venerdì 1 marzo 2013
Il corallo e la sua guardia del corpo
Quando è minacciata da un'alga tossica infestante, una specie di corallo rilascia nell'ambiente una sostanza in grado di allertare alcune specie di pesci che trovano abitualmente rifugio negli anfratti corallini.
Grazie a questa segnalazione chimica, i pesci accorrono rapidamente e rimuovono l'alga anche se non se ne nutrono. Ma lo fanno solo se il segnale d'allarme è lanciato dal "loro" corallo e non da coralli di altre specie.
Quando i coralli sono minacciati chiedono aiuto a un pesce, che prontamente accorre in loro difesa. Lo ha dimostrato una ricerca condotta da due biologi del Georgia Institute of Technology, Danielle L. Dixson e Mark E. Hay.
La ricerca è stata effettuata nell'ambito di un studio a lungo termine che ha come obiettivo la comprensione di questi ecosistemi minacciati, nel tentativo di chiarire i rapporti con le altre specie animali e vegetali che abitano le barriere coralline. Da tempo è nota l'importanza di alcune specie di pesci per il benessere dei coralli, e in particolare di diversi gobidi, più noti come ghiozzi, che trascorrono la loro esistenza negli anfratti corallini, ricevendo protezione dai predatori e contribuendo a eliminare potenziali minacce ai coralli.
Nello specifico, i ricercatori hanno potuto determinare i rapporti fra i coralli appartenenti alla specie Acropora nasuta, importante per gli ecosistemi delle barriere perché cresce rapidamente e fornisce gran parte della loro struttura, e due specie di gobidi, Gobiodon histrio e Paragobiodon enchinocephalus, allestendo una serie di esperimenti per osservare modi e tempi dell'intervento di queste specie ittiche quando il corallo è sottoposto a una minaccia.
A questo scopo hanno deposto sul corallo diversi filamenti di Chlorodesmis fastigiata, un'alga infestante che sempre più spesso si osserva nelle formazioni coralline, su cui ha una spiccata azione tossica.
Gli autori dell'esperimento hanno scoperto che pochi minuti dopo il contatto fra corallo e alga, sul posto arrivavano esemplari delle due specie di ghiozzi che iniziavano a rimuovere l'alga: G histrio la mangia, mentre P. enchinocephalus si limita a tranciare l'ancoraggio del filamento al corallo in modo che venga allontanata dal movimento delle acque.
Nel giro di tre giorni la quantità di alghe dannose è diminuita del 30% e i danni al corallo dal 70 all'80%.
"Tutto ciò avviene molto rapidamente, il che significa che deve essere molto importante sia per il corallo e il pesce", ha osservato Hay, che spiega che il pesce non si interessa invece dell'alga quando c'è ma non è in contatto con il corallo.
Questo comportamento ha indotto i ricercatori a ipotizzare che l'intervento fosse dovuto al rilascio da parte del corallo di una sostanza chimica.
Per verificare questa ipotesi, gli scienziati hanno esposto i pesci ad acqua raccolta in prossimità di altre specie di corallo messe a contatto con l'alga tossica, constatando che in questo caso non si osserva alcuna reazione, a indicare che quei pesci erano interessati a proteggere unicamente il tipo di coralli che li ospitava.
Successivamente Hay e Dixson sono riusciti a isolare il messaggero chimico rilasciato dal corallo, e hanno ottenuto la controprova inducendo i pesci a “salvare” un reticolo di nylon su cui erano stati posti filamenti di Chlorodesmis fastigiata, non appena nell'acqua circostante veniva introdotta quella sostanza.
Fonte:scientiantiquitatis.
Fonte:scientiantiquitatis.
Video Giochi-TV e psiche del bambino
«VIDEOGIOCHI VIOLENTI:
Non basta che il sistema scolastico sforni giovani semi-analfabeti, in cui per di più ha ammazzato ogni curiosità culturale ed ogni voglia di imparare, e in cui fermenta il bullismo griffato. Non basta una pubblicità indecente onnipresente, che "sessualizza" i bambini dall'età di sette anni, e li incita ad obbedire ai loro primi impulsi.
Non basta il clima generale che glorifica la "trasgressione", il facilismo e l'edonismo più dozzinale.
