web

martedì 5 maggio 2015

Antichi astronauti e Culto del Cargo : paralleli interessanti e indizi notevoli


Ogni anno la tribù amazzonica Kayapo festeggia l’arrivo del misterioso Bep-Kororoti, o “colui che viene dal cosmo”, venuto in visita sulla Terra tanto tempo fa. 
 Così narra un’antica leggenda amazzonica: 

“Il guerriero dal cosmo sembrava provare piacere nel vedere la fragilità di queste persone. Nell’intento di voler dare loro una dimostrazione del suo potere, alzò l’arma di tuono e, indicando successivamente un albero e poi una roccia, distrusse entrambi. Tutti compresero che Bep-Kororoti voleva dimostrare loro che non era venuto per fare la guerra”. 

 La storia dell’umanità ci insegna che il mondo si è evoluto dalla semplicità alla complessità, da attrezzi di pietra fino alla tecnologia avanzata che abbiamo oggi a disposizione. Eppure, decine di storie provenienti dalle culture native sembrano complicare questo schema apparentemente lineare. 
 Testimonianze architettoniche di immense strutture megalitiche e racconti di antiche divinità discese sulla Terra in antichità, fanno pensare alla visita di antichi astronauti alieni discesi sulla terra migliaia di anni fa.
 E’ possibile che antichi cosmonauti extraterrestri siano entrati in contatto con i nostri antenati e siano stati scambiati per dei a causa della loro tecnologia avanzata? 

Per esplorare questa possibilità, bisogna comprendere il particolare fenomeno del “Culto del Cargo”.


Il giorno di John Frum 

 Sin dal primo giorno del suo arrivo nel maggio del 1941, le cose non furono più le stesse per gli abitanti di Tanna, una delle isole più piccole dell’arcipelago Vanuatu nel Pacifico occidentale. 
 “Il giorno di John Frum” è l’evento più importante nel culto nato in seno alle tribù che vivono sull’isola. 
In questo giorno sacro, numerose parate e celebrazioni vengono tenute per onorare la divinità compassionevole che aveva visitato questa gente molti anni prima. 
 Molti etnologi ritengono che i nativi di Tanna abbiano sviluppato il culto attorno alla figura di un soldato americano di nome John Frum (probabilmente è la storpiatura di “John from America”, John dall’America), vissuto a stretto contatto con la tribù nel corso della seconda guerra mondiale.

 È noto come tale culto cominciò a svilupparsi con l’arrivo di circa 300 mila soldati statunitensi nelle Nuove Ebridi, incaricati di difendere l’arcipelago da una possibile invasione giapponese.
 Il caso di John Frum rappresenta uno dei più noti nell’ambito di quel fenomeno conosciuto come “Culto del Cargo“. 
Esso rappresenta un singolare fenomeno etno-sociale sorto a seguito delle spedizioni americane nelle isole del pacifico durante il secondo conflitto mondiale. 
 La distribuzione gratuita di cibo, l’applicazione della medicina occidentale tra gli uomini delle tribù primitive e l’utilizzo degli aeroplani, dovette impressionare notevolmente i nativi, tanto da far credere ai nativi di avere a che fare con delle divinità, spingendoli alla creazione di veri e propri culti religiosi in onore degli dei. 
 Con la fine della guerra, lo scopo principale del culto è quello di invocare il ritorno degli dei dalla pelle bianca, come John Frum o come il duca Filippo di Edimburgo, adorato dalla tribù Yaohnanen dell’arcipelago Vanuatu.

Bep-Kororoti: l’astronauta che ha visitato l’Amazzonia


Eppure, i culti del cargo potrebbero avere un’origine molto più remota di quelli sorti nelle isole del Pacifico.

 I primi ad aver sviluppato un’adorazione per un visitatore straniero potrebbero essere stati i Kayapo, una tribù della foresta amazzonica. 
 I Kayapo celebrano ogni anno l’arrivo del misterioso Bep-Kororoti, “colui che viene dal cosmo”, indossando un curioso abito di vimini che ricorda molto una tuta spaziale moderna.

 Secondo i racconti dei leader della tribù, il misterioso personaggio venne dalla catena montuosa del Pukato-Ti.
 Alla paura del primo incontro, pian piano la gente del villaggio cominciò a sviluppare una vera e propria adorazione verso lo straniero, motivata dalla sua bellezza, dallo splendore bianco della sua pelle e dalla sua benevolenza verso tutti.
 Si tramanda che questo strano visitatore fosse straordinariamente intelligente e che avesse consegnato agli antenati della tribù preziosissime conoscenze.

