità."
-O. Wilde-
Tributo al Pianeta Terra
Il nostro pianeta:
- la bellezza dei suoi paesaggi.
- le migrazioni e le diversità degli animali.
- la meraviglia delle stagioni.
- lo splendore delle piante.
Ho cercato di concentrare tutto questo in un unico filmato con 3 momenti particolari dedicati principalmente a: - I Paesaggi - Gli Animali - Le Piante.
Immagini prese dal Film: "Earth - La nostra Terra"
Musica utilizzata: Steve Jablonsky - My Name Is Lincoln Sigur Ros - Hoppipolla Jo blankenburg - Planet earth forever
Ho cercato di concentrare tutto questo in un unico filmato con 3 momenti particolari dedicati principalmente a: - I Paesaggi - Gli Animali - Le Piante.
Immagini prese dal Film: "Earth - La nostra Terra"
Musica utilizzata: Steve Jablonsky - My Name Is Lincoln Sigur Ros - Hoppipolla Jo blankenburg - Planet earth forever
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