Non basta che queste "agenzie educative", spettacolo, pubblicità e tv, potenti quanto irresponsabili, promuovano modelli nefasti che vengono adottati da ragazzi indifesi.
Parte importante di questo sistema diseducativo
sono anche i videogiochi violenti...
I videogiochi fanno male ai bambini, li rendono violenti.
Quante volte avrete sentito questo avviso.
Ma non è una frase fatta. A confermare questo pensiero è una ricerca americana della University of Missouri condotta da Bruce Bartholow, che illustra come l’utilizzo frequente di videogiochi violenti porterebbe ad una desensibilizzazione del cervello nei confronti di immagini e scene sanguinarie, con il rischio di attirare i giovani verso atteggiamenti aggressivi. L’esperimento è stato condotto su 70 ragazzi a cui è stato chiesto di giocare per 25 minuti con dei videogames, alcuni dei quali violenti.
Dopo sono state mostrate loro delle foto, alcune neutre, altre più crude, mentre venivano registrate le risposte del loro cervello alla vista delle immagini.
Chi aveva utilizzato giochi violenti si è mostrato più indifferente verso le foto cruente.
In una seconda fase di studio i giovani si sono sottoposti ad un gioco di simulazione di esplosioni, in cui era possibile decidere l’intensità dello scoppio.
Anche in questo caso i fragori più energici sono partiti da coloro che avevano osservato più violenza.
Il coordinatore della ricerca, Bruce Bartholow ritiene che “questi videogiochi influenzano e incoraggiano la partecipazione attiva alla violenza più di qualsiasi altro mezzo.
Molti dei giochi in commercio sono anche strumenti didattici, purtroppo nei più popolari a primeggiare è la violenza”.
La TV come modello non è da meno. Scene sempre più cruente ad ogni ora del giorno ammazzamenti,guerra,scene erotiche a volte esplicite.
I bambini sono portati ad imitare non bisogna mai scordarlo
Non basta il clima generale che glorifica la "trasgressione", il facilismo e l'edonismo più dozzinale.
Non basta che queste "agenzie educative", spettacolo, pubblicità e tv, potenti quanto irresponsabili, promuovano modelli nefasti che vengono adottati da ragazzi indifesi.
Parte importante di questo sistema diseducativo
sono anche i videogiochi violenti...
I videogiochi fanno male ai bambini, li rendono violenti.
Quante volte avrete sentito questo avviso.
Ma non è una frase fatta. A confermare questo pensiero è una ricerca americana della University of Missouri condotta da Bruce Bartholow, che illustra come l’utilizzo frequente di videogiochi violenti porterebbe ad una desensibilizzazione del cervello nei confronti di immagini e scene sanguinarie, con il rischio di attirare i giovani verso atteggiamenti aggressivi. L’esperimento è stato condotto su 70 ragazzi a cui è stato chiesto di giocare per 25 minuti con dei videogames, alcuni dei quali violenti.
Dopo sono state mostrate loro delle foto, alcune neutre, altre più crude, mentre venivano registrate le risposte del loro cervello alla vista delle immagini.
Chi aveva utilizzato giochi violenti si è mostrato più indifferente verso le foto cruente.
In una seconda fase di studio i giovani si sono sottoposti ad un gioco di simulazione di esplosioni, in cui era possibile decidere l’intensità dello scoppio.
Anche in questo caso i fragori più energici sono partiti da coloro che avevano osservato più violenza.
Il coordinatore della ricerca, Bruce Bartholow ritiene che “questi videogiochi influenzano e incoraggiano la partecipazione attiva alla violenza più di qualsiasi altro mezzo.
Molti dei giochi in commercio sono anche strumenti didattici, purtroppo nei più popolari a primeggiare è la violenza”.
La TV come modello non è da meno. Scene sempre più cruente ad ogni ora del giorno ammazzamenti,guerra,scene erotiche a volte esplicite.
I bambini sono portati ad imitare non bisogna mai scordarlo
Storiella Zen
“Se qualcuno vi si avvicina con un dono e voi non lo accettate, a chi appartiene il dono?”, domandò il samurai. “A chi ha tentato di regalarlo”, rispose uno dei discepoli.