 La leggenda racconta che un giorno Bep-Kororoti esplose in un attacco di rabbia e con urla e minacce vietò ai membri della tribù di avvicinarsi a lui.
 Fu allora che la tribù vide andare lo straniero verso i piedi della montagna e fuggire verso il cielo in una tremenda esplosione che scosse tutta la regione.
 I nativi videro scomparire Bep-Kororoti in una nuvola di fuoco. L’esplosione fu talmente intensa da distruggere un vasto territorio della giungla, fece scomparire gli animali e da quel momento, la tribù soffrì un luongo periodo di carestia e di fame.

 L’etnologo Joao Americo Peret, che intervistò gli anziani della comunità aborigena nel 1952, ha affermato che la vicenda di Bep-Kororoti risale ad un passato molto lontano. 
 I ricercatori moderni, alla luce del fenomeno del Culto di Cargo, si chiedono quale tipo di persona possa aver visitato le tribù del Mato Grosso in un periodo così remoto, vestito con una tuta spaziale e in possesso di una magia che, a dire dei Kayapo, era in grado di abbattere un animale con un semplice tocco.

 Certamente, la figura di Bep-Kororoti non corrisponde alla mentalità umanitaria del soldato nordamericano che i Tanna di Vannatu continuano ad adorare. Ma il fatto più bizzarro, quando si venne a conoscenza della storia dei Kayapo, è la strana tuta spaziale che è diventata parte integrante delle cerimonie in memoria di Bep-Kororoti, poiché il culto, di epoca antichissima, è sorto quando non esistevano ancora i viaggi spaziali umani.
 Inoltre, il racconto della partenza di Bep-Kororoti, “tra nuvole di fumo, di luce e rombi di tuono”, richiama chiaramente alla mente il comportamento di un motore a reazione moderno. 
Lo spettacolo deve aver sopraffatto i sensi degli aborigeni. Secondo i racconti, il meccanismo di propulsione era comandato da ciò che i nativi credevano essere dei “rami” e la nave sembrava essere un “albero”.
 La leggenda racconta che il visitatore tornò a sedersi in questo albero speciale e toccando i rami, avvenne una grande esplosione e l’albero scomparve in aria. 
E’ un azzardo pensare che si trattasse di un razzo spaziale?

 I Dogon: la tribù con la conoscenza astronomica


Ma la manifestazione più interessante del Culto del Cargo è forse quella che si mostra nella tribù dei Dogon, che si trova nel Mali, Africa occidentale. 
Sebbene non abbiano sviluppato un culto strutturato e devozionale come quelli raccontati finora, i Dogon conservano delle conoscenze a dir poco miracolose.

 Nel 1947, dopo aver vissuto con i Dogon per più di diciassette anni. l’antropologo francese Marcel Griaule ha riportato una storia veramente incredibile. 
Gli anziani della tribù hanno rivelato a Griaule uno dei loro segreti più gelosamente custoditi, nascosto anche alla maggior parte della comunità tribale.
 I capi hanno raccontato di come i Nommo, una specie mezza pesce e mezza umana, abbiano fondato un’antica civiltà sulla Terra. Nonostante la loro cultura primitiva, gli anziani Dogon dicono di aver ricevuto una profonda conoscenza del sistema solare da uno dei misteriosi Nommo. 

 Gli anziani sono a conoscenza delle quattro lune di Giove, degli anelli di Saturno e sono consapevoli della forma a spirale della Via Lattea e sanno che sono i pianeti a muoversi intorno al Sole e non viceversa. Ma ciò che più sconcerta gli etnologi è la conoscenza dei Dogon delle orbite, delle dimensioni e della densità delle stelle del sistema di Sirio.

 I Dogon hanno accuratamente confermato l’esistenza di Sirio A, B e C, conoscenza che la moderna scienza ha acquisito solo di recente. 
Sirio C è rimasta sconosciuta fino al 1995, quando gli astronomi hanno notato l’influenza gravitazionale che questa esercita sul movimento di tutto il sistema. Eppure, da centinaia di anni, i primitivi Dogon, non sono erano a conoscenza delle tre stelle, ma ne conoscevano anche alcuni dettagli. 

Da dove gli è venuta questa conoscenza?
 Possiamo ipotizzare che anche i Dogon abbiano avuto un primo contatto con un gruppo di antichi astronauti che ha visitato il nostro pianeta in passato?
 Gli indizi sembrano andare tutti in questa direzione. Non manca che il ritrovamento della “pistola fumante” e cioè la prova definitiva che non siamo soli e che anche l’umanità è figlia delle stelle.

 Fonte: ilnavigatorecurioso.it

Il castello Orsini-Odescalchi di Bracciano


Il Castello di Bracciano, situato sulle sponde dell'omonimo lago, è una splendida dimora feudale costruita negli anni che vanno dal 1470 al 1481 da Napoleone Orsini; è un gioiello dell'arte militare del XV secolo, appartenente al periodo di transizione tra la fortezza medioevale e gli austeri palazzi baronali.
 Nel tempo il castello è stato più volte oggetto di dispute tra le nobili famiglie romane, ed è passato sotto il controllo degli Odescalchi, degli Orsini, dei Torlonia, per poi tornare nuovamente agli Odescalchi.

