mercoledì 1 aprile 2015
Nel cuore di Roma tornano alla luce altri 80 metri di mura aureliane
Fatte costruire dall’imperatore Aureliano per difendere la città di Roma dalle incursioni barbare, sono ancora in parte ben visibili. Quello che ha sorpreso gli archeologi è la riscoperta di un tratto di cinta muraria che si considerava perduto per via della posizione centrale, a pochi passi dalla Basilica di San Giovanni, cattedrale di Roma.
Non solo mura, anche due torri, feritoie per arcieri e pitture medievali.
Sì, perché come spesso accadde nelle antiche città romane, i monumenti finirono per integrarsi con le nuove costruzioni, oppure come nel caso del Colosseo, i materiali depredati per costruire nuovi edifici.
Emerge infatti un complesso sistema idraulico del seicento, oltre alle migliorie apportate in seguito all’invenzione della polvere da sparo.
Dal lato esterno le mura sono state modificate per renderle più resistenti, opera realizzata sempre nel 1600, mentre nel lato interno sono ancora ben visibili i tratti romanici.
La sepoltura del luogo ha inoltre permesso alle mura di conservarsi più facilmente, senza subire il degrado dovuto allo smog e agli agenti atmosferici.
Ma perché questo tratto delle mura è rimasto sepolto?
A differenza di altri tratti, la zona fu interessata dai lavori per la ricostruzione della facciata della basilica, e la zona venne pesantemente modificata; per questo infatti le mura si trovano diversi metri sotto il livello di camminamento.
Ora che sono state riscoperte dovranno essere apportate delle modifiche ai lavori della metropolitana C, un’infrastruttura in corso di costruzione e il cui tracciato si interseca per forza di cose con i resti dell’antica Roma.
Il sogno della sopraintendenza è quello di poter costruire in futuro, fondi permettendo, un’ampia zona visitabile che si colleghi con le altre zone d’interesse archeologico adiacenti.
Stefano Borroni
Il meraviglioso Pharomachrus mocinno (Quetzal splendente)
Questo splendido uccello abita nell’America Centrale, in particolare dal Messico meridionale a Panama occidentale.
Sicuramente ciò che più colpisce del quetzal è il colore del piumaggio.
Il dorso appare verde con sfumature blu e nere e con evidenti riflessi metallici.
Il petto è vivacemente colorato di rosso e contrasta con le penne delle ali verdi che si portano in avanti e con il sottocoda completamente bianco.
Il sottogola è verde con riflessi blu più o meno scuri.
Sul capo è presente una cresta verde che vira al nero per poi divenire blu ed il becco è giallo intenso.
Le penne della coda sono verdi e blu e possono raggiungere, nel maschio, un metro di lunghezza.
Il corpo del quetzal misura 35-40 cm e pesa circa 200 g.
Non è facile ammirare il brillante piumaggio del quetzal perché questo uccello ha scelto un habitat non facilmente accessibile. Occupa le foreste umide e nebbiose dell’America Centrale ad altitudini comprese tra i 1200 e i 3000 m e solitamente vive tra le chiome più alte.
Diversamente a quanto si possa immaginare, il variopinto piumaggio consente al quetzal di mimetizzarsi perfettamente.
Il periodo riproduttivo si colloca da metà marzo a giugno. Entrambi i genitori si impegnano nell’allestire il nido e a prendersi cura dei nidiacei.
La lunga coda del maschio può talvolta creare qualche problema di ingombro, ad esempio durante la riproduzione o nella cova delle uova.
Il nido è costruito nei vecchi tronchi della foresta anche a 30 m di altezza.
Il quetzal è principalmente frugivoro, cioè si nutre di frutta, ma anche di invertebrati e di piccoli vertebrati quando i nidiacei reclamano il cibo.
Venerato presso i Maya e gli Aztechi, il quetzal è il simbolo del Guatemala.
Tale simbologia non è casuale: la tradizione locale lo considera simbolo di libertà poiché preferisce morire di fame piuttosto che vivere prigioniero.
Le monete dello stato stesso, che nel 1924 sostituirono il Peso guatemalteco, hanno il suo nome in quanto le sue piume erano considerate talmente preziose da essere usate come moneta di scambio.
Con le sue penne, il quetzal ha ispirato il mito del serpente piumato e del dio Quetzalcoatl.
Fonti : animalieanimali.it
wikipedia
Il nuovo Museo Egizio di Torino
Per due anni il Museo Egizio di Torino si è preparato alla sua nuova esposizione, che trasporta il visitatore nella millenaria civiltà del Nilo.
Il percorso ‘Gli immortali: l’arte e i saperi degli antichi egizi’ adesso apre con un nuovo ingresso e tante novità.
L'inaugurazione ufficiale è il 1 aprile.
Un sistema di scale mobili porta ai piani superiori, dove i visitatori sono accolti da migliaia di reperti inediti.
In una lunga galleria ci sono 30 sarcofagi esposti e più di 500 reperti nella tomba di Kha.
Nello statuario sono esposte sfingi, tavole con offerte di cibo scolpite, ma soprattutto statue monumentali, che raffigurano alcuni dei più importanti faraoni e dei, racconta la Fondazione del museo. «Sono presenti infatti i re Thutmosi III, Amenofi II, Tutankhamon, Horemheb, Ramesse II, Sethi II, insieme a sculture di principi e funzionari del re; gli dei Ptah, Amon, Hathor e Sekhmet (della quale si contano 21 statue)».
Senza dubbio una esperienza unica per i visitatori che possono apprezzare da vicino queste grande meraviglie.
Come curiosità, si possono ammirare le prime infradito, le maschere funerarie o visitare la biblioteca e le aule didattiche.
«È stato un lavoro faraonico», ha comunicato la Fondazione.
In 1080 giorni di lavoro 7000 metri di terra rimosa, 2.200 mc di calcestruzzo, 255.000 kg di armature di ferro, 160.000 mt di cavi elettrici, 1.800 mq di superficie vetrate e non solo.
Nel 1824 il re Carlo Felice di Torino acquistò una grande collezione e diede vita al Museo Egizio di Torino, considerato oggi uno dei più importanti musei egizi al mondo, dopo quello del Cairo.
Fonte:http://epochtimes.it
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