“Lo stesso vale per l’invidia, la rabbia e gli insulti”, disse il maestro: “Quando non sono accettati, continuano ad appartenere a chi li portava con sé”
Le pitture della Grotta Chauvet sono le più antiche mai conosciute
Le pitture parietali della Grotta di Chauvet, scoperte nel sud-est della Francia nel 1994, risultano essere le più antiche conosciute al giorno d'oggi nel mondo, secondo quanto risulta da dei nuovi studi di alcuni ricercatori francesi, pubblicati negli Stati Uniti, che le datano a circa 32.000 anni fa .
La ricerca, condotta da Benjamin Sadier del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS) e apparso negli Annali dell'Accademia Nazionale americana delle Scienze (PNAS), ha permesso di portare avanti analisi geomorfologiche sulle rocce dell'ingresso del sito e una datazione al Cloro-36. La prima tecnica permette di spiegare i differenti rilievi terrestri e la lori genesi e la seconda dona una stima del tempo trascorso dopo che una roccia è stata esposta per la prima volta all'atmosfera. In passato alcune misure al radiocarbonio avevano già permesso di dire che queste pitture avrebbero dovuto essere realizzate circa 31.000 anni fa, nel periodo denominato Aurignaziano. Ma la loro età era stata contesta da alcuni archeologi i quali stimavano che le pitture fossero l'opera di una cultura più recente, quella dei Magdaleniani (17.000 - 12.000 anni fa) . Questi studiosi sottolineavano delle similarità tra le tecniche di pittura della grotta di Chauvet e quelle dei Magdaleniani. Benjamin Sadier, spiega che, sulla base delle analisi geomorfologiche e della datazione al Cloro-36 la roccia che situata al di sotto dell'ingresso al sito è crollata diverse volte di cui una prima volta 29.000 anni fa e un'ultima 21.000 anni fa. Secondo gli autori dello studio le pitture risalgono molto probabilmente a più di 21.00 anni fa, poiché l'ostruzione dell'ingresso è causata da alcuni massi risalenti a quella data. Inoltre, le precedenti datazioni delle rocce (sulle quali erano state fatte queste pitture), del carbone e delle ossa di animali, che si trovavano all'interno della grotta, lasciano immaginare che i disegni datino 30.000 - 32.000 anni fa. Le pitture del Grotta di Chauvet risultano quindi essere le più antiche ed elaborate mai conosciute fino ad oggi. "Prima eravamo abbastanza sicuri, ora lo siamo" ha dichiarato Sadier, "è un esempio per capire come nella ricerca storica i mezzi geologici siano di aiuto a quelli archeologici".
La ricerca, condotta da Benjamin Sadier del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS) e apparso negli Annali dell'Accademia Nazionale americana delle Scienze (PNAS), ha permesso di portare avanti analisi geomorfologiche sulle rocce dell'ingresso del sito e una datazione al Cloro-36. La prima tecnica permette di spiegare i differenti rilievi terrestri e la lori genesi e la seconda dona una stima del tempo trascorso dopo che una roccia è stata esposta per la prima volta all'atmosfera. In passato alcune misure al radiocarbonio avevano già permesso di dire che queste pitture avrebbero dovuto essere realizzate circa 31.000 anni fa, nel periodo denominato Aurignaziano. Ma la loro età era stata contesta da alcuni archeologi i quali stimavano che le pitture fossero l'opera di una cultura più recente, quella dei Magdaleniani (17.000 - 12.000 anni fa) . Questi studiosi sottolineavano delle similarità tra le tecniche di pittura della grotta di Chauvet e quelle dei Magdaleniani. Benjamin Sadier, spiega che, sulla base delle analisi geomorfologiche e della datazione al Cloro-36 la roccia che situata al di sotto dell'ingresso al sito è crollata diverse volte di cui una prima volta 29.000 anni fa e un'ultima 21.000 anni fa. Secondo gli autori dello studio le pitture risalgono molto probabilmente a più di 21.00 anni fa, poiché l'ostruzione dell'ingresso è causata da alcuni massi risalenti a quella data. Inoltre, le precedenti datazioni delle rocce (sulle quali erano state fatte queste pitture), del carbone e delle ossa di animali, che si trovavano all'interno della grotta, lasciano immaginare che i disegni datino 30.000 - 32.000 anni fa. Le pitture del Grotta di Chauvet risultano quindi essere le più antiche ed elaborate mai conosciute fino ad oggi. "Prima eravamo abbastanza sicuri, ora lo siamo" ha dichiarato Sadier, "è un esempio per capire come nella ricerca storica i mezzi geologici siano di aiuto a quelli archeologici".