 Numerosi i personaggi illustri ospitati nella dimora, tra gli altri anche Carlo VIII re Francia nel 1494 in marcia su Roma. Tale episodio comportò la scomunica che il Papa Alessandro VI Borgia impartì alla famiglia degli Orsini.

 Il castello attualmente si presenta con forti mura in tufo e selci con due ordini di finestre crociate, fiancheggiate da sei robuste torri mentre sul lato meridionale troviamo un terzo ordine di finestre rettangolari.
 In basso un cordone in aggetto delimita tutt'intorno le scarpate e in alto il castello è coronato da eleganti merli. 


Due robuste cinte di mura di forma irregolare circondano il castello. 
Oggi il Castello di Bracciano è museo storico ma viene anche utilizzato come sede di convention ed eventi.

 L'interno del castello presenta numerose sale: da quella che nel 1478 ospitò papa Sisto IV, in fuga dalla peste che affliggeva Roma, alla sala del Pisanello così chiamata per la presenza di dipinti simili allo stile dell'omonimo pittore.


Affreschi simili si ripetono nella sala di Ercole al piano superiore; in questa e nella successiva sala si conserva la collezione di armi della famiglia Odescalchi con esemplari che partono dal XIV sec.


Una curiosità: tra le armi sono custodite le "Misericordie", degli stiletti che servivano a dare il colpo di grazia al nemico senza farlo soffrire troppo... un atto di genuina umanità. 

Molto bella è la passeggiata sui camminamenti di ronda con belle prospettive sul sottostante lago.


Ovviamente non potevano mancare leggende attorno a questo maniero.
 Isabella de Medici, moglie di Paolo Giordano Orsini riceveva i suoi numerosi amanti nella "Camera Rossa"; la mattina gli sventurati venivano fatti uscire attraverso un corridoio buio che nascondeva una buca in cui erano collocate lame affilatissime che, assieme alla calce viva sul fondo, cancellavano ogni traccia dell'adulterio. 
Paolo venne comunque a conoscenza delle abitudini poco "decorose" della moglie e l'avrebbe uccisa strangolandola con un nastro di seta . 
Più di qualcuno giura che il fantasma di Isabella si aggiri di tanto in tanto sulle rive del lago.

Organismi tuttofare


Le spugne, i poriferi per i più avvezzi alla terminologia scientifica, sono organismi straordinari che nascondono ancora molti misteri. Considerate organismi semplici, le spugne rivelano poco alla volta di essere animali dalle abitudini e dalle prestazioni incredibili, capaci di condizionare la vita di interi ecosistemi.

 Diffuse ovunque sul nostro pianeta, dagli assolati reef tropicali alle più gelide e buie distese dei mari polari fino agli abissi, le spugne sembrano aiutarci a chiarire quello che tutti definiscono il paradosso di Darwin e cioè come le barriere coralline, uno degli ecosistemi più produttivi del pianeta, riescano a prosperare in acque povere di nutrienti tanto da essere considerate come l’equivalente marino dei deserti. 

 Sulla rivista “Science” il prof. Jasper de Goeij, dell’Institute for Biodiversity and Ecosystem Dynamics dell’Università di Amsterdam e altri colleghi di altri istituti olandesi, hanno illustrato gli ultimi risultati di una loro ricerca in atto da alcuni anni che dimostra il ruolo cruciale delle spugne nel riciclare la materia organica disciolta, rendendola disponibile per tutta la fauna che vive attorno alle barriere coralline.
 Gli studi degli esperti olandesi si sono concentrati sulla specie Halisarca caerulea, una spugna incrostante dei Caraibi, caratterizzata da un ricambio assai rapido dei tessuti. 
Questa spugna, infatti, può moltiplicare rapidamente, ogni 5-6 ore, le sue cellule filtratici, i coanociti, disperdendo quelle vecchie nell’acqua in forma di particolato organico.


Gli autori hanno ipotizzato che questa possa essere la fase iniziale di un vero e proprio “ciclo delle spugne”, in cui questi detriti cellulari vengono successivamente ingeriti dagli organismi detritivori, come i crostacei e i policheti.
 Poiché i detritivori sono a loro volta mangiati da altri animali marini, è possibile che le spugne siano alla base di una catena alimentare, alla quale danno inizio riciclando nell’ecosistema i nutrienti come fanno i microrganismi in mare aperto.

 Ovviamente le spugne non spiegano tutto, ma sempre di più appare chiaro come i reef riescano a sopravvivere in deserti marini grazie alla cooperazione di moltissime specie e a efficientissimi sistemi di riciclo della sostanza organica, efficienti sì, ma delicati, come dimostra in più zone il deterioramento di questi ecosistemi per effetto di inquinamenti e cambiamenti climatici. 

 Fonte www.rivistanatura.com
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...