lunedì 14 dicembre 2015
L’arma segreta dei nazisti
A New York, nel dicembre 1944 si sparse improvvisamente la voce di un attacco tedesco ormai imminente sulla metropoli, guidato da dischi volanti che trasportavano armi atomiche. Contemporaneamente il New York Times riportò la notizia di una “misteriosa sfera sospesa in aria” e pubblicò foto di oggetti non identificabili che sfrecciavano a evidente, altissima velocità. Secondo l’articolo alcuni londinesi avevano visto questi dischi passare a volo radente sotto i ponti del Tamigi.
Oggi si sa che quelle paure non erano del tutto infondate. I nazisti stavano davvero lavorando a nuove armi fantascientifiche.
E tra queste c’erano anche i dischi volanti.
Gli eserciti alleati erano sbarcati in Normandia un anno prima, il Fronte occidentale tedesco era ormai prossimo al crollo definitivo ma, nonostante questo, gli americani temevano che i tedeschi riuscissero a evitare la sconfitta imminente ricorrendo all’uso di armi segrete prodigiose.
La macchina propagandistica di Joseph Goebbels, ministro della Propaganda, aveva l’obiettivo di convincere la popolazione tedesca a credere sino all’ultimo nella “vittoria finale”.
Ma questa propaganda sembrava avere presa anche tra le file nemiche.
Hitler non aveva d’altronde lanciato, pochi mesi prima, dal settembre 1944, su Londra i leggendari missili V2, progettati da Wernher von Braun (poi artefice delle prime avventure spaziali della Nasa)?
Erano missili spaventosamente efficaci: eludendo gli schermi dei radar, raggiungevano l’obiettivo in soli 5 minuti dal lancio, senza che fosse in alcun modo possibile prevederne l’arrivo.
Nella propaganda nazista, la lettera “V” della sigla “V2” corrispondeva all’iniziale di vergeltung, rappresaglia.
Anche se alla fine della guerra le cosiddette armi “V” (tranne ovviamente la V2) non sarebbero state ancora tecnicamente pronte per l’uso, in alcuni casi erano dotate di un grande potenziale, tanto che Stati Uniti e Unione Sovietica si basarono su queste ricerche per realizzare negli anni successivi i missili intercontinentali e i missili cruise.
Altre armi “V”, invece, servirono fin dall’inizio solo a soddisfare le fantasie del quartier generale del führer.
A questo scopo, il cosiddetto “disco volante del Terzo Reich”, noto anche con la sigla “V7”, svolse un ruolo particolare.
Dopo la sconfitta aerea nei cieli inglesi nel 1940, Hermann Göring, ministro del Trasporto aereo, era sotto pressione.
Nel 1941 chiamò a raccolta tutti gli esperti del settore, esortandoli a lavorare a nuovi sviluppi che assicurassero la supremazia aerea alla Germania.
E fu qui che nacque il mito del disco volante come arma segreta. Nella fase di progettazione, infatti, fu importante il ruolo svolto dal modello di un velivolo discoidale a decollo verticale, che il giovane costruttore Andreas Epp e il suo mecenate Ernst Udet, leggendario asso dell’aviazione tedesca, avevano presentato poco tempo prima a Göring.
Sull’idea lavorarono in contemporanea due squadre separate: il tedesco Richard Miethe, ingegnere aeronautico, e l’italiano Giuseppe Belluzzo, specialista in turbine, nelle fabbriche di aerei di Bratislava e Dresda.
I colleghi Otto Habermohl e Rudolf Schriever nelle fabbriche Skoda a Praga.
I primi a raggiungere l’obiettivo furono quelli del gruppo di Praga. Nel marzo del 1944 portarono a termine con successo il primo collaudo.
Sul volo inaugurale furono scritti i resoconti più disparati: secondo alcuni, il velivolo aveva volato a oltre 2.000 km orari; secondo altri, aveva solo accennato al volo con un paio di balzi incerti. Certo è che il ministero della Propaganda esaltò l’avvenimento e annunciò lo sviluppo di nuove armi di straordinaria potenza.
E quella fu l’ultima volta che i nazisti accennarono al progetto “dischi volanti”.