alimentazione vegetariana
«VEGETARISMO: L'IMPORTANZA DI UNA ALIMENTAZIONE SALUTARE»
Sempre più scoperte scientifiche dimostrano che la scelta alimentare vegetariana ha effetti positivi in termini di prevenzione delle malattie più gravi al mondo, come i disturbi cardiovascolari o le malattie tumorali.
Secondo il prestigioso British Medical Journal, i vegetariani hanno il 45% di probabilità in meno di contrarre un cancro del sangue e il 12% in meno di contrarre un qualsiasi altro tumore, rispetto coloro che mangiano carne.
Per il National Cancer Institute, il rischio di contrarre tumore all’esofago, colon, fegato e polmone aumenta fino al 60% nei grandi consumatori di carne.
Sempre più scoperte scientifiche dimostrano che la scelta alimentare vegetariana ha effetti positivi in termini di prevenzione delle malattie più gravi al mondo, come i disturbi cardiovascolari o le malattie tumorali.
Secondo il prestigioso British Medical Journal, i vegetariani hanno il 45% di probabilità in meno di contrarre un cancro del sangue e il 12% in meno di contrarre un qualsiasi altro tumore, rispetto coloro che mangiano carne.
Per il National Cancer Institute, il rischio di contrarre tumore all’esofago, colon, fegato e polmone aumenta fino al 60% nei grandi consumatori di carne.
Il signoraggio ha radici antiche
L'inizio della monetazione medievale viene fatta risalire al 774 con l'avvento di Carlo Magno
L'abitudine di conservare i propri risparmi in un luogo sicuro e di ricorrere ad altri per chiedere prestiti, in condizioni di necessita, ha origini molto antiche. La civiltà assiro-babilonese e', secondo gli storici, la prima ad istituire dei depositi di valori e di merci appartenenti allo Stato e, presso tali depositi, il privato lascia le merci o il denaro proprio; accade talvolta che lo stesso privato possa ottenere prestiti. Anche i Greci, come i Babilonesi, accumulano i loro tesori in luoghi sacri alle divinità come recinti o templi.
Nell'Europa medioevale il bene di scambio più prezioso e' costituito dalle monete d'oro e da porzioni del metallo nobile allo stato grezzo o lavorato; ogni cittadino può chiedere al suo sovrano di coniargli monete con i lingotti d'oro e d'argento che egli porta alla zecca.
Il sovrano, ponendo la sua effigie sulla moneta, ne garantisce il valore, dato dalla quantità e dalla purezza del metallo in essa contenuto. In cambio di questa garanzia trattiene per se' una certa quantità di metallo: l'esercizio di questo potere sovrano prende il nome di ''signoraggio'' Lo smercio e la custodia dell'oro, presentano enormi difficoltà pratiche a causa del suo considerevole peso specifico e della costante minaccia dei briganti. Questa situazione spinge la maggior parte delle persone benestanti a depositare le proprie monete presso gli orafi, spesso di origine ebraica, poichè ai cristiani erano vietati i prestiti contro interesse. Gli orafi, a loro volta, emettono delle comode ricevute cartacee a garanzia del deposito effettuato che possono essere negoziate dal titolare al posto delle ingombranti monete che rappresentano. Si tratta quindi del modo più comodo, rapido e sicuro per disporre dei propri soldi.
Tali promesse di pagamento, vengono poi utilizzate anche quando i clienti si rivolgono a questi liberi professionisti solo per ottenere un prestito in denaro. Nel momento in cui gli orafi medioevali si accorgono che solo una bassissima percentuale di creditori torna a riscattare materialmente il valore dei propri titoli cartacei, cominciano a vendere contro interesse note di credito non garantite da nessun patrimonio effettivamente posseduto. Nasce cosi' il concetto di riserva frazionaria, conosciuta anche come quota minima di copertura, tramite il quale gli orafi riescono a lucrare prestando denaro creato dal nulla. Con questo sistema, essi possono prestare impunemente il denaro molte volte in più di quanto avrebbero potuto effettivamente.
