Un antico ponte in pietra sul fiume Moldava, chiamato a collegare la Città Vecchia al quartiere di Malá Strana: è il Ponte Carlo, nel cuore di Praga. Ed è luogo di leggende.
Simbolo della città, è calcato ogni giorno da centinaia di persone. Lungo i suoi 515 metri, qui artisti di strada si esibiscono al fianco di musicisti e venditori di souvenir, mentre turisti e cittadini camminano l’uno al fianco dell’altro.
Voluto dal Re di Boemia e Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo IV, fu progettato dall’architetto Petr Parléř, già firma della Cattedrale di San Vito e del Castello di Praga.
Costruito tra il 1357 e il 1402 (ma le 30 statue barocche di santi che scandiscono i suoi lati iniziarono ad essere posizionate qui a partire dal XVIII secolo), il Ponte Carlo è in realtà molto celebre soprattutto per le leggende di cui è oggetto.
La leggenda più affascinante, anche se a tratti un po’ macabra, ha per oggetto la statua di San Giovanni Nepomuceno.
Si racconta che il re Venceslao IV, contrariato dal fatto che San Giovanni, allora prete di corte, si fosse rifiutato di riferirgli quanto detto in una conversazione con la regina, lo punì tagliandogli la lingua e uccidendolo.
I suoi resti sarebbero stati gettati dal Ponte Carlo e, nel punto in cui caddero, avrebbero fatto brillare cinque stelle nell’acqua.
Quelle stesse cinque stelle che oggi sono il simbolo del Santo.
La statua di San Giovanni Nepomuceno si trova oggi nel punto esatto da cui il corpo sarebbe stato gettato: si ritiene che, accarezzare la sua croce, porti fortuna. Ecco perché, spesso, di fronte alla statua si assiste ad una lunga fila!
Ma non è questa l’unica leggenda che ha per oggetto il Ponte Carlo. Carlo IV, quando ne ordinò la costruzione, chiese a tutti gli abitanti dei villaggi lì vicini di inviare quanti più albumi riuscissero a recuperare, affinché potessero essere impastati con la malta per tener saldi i pilastri.
Si racconta che, gli abitanti di Velvary, per la paura che i gusci si rompessero durante il viaggio, decisero di inviare… uova sode! Verità oppure no, secondo la leggenda per molto tempo tutto quanto si costruiva di giorno crollava poi durante la notte.
A questo punto, l’architetto decise di fare un patto con il diavolo: se lo avesse aiutato nella costruzione, Satana avrebbe potuto rubare l’anima alla prima persona che avrebbe attraversato il ponte durante la notte.
Pensando di ingannarlo, l’architetto liberò – all’imbrunire – un gallo sul ponte: ma il diavolo si accorse di tutto, e rubò l’anima di sua moglie dopo averla fatta giungere sul ponte per soccorrere il marito fintemente ferito.
Infine, il Ponte Carlo pare essere legato a doppio filo ai Vodink, i folletti che secondo gli abitanti del luogo vivrebbero nelle acque della Moldava.
Si racconta che trascinino le persone cadute nel fiume nelle loro grandi pentole per “conservarle”, ma c’è un fatto – curioso e crudele – di cui si dice siano stati protagonisti.
Arrabbiato col proprietario di un carretto per aver sporcato le acque del fiume, un Vodink avrebbe atteso l’uomo in prossimità del ponte, mentre i cavalli si abbeveravano, per trascinarlo nella Moldava e imprigionare per sempre la sua anima nella sua pentola.
Se di giorno il Ponte Carlo è tutto un brulicare di vita, di notte – in effetti – qualche brivido lo regala.
Sembra che le statue si muovano, che parlino, che si mettano comode.
E c’è chi sostiene che, quando sull’isola di Kampa (isola sita nel cuore della Moldava, nel centro di Praga) nasce un bambino, si animino per festeggiarlo. E per promettergli protezione.
Fonte: siviaggia.it