Che cosa c’era di vero?
La maggior parte dei documenti sul disco andarono poi persi o distrutti negli ultimi anni caotici di guerra, mentre i misteriosi 15 mesi di volo di prova prima dell’armistizio bastarono per diffondere il mito dei dischi volanti super-veloci.
Per Peter Pletschacher, storico dell’aviazione, si trattava in realtà solo di una «sottile guerra psicologica».
Le velocità dichiarate «a quel tempo erano impossibili, una sciocchezza totale».
Secondo Pletschacher, lo straordinario effetto che la propaganda ebbe sui nemici fu solo la conseguenza del grande rispetto che gli Alleati nutrivano nei confronti delle capacità tecniche dei tedeschi.
Dopo la guerra il mito dei leggendari dischi volanti del Reich ebbe uno sviluppo autonomo, assumendo forme sempre più strane. Molte delle figure di spicco del regime nazista si erano rifugiate in Sud America e forse per questo cominciò a circolare voce che Hitler e i suoi fedeli avessero raggiunto l’Antartide con i loro velivoli a disco.
Lì, nascosti in gallerie scavate sotto i ghiacci, attendevano di far ritorno in Germania.
Il culmine dell’intreccio fantasioso fu raggiunto con il racconto che Hitler si fosse ritirato sulla Luna con i suoi dischi volanti e lì avrebbe atteso il giorno della vendetta.
Il viaggio nello spazio sarebbe stato reso possibile da una nuova, straordinaria tecnica di propulsione, denominata “Vril”, che poteva raggiungere accelerazioni fino a 40.000 km orari.
Fantasia e isteria non avevano più limiti.
Nel 1947, alcuni piloti americani giurarono di aver incontrato oggetti volanti non identificati: gli Ufo. E l’aeronautica militare affermò di essere stata coinvolta in un combattimento con un disco. Così, quando la radio diede notizia dello schianto di un Ufo a Roswell, (Nuovo Messico), si diffuse il panico.
L’incidente di Roswell si rivelò una bufala: era solo caduto un pallone meteo.
I sostenitori degli Ufo però non se ne curarono affatto e la città divenne luogo di pellegrinaggio.
La paranoia degli Ufo negli anni Quaranta si rispecchiò nella paura gemella degli Uso (Unidentified submarine objects), gli oggetti sottomarini non identificati: velivoli discoidali anfibi, che partivano sott’acqua, emergevano in superficie, si alzavano in volo e poi tornavano in mare.
Il cacciatore di misteri tedesco Lars Fischinger si è dedicato allo studio del fenomeno e ha passato alla lente d’ingrandimento le decine di apparizioni degli ultimi cinquant’anni.
Nell’Antartide, ad esempio, l’equipaggio di una rompighiaccio avrebbe osservato alcuni Uso attraversare uno strato di ghiaccio spesso 7 metri.
La mania degli Ufo successiva alla Seconda guerra mondiale fu alimentata dagli stessi sviluppatori dei “dischi volanti”.
Negli anni ’50, Rudolf Schriever raccontò alla rivista tedesca Der Spiegel i collaudi fatti a Praga, con toni reboanti:
«I dischi volanti non sono un gioco da ragazzi. Hanno un grandissimo significato per lo sviluppo della tecnica di volo».
Dal canto suo, Giuseppe Belluzzo, che era professionalmente più qualificato, già nel 1944 aveva avvertito che i velivoli di forma discoidale erano instabili, con un effetto tanto più marcato con l’aumentare delle dimensioni del mezzo.
Ma il racconto di Schriever aveva ormai avuto effetto.
In Canada cercarono di ricostruire il disco volante dei nazisti.
Fu un clamoroso fiasco.
Da allora dell’arma segreta tedesca non si è più parlato.
Fonte: focus.it
La densità della Terra cambia a 1000 km di profondità
Quello che avviene nel mantello terrestre influenza tutto ciò che succede sulla crosta terrestre e nell’atmosfera del pianeta.
Basti pensare alle eruzioni vulcaniche, che non solo plasmano la crosta della Terra, ma immettono nell’atmosfera i gas che la formano.