Nei rari casi in cui si trovano a dover restituire più oro di quanto ne hanno nei forzieri, sono sostenuti dagli altri orafi che, in questo modo, riescono a garantire una lucrosa efficienza del sistema.
La prima conseguenza dell'uso della tecnica della riserva frazionaria, e' la messa in circolazione di molto denaro in forma cartacea che non rispecchia affatto l'effettiva riserva aurifera disponibile.
Ad un tasso di interesse del 20 per cento, lo stesso oro prestato cinque volte produce un rendimento del 100 per cento ogni anno, su oro che gli orafi in realtà non possiedono.
Mentre gli orafi creditori prestano denaro creato dal nulla, i loro debitori sono chiamati a pagare interessi e debiti che divengono reali per vincoli di legge;
alla fine accade che, gli orafi, risultino creditori di somme ben maggiori di quelle di cui poteva effettivamente disporre l'intera cittadina.
Una situazione che vede spesso i cittadini ricorrere sempre a nuovi prestiti di carta moneta per coprire i propri investimenti, innescando il dirottamento della ricchezze della città all'interno dei forzieri degli orafi.
Il popolo si copre così gradualmente di debiti. Gli storici attribuiscono generalmente l'evoluzione e lo sviluppo delle istituzioni economiche dell'Europa occidentale agli orafi ebrei, definiti veri e propri usurai, ed alle grandi Case e consorzi commerciali italiani.
In realtà, tuttavia, gli orafi ebrei hanno un ruolo secondario in confronto a quello del Tempio; ed il Tempio non solo precorre le Case italiane, ma istituisce il meccanismo e le procedure che quelle Case devono poi emulare ed adottare.
Le origini del sistema bancario moderno possono essere attribuite all'Ordine del Tempio.
Al culmine del loro potere, i Templari gestiscono gran parte, se non tutto il capitale disponibile nell'Europa occidentale. Sono i primi ad introdurre il concetto delle facilitazioni di credito, nonchè della concessione di fondi per lo sviluppo e l'espansione commerciale, svolgendo, di fatto, praticamente tutte le funzioni di una banca d'affari del XX secolo.
L'abitudine di conservare i propri risparmi in un luogo sicuro e di ricorrere ad altri per chiedere prestiti, in condizioni di necessita, ha origini molto antiche. La civiltà assiro-babilonese e', secondo gli storici, la prima ad istituire dei depositi di valori e di merci appartenenti allo Stato e, presso tali depositi, il privato lascia le merci o il denaro proprio; accade talvolta che lo stesso privato possa ottenere prestiti. Anche i Greci, come i Babilonesi, accumulano i loro tesori in luoghi sacri alle divinità come recinti o templi.
Nell'Europa medioevale il bene di scambio più prezioso e' costituito dalle monete d'oro e da porzioni del metallo nobile allo stato grezzo o lavorato; ogni cittadino può chiedere al suo sovrano di coniargli monete con i lingotti d'oro e d'argento che egli porta alla zecca.
Il sovrano, ponendo la sua effigie sulla moneta, ne garantisce il valore, dato dalla quantità e dalla purezza del metallo in essa contenuto. In cambio di questa garanzia trattiene per se' una certa quantità di metallo: l'esercizio di questo potere sovrano prende il nome di ''signoraggio'' Lo smercio e la custodia dell'oro, presentano enormi difficoltà pratiche a causa del suo considerevole peso specifico e della costante minaccia dei briganti. Questa situazione spinge la maggior parte delle persone benestanti a depositare le proprie monete presso gli orafi, spesso di origine ebraica, poichè ai cristiani erano vietati i prestiti contro interesse. Gli orafi, a loro volta, emettono delle comode ricevute cartacee a garanzia del deposito effettuato che possono essere negoziate dal titolare al posto delle ingombranti monete che rappresentano. Si tratta quindi del modo più comodo, rapido e sicuro per disporre dei propri soldi.
