Nascosta tra le colline umbre, ubicata nel comune di Montegabbione (Terni), La Scarzuola è la città ideale voluta dall’architetto Tomaso Buzzi.
Entrando nell’ex convento è come se le lancette dell’orologio si fermassero: il tempo alla Scarzuola non esiste perché lo spettatore, immerso nel verde, ruota il suo sguardo attraverso costruzioni metafisiche e surreali.
Il complesso architettonico nasce molti secoli fa come convento francescano e secondo la tradizione vi dimorò lo stesso San Francesco D’Assisi nel 1218.
Il suo nome deriverebbe, infatti, da una pianta lacustre, la “scarza” che il santo utilizzò per costruirsi una capanna.
Nel 1956 il complesso conventuale venne acquistato e restaurato dall’architetto milanese Tomaso Buzzi che edificò, a partire dal 1958, la sua città ideale.
Tomaso Buzzi nasce a Sondrio il 30 settembre del 1900, da una ricca famiglia della Valtellina.
Nel 1923 si laurea ingegnere-architetto e comincia la sua carriera professionale a Milano. Qui stringe rapporti lavorativi con altri giovani architetti, come Gio Ponti, Giovanni Muzio, Giuseppe De Finetti, entrando a far parte del gruppo che in seguito sarà definito “Novecento Milanese“.
Buzzi fu personaggio di grande cultura umanistica e letteraria e si distinse in particolar modo come designer, architetto di giardini, come restauratore/inventore oltre che arredatore di importanti palazzi nobiliari.
Disegnatore instancabile e grande collezionista di opere d’arte, egli tuttavia seppe sempre accompagnare a questa veste colta una particolare attenzione al mondo dell’artigianato e della pratica di bottega, rivolgendosi spesso ad artigiani della propria terra natia, per realizzare alcuni dettagli delle sue opere.
Non perse l’attaccamento alle origini valtellinesi nemmeno quando, dal ’56, decise di ritirarsi.
La Scarzuola di Montegabbione fu il luogo in cui scelse di vivere.
Gran parte del complesso architettonico venne alla luce dopo venti anni di lavori, nel 1978.
La Scarzuola di Montegabbione, vera città buzziana, comprende un insieme di sette teatri la cui summa architettonica si ha nell’Acropoli, nella quale furono edificati, in scala ridotta, quasi “accatastati” l’uno sull’altro, gli edifici architettonici più noti e importanti della storia come il Colosseo e il Partenone.
L’Acropoli venne concepita come una serie di archetipi architettonici che, vuoti all’interno e dotati di tanti scomparti come un termitaio, rivelano molteplici prospettive.
Facendosi condurre attraverso il sentiero circolare, quello che inizialmente si percepiva come un palco d’ispirazione greco-romana assume insieme all’acropoli la forma di una nave che culmina con una statua di un corpo di donna dalle dimensioni esagerate: la donna gargantuesca sarebbe, in questa prospettiva, la polena dell’imbarcazione-teatro.
Non a caso la nave-teatro, da quest’angolazione, diventa teatro per le Naumachie, o combattimenti navali.
Il complesso architettonico è oggi una fusione fra città sacra e città profana, in un’unione armonica ed equilibrata, in cui gli affreschi duecenteschi si fondono con il neomanierismo.
La cittadella è immersa in un giardino dai sentieri a tratti eleganti, rinascimentali e a tratti più poveri e contadini ma mai si lascia sfuggire l’unione con la natura, elemento pilastro nell’armonia della città ideale di Tomaso Buzzi.
L’architetto progettò una città capace di decostruire l’io dello spettatore per poi, attraverso un cammino preciso, ciclico all’interno del giardino quasi labirintico, far rinascere il fanciullo assopito in ogni animo adulto.
La ricostruzione del bambino che dorme in ognuno di noi attraverso sentieri che incontrano costruzioni, simboli, segreti, riferimenti e citazioni.
La città è ispirata, in particolar modo, al testo attribuito a Francesco Colonna Hypnerotomachia Polyphili o Amoroso combattimento onirico di Polifilo.
Il romanzo allegorico, stampato da Aldo Manunzio, descrive il viaggio iniziatico che ha come tema centrale la ricerca della donna. Il protagonista alla ricerca dell’amore platonico si destreggia all’interno di una flora bucolica.
Seppur ispirato a questo testo, i riferimenti che si possono trovare all’interno della Scarzuola sono molteplici, tanto che le architetture del luogo provengono da correnti artistiche differenti tra loro: dall’atmosfera surrealista è semplice passare ad un ambiente metafisico o neo manieristico.
Straordinarie le scale dei teatri che ricordano le famose incisioni di Escher, nella loro forma ad anello di Moebius.
Ha dell’incredibile osservare un luogo che ricorda ambienti impossibili come quelli escheriani.
La Scarzuola di Montegabbione potrebbe essere una delle Città invisibili di Italo Calvino, capaci di esistere solo nell’immaginazione, eppure Tomaso Buzzi è stato in grado di costruire una città reale, visibile, immersa in una natura magica.
Il sogno, in questa armonia di architetture e correnti artistiche, tempi passati e moderni è il filo conduttore della città a cielo aperto.
Ed è forse l’unica chiave di volta possibile che riesca a mantenere saldo questo arco ideale.
Fonte: http://dailystorm.it/