È per questo che conoscere nei dettagli il mantello terrestre è così importante.
Purtroppo le tecnologie oggi a disposizione non ci permettono di arrivarci con facilità. Anzi, al momento non siamo mai riusciti a penetrarlo in profondità, anche se si stanno organizzando nuove spedizioni scientifiche.
La principale strada intrapresa dalla comunità scientifica per studiare il mantello è la sismica, attraverso lo studio delle onde che producono i terremoti oppure le esplosioni prodotte dall’uomo.
Il modo con il quale viaggiano le onde sismiche permette di definire la composizione chimico-fisica degli strati in cui è suddiviso il mantello.
Ma il processo è lungo, complesso e non sempre porta a risultati facilmente interpretabili.
Da alcuni anni si segue anche un’altra strada, l'analisi del geoide, ossia la forma del pianeta disegnato dalla forza di gravità esercitata sulla superficie terrestre, la quale a sua volta dipende da ciò che c’è sotto di essa.
Così, utilizzando i dati dei satelliti che hanno definito con grande precisione la forma del geoide, i ricercatori della Pennsylvania State University (Usa) hanno scoperto che a circa 1000 chilometri di profondità, a partire dalla superficie terrestre, si osserva un salto di viscosità del mantello finora ignoto.
Spiega Max Rudolph, autore della ricerca:
«Il passaggio tra i due stati fisici del mantello avviene in modo graduale, anche se in uno spessore relativamente piccolo».
Diversi motivi giustificano la necessità di approfondire la conoscenza del fenomeno. Innanzi tutto perché spiegherebbe il motivo per cui le placche terrestri che si "immergono" nel mantello dopo uno scontro (il fenomeno è detto subduzione) vengono frenate proprio a circa 800-1000 chilometri di profondità.
Forse la causa è proprio la diversa viscosità che incontrano.
Un secondo motivo riguarda i "punti caldi" (hot spot), dove la lava sembra arrivare dal confine tra il mantello terrestre e il nucleo.
Fino a oggi si pensava che la risalita del magma avvenisse più o meno in modo verticale, ora invece il modello andrebbe rivisto in quanto è possibile che quando il magma in risalita trova un livello a viscosità molto diversa, devii la sua direzione e finisca poi in superficie in un punto anche molto lontano rispetto alla verticale del punto di partenza.
Fonte: focus.it
La spettacolare foresta fantasma di Neskowin in Oregon
Non siamo sul set di un film di fantascienza.
La foresta fantasma di Neskowin esiste davvero. Si trova nell’Oregon, in una piccola località costiera tra Lincoln City e Pacific City.
La foresta fantasma è formata dai resti di un antico bosco di alberi Sitka.
Il peccio di Sitka è originario della costa occidentale degli Stati Uniti e rappresenta la terza conifera più grande del mondo, dopo la sequoia e l’abete di Douglas. Può raggiungere i 50 metri d’altezza, sino ai 70 o addirittura ai 90 metri in via eccezionale.
La foresta fantasma era nascosta sotto la sabbia fino a quando una violenta tempesta avvenuta in inverno tra il 1997 e il 1998 ha colpito la costa dell’Oregon.
La tempesta erose una parte della spiaggia portando alla luce un centinaio di tronchi d’albero.
Fino a quel momento, la foresta fantasma aveva rappresentato una vera e propria leggenda.
I residenti della zona raccontavano che quegli alberi erano comparsi soltanto poche volte nel corso di diversi decenni e solo per breve tempo.
Dal 1998 però la foresta fantasma di Neskowin è rimasta ben visibile sulla spiaggia.
I tronchi degli alberi avrebbero ben 2000 anni, secondo le stime dei ricercatori.
Tra il 1600 e il 1700 uno tsunami generato da un sisma avrebbe avuto ripercussioni sulla costa occidentale degli Stati Uniti, sommergendo la foresta con la sabbia.
Nel corso del tempo il fango trasportato dalle maree ha contribuito a ricoprire gli alberi.
Ora la foresta fantasma con i suoi tronchi emerge dalle acque oceaniche e dalla spiaggia circostante.
Marta Albè
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