Tali promesse di pagamento, vengono poi utilizzate anche quando i clienti si rivolgono a questi liberi professionisti solo per ottenere un prestito in denaro. Nel momento in cui gli orafi medioevali si accorgono che solo una bassissima percentuale di creditori torna a riscattare materialmente il valore dei propri titoli cartacei, cominciano a vendere contro interesse note di credito non garantite da nessun patrimonio effettivamente posseduto. Nasce cosi' il concetto di riserva frazionaria, conosciuta anche come quota minima di copertura, tramite il quale gli orafi riescono a lucrare prestando denaro creato dal nulla. Con questo sistema, essi possono prestare impunemente il denaro molte volte in più di quanto avrebbero potuto effettivamente.
Nei rari casi in cui si trovano a dover restituire più oro di quanto ne hanno nei forzieri, sono sostenuti dagli altri orafi che, in questo modo, riescono a garantire una lucrosa efficienza del sistema.
La prima conseguenza dell'uso della tecnica della riserva frazionaria, e' la messa in circolazione di molto denaro in forma cartacea che non rispecchia affatto l'effettiva riserva aurifera disponibile.
Ad un tasso di interesse del 20 per cento, lo stesso oro prestato cinque volte produce un rendimento del 100 per cento ogni anno, su oro che gli orafi in realtà non possiedono.
Mentre gli orafi creditori prestano denaro creato dal nulla, i loro debitori sono chiamati a pagare interessi e debiti che divengono reali per vincoli di legge;
alla fine accade che, gli orafi, risultino creditori di somme ben maggiori di quelle di cui poteva effettivamente disporre l'intera cittadina.
Una situazione che vede spesso i cittadini ricorrere sempre a nuovi prestiti di carta moneta per coprire i propri investimenti, innescando il dirottamento della ricchezze della città all'interno dei forzieri degli orafi.
Il popolo si copre così gradualmente di debiti. Gli storici attribuiscono generalmente l'evoluzione e lo sviluppo delle istituzioni economiche dell'Europa occidentale agli orafi ebrei, definiti veri e propri usurai, ed alle grandi Case e consorzi commerciali italiani.
In realtà, tuttavia, gli orafi ebrei hanno un ruolo secondario in confronto a quello del Tempio; ed il Tempio non solo precorre le Case italiane, ma istituisce il meccanismo e le procedure che quelle Case devono poi emulare ed adottare.
Le origini del sistema bancario moderno possono essere attribuite all'Ordine del Tempio.
Al culmine del loro potere, i Templari gestiscono gran parte, se non tutto il capitale disponibile nell'Europa occidentale. Sono i primi ad introdurre il concetto delle facilitazioni di credito, nonchè della concessione di fondi per lo sviluppo e l'espansione commerciale, svolgendo, di fatto, praticamente tutte le funzioni di una banca d'affari del XX secolo.
L'indegnità di certi pseudo umani oltrepassa ogni limite
Si chiama Natalina.
A darle il nome sono stati i volontari dell’associazione Legalo al Cuore Onlus che l’hanno salvata.
Natalina è un cucciolo di segugio di circa 5 mesi ed è stata trovata nei pressi di una fermata dell’autobus ad Acquaviva delle Fonti, nel Barese.
Rinchiusa in una gabbia piccolissima, la stessa gabbia in cui è stata costretta a crescere prima di essere abbandonata.
“Venite subito alla fermata, c’è un cane strano”. Sono state queste le parole con cui alcuni studenti che stavano per prendere l’autobus che li avrebbe riportati a casa hanno allertato i volontari che si sono occupati del recupero di Natalina.
Un cane “strano”, Natalina, perché “accartocciato” su se stesso, costretto a stare in quella posizione dalla gabbietta in cui viveva, delle dimensioni simili a quella per i canarini.
“All’inizio non sapevamo neanche se poteva sopravvivere” ha raccontato a GeaPress Patrizia Buonadonna, presidente della Onlus.
“Poi grazie alle cure veterinarie ha iniziato a prendere una postura più regolare, ma quando tenta di sedersi è ancora una pena infinita”.
Il cucciolo è stato sottoposto a esame radiografico.
I veterinari hanno riscontrato lo schiacciamento di due vertebre e gravi malformazioni ossee.
Natalina si muove appoggiandosi sui polsi anteriori.
Nei mesi scorsi nella zona sono stati ritrovati altri segugi, ma nessuno era nelle condizioni fisiche di Natalina.
“Debbo pensare che nei pressi c’è qualcuno che alleva segugi” ha sottolineato Patrizia Buonadonna. “Quando non servono li butta via.
Non oso però immaginare cosa possa essere successo all’ultima arrivata”.
A darle il nome sono stati i volontari dell’associazione Legalo al Cuore Onlus che l’hanno salvata.
Natalina è un cucciolo di segugio di circa 5 mesi ed è stata trovata nei pressi di una fermata dell’autobus ad Acquaviva delle Fonti, nel Barese.
Rinchiusa in una gabbia piccolissima, la stessa gabbia in cui è stata costretta a crescere prima di essere abbandonata.
“Venite subito alla fermata, c’è un cane strano”. Sono state queste le parole con cui alcuni studenti che stavano per prendere l’autobus che li avrebbe riportati a casa hanno allertato i volontari che si sono occupati del recupero di Natalina.
Un cane “strano”, Natalina, perché “accartocciato” su se stesso, costretto a stare in quella posizione dalla gabbietta in cui viveva, delle dimensioni simili a quella per i canarini.
“All’inizio non sapevamo neanche se poteva sopravvivere” ha raccontato a GeaPress Patrizia Buonadonna, presidente della Onlus.
“Poi grazie alle cure veterinarie ha iniziato a prendere una postura più regolare, ma quando tenta di sedersi è ancora una pena infinita”.
Il cucciolo è stato sottoposto a esame radiografico.
I veterinari hanno riscontrato lo schiacciamento di due vertebre e gravi malformazioni ossee.
Natalina si muove appoggiandosi sui polsi anteriori.
Nei mesi scorsi nella zona sono stati ritrovati altri segugi, ma nessuno era nelle condizioni fisiche di Natalina.
“Debbo pensare che nei pressi c’è qualcuno che alleva segugi” ha sottolineato Patrizia Buonadonna. “Quando non servono li butta via.
Non oso però immaginare cosa possa essere successo all’ultima arrivata”.
Nigeria: case fatte con bottiglie di plastica vuote.
NEL VILLAGGIO NIGERIANO DI SABON YELVA vicino alla città di Kaduna, l’associazione non governativa DARE (Development Association for Renewable Energy), impegnata sul fronte dello sviluppo delle energie rinnovabili,
ha messo in atto un progetto di costruzione innovativo, che impiega le bottiglie di plastica. Annoso problema ecologico, le bottiglie sono fra i rifiuti più numerosi e non solo nel paese africano.Fortunatamente si sono rivelate un materiale per costruire dai molti vantaggi.
Si intravede la possibilità di risolvere il grave problema dell’inquinamento legato alle bottiglie lasciate nell’ambiente, che sappiamo non si degradano per migliaia di anni ed al contempo di rispondere alla necessità di abitazioni. I dati indicano infatti che la Nigeria produce giornalmente un quantitativo di rifiuti di circa 3 milioni di bottiglie di plastica e che il Paese necessita di circa 16 milioni di unità abitative. Ora fortunatamente ciò che è gettato da una persona può trasformarsi in materiale da costruzione per qualcun altro. L’idea di utilizzare bottiglie di plastica come materiale da costruzione è venuta anche al tedesco Andreas Froese, che, a capo della ditta Eco-tec, ha ideato più di cinquanta progetti in linea con l’ambiente in Sud America.
Ma vediamo da vicino il progetto e poi la realizzazione del prototipo che sta ultimando la DARE, in collaborazione con esperti londinesi dell’organizzazione Africa Community Trust. La casa sarà presa a modello per l’addestramento di operai specializzati e per la costruzione di altre case. Il metodo consiste nel riempire le bottiglie di sabbia e tapparle, così arrivano a pesare 3 chili l’una. Vengono poi legate fra loro con delle corde e poi impilate a strati, mischiate a fango e paglia per rinforzare la struttura. Una nota di colore è garantita dai tappi colorati sporgenti. Le bottiglie piene di sabbia risultano più stabili del calcestruzzo e resistenti a terremoti, incendi e persino colpi di proiettile. Il capo del progetto della DARE. Yahaya Ahmed, sostiene che la sabbia compattata all’interno di una bottiglia riesce a essere quasi 20 volte più forte dei mattoni. Inoltre la sabbia è anche un ottimo isolante termico, permettendo di mantenere una temperatura costante all’interno delle costruzioni intorno ai 18°, vantaggio piuttosto rilevante se si considera il clima estremamente caldo del paese.
QUESTO PRIMO PROGETTO ABITATIVO prevede la realizzazione di due camere da letto, una cucina, un bagno, una toilette ed un patio per una superficie complessiva di 58m2 e l’impiego di 14.000 bottiglie di plastica.Un edificio costruito in questo modo si presta a una durata estremamente lunga (una bottiglia di plastica impiega in media 450 anni per decomporsi), inoltre la sua realizzazione risulta molto meno costosa rispetto a quella effettuata con i metodi tradizionali. Inoltre l’esperimento della prima casa di bottiglie vuole essere a impatto zero ed alimentarsi con l’energia prodotta da pannelli solari e biogas. Le normali case africane indubbiamente non avranno tali comfort tecnologici ma potranno usufruire del nuovo metodo costruttivo che permette di riciclare le dannose bottiglie in PET che si trovano gettate ovunque. Si sta comunque lavorando anche ad un nuovo progetto, che riguarderà l’ampliamento della scuola elementare di Suleja, nei pressi della capitale Abuja, che prevede l’impiego di circa 200.000 bottiglie. Un piccolo contributo al pianeta per riciclare alcuni dei rifiuti più numerosi e difficili da smaltire!
QUESTO PRIMO PROGETTO ABITATIVO prevede la realizzazione di due camere da letto, una cucina, un bagno, una toilette ed un patio per una superficie complessiva di 58m2 e l’impiego di 14.000 bottiglie di plastica.Un edificio costruito in questo modo si presta a una durata estremamente lunga (una bottiglia di plastica impiega in media 450 anni per decomporsi), inoltre la sua realizzazione risulta molto meno costosa rispetto a quella effettuata con i metodi tradizionali. Inoltre l’esperimento della prima casa di bottiglie vuole essere a impatto zero ed alimentarsi con l’energia prodotta da pannelli solari e biogas. Le normali case africane indubbiamente non avranno tali comfort tecnologici ma potranno usufruire del nuovo metodo costruttivo che permette di riciclare le dannose bottiglie in PET che si trovano gettate ovunque. Si sta comunque lavorando anche ad un nuovo progetto, che riguarderà l’ampliamento della scuola elementare di Suleja, nei pressi della capitale Abuja, che prevede l’impiego di circa 200.000 bottiglie. Un piccolo contributo al pianeta per riciclare alcuni dei rifiuti più numerosi e difficili da smaltire!
Le esperienze della vita
Le esperienze della vita, se da un lato ci fortificano, dall’altro ci privano di quell’innocente freschezza tipica dei fanciulli. E ci dimentichiamo di quanto fosse bello il mondo quando lo guardavamo con i sensibili occhi dell’infanzia. Non avevamo molto, ma avevamo tutto ciò che oggi rincorriamo .
-Imma Brigante -
Compagni di merende
La Germania ordina: «Fate presto un Monti-bis»
Per bocca del suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, mercoledì il governo tedesco è tornato ad impicciarsi della politica interna italiana, commentando il risultato delle elezioni.
Il diktat: le forze politiche si affrettino a formare un governo stabile.
L’ordine è un Monti-bis o un governo Pd-Pdl guidato da un eurofanatico.
«Il risultato elettorale italiano ha disseminato i mercati di dubbi sulla formazione di un governo stabile.
Quando nascono questi dubbi c’è pericolo di contagio – ha spiegato all’agenzia Reuters
Lo abbiamo visto un anno fa, quando le elezioni in Grecia hanno determinato insicurezza politica.
Altri paesi sono stati infettati».
Il diktat: le forze politiche si affrettino a formare un governo stabile.
L’ordine è un Monti-bis o un governo Pd-Pdl guidato da un eurofanatico.
«Il risultato elettorale italiano ha disseminato i mercati di dubbi sulla formazione di un governo stabile.
Quando nascono questi dubbi c’è pericolo di contagio – ha spiegato all’agenzia Reuters
Lo abbiamo visto un anno fa, quando le elezioni in Grecia hanno determinato insicurezza politica.
Altri paesi sono stati infettati».
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