giovedì 9 gennaio 2014
La Sula fosca ,una romantica pescatrice
Da temibile predatrice a innamorata corteggiatrice in un battito d'ali. Tra un tuffo e l'altro a caccia di pesci la sula fosca (Sula leucogaster) un uccello marino diffuso nelle regioni tropicali, trova il tempo per dedicare tenere attenzioni al partner.
Nella stagione degli amori i maschi rispondono all'approccio delle femmine allungando il collo verso l'alto con il becco puntato al cielo, in un improbabile stretching accompagnato da un fischio distintivo.
Altri buffi rituali sono la "parata" - una camminata dondolante eseguita dai maschi - e la reciproca pulizia delle piume dei due innamorati.
L'incanto romantico si spezza alla schiusa delle prime uova: il primo pulcino nato scalza dal nido il fratellino più giovane e debole, senza che i genitori intervengano. Una volta a terra l'uccellino solitamente muore di stenti o finisce vittima dei predatori.
Elisabetta Intini
ONESTA, TRASPARENZA......... IL NUOVO AVANZA. A me basta e avanza non so a voi
"Striscia la notizia è entrata alle primarie pd con la telecamera nascosta.
Quello che è successo al seggio è un delirio. Guarda il video.
L'inviato di Striscia ha denunciato:
"Ho votato 5 volte" e documentato varie irregolarità alle primarie del Partito democratico, come già aveva fatto alle precedenti primarie e alla raccolta firme di Forza Italia contro il governo Prodi. Il Tg satirico di Antonio Ricci ha mostrato come sia stato possibile eludere i controlli in cinque grandi città (Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bari), dove gli inviati sono riusciti a votare in diverse sezioni. In particolare, sono risultati irregolari: a Roma 1 seggio su 14 visitati, a Milano 13 seggi su 17 visitati, in Campania 14 seggi su 33 visitati, a Palermo 1 seggio su 25 visitati, a Bari 4 seggi su 8 visitati."
segnalazione da tzetze
Quello che è successo al seggio è un delirio. Guarda il video.
L'inviato di Striscia ha denunciato:
"Ho votato 5 volte" e documentato varie irregolarità alle primarie del Partito democratico, come già aveva fatto alle precedenti primarie e alla raccolta firme di Forza Italia contro il governo Prodi. Il Tg satirico di Antonio Ricci ha mostrato come sia stato possibile eludere i controlli in cinque grandi città (Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bari), dove gli inviati sono riusciti a votare in diverse sezioni. In particolare, sono risultati irregolari: a Roma 1 seggio su 14 visitati, a Milano 13 seggi su 17 visitati, in Campania 14 seggi su 33 visitati, a Palermo 1 seggio su 25 visitati, a Bari 4 seggi su 8 visitati."
segnalazione da tzetze
Shanty Town: il resort per ricchi che imita le baraccopoli africane
Viviamo in un mondo pieno di contraddizioni, soprattutto per quanto riguarda l'eccessiva ricchezza e l'estrema miseria. Ecco che allora non ci stupisce la nascita di un residence per le vacanze che imita le baraccopoli africane, dove i ricchi possono provare a vivere come i più poveri del mondo.
Si tratta di pura teoria, però, poiché a Shanty Town, presso il resort di lusso Emoya Estate, non mancano alcune delle comodità che di certo non sono disponibili in un villaggio africano.
Ecco che allora i ricchi che frequentano Emoya Estate - collocato in Sudafrica nella località di Bloemfontein - abbandonano il comfort e le proprie abitudini solo in parte.
Presso il resort, infatti, non mancano acqua corrente, elettricità e persino la connessione Wi-Fi.
Gli alloggi imitano le baracche delle zone più povere dell'Africa, soprattutto per quanto riguarda gli esterni.
Si tratterebbe di un vero e proprio schiaffo alla povertà - quella vera - e alla miseria, riguardo a cui non mancano forti critiche, di certo condivisibili. Ma pare proprio che i turisti più ricchi proseguano ad essere attirati dalla possibilità di imitare lo "stile di vita" delle popolazioni africane che vivono negli slum.
Purtroppo però, gli alloggi imitano le baracche soltanto all'esterno e sono pur sempre parte di un resort a 5 stelle. Trascorrere una notte all'Emoya Estate costa 80 dollari, poco meno del salario medio mensile di un lavoratore sudafricano fortunato, che sarebbe pari a 98 dollari.
A differenza delle baracche, i residence sono dotati di riscaldamento a pavimento, mobili comodi, decorazioni e altre amenità. Non mancano, ad esempio, bagni con doccia e letti confortevoli, spazi per accendere un falò, barbecue e sale per le feste
.
Insomma, nulla a che vedere con le abitazioni di fortuna in cui le popolazioni più povere del mondo sono costrette a vivere. E le lampade ricavate da bottiglie di plastica che illuminano l'interno delle stanze del resort toccano l'apice del cattivo gusto, completando il quadro offensivo delle proposte di soggiorno per ricchi che vorrebbero soltanto fingere di vivere in povertà.
Una scelta e una proposta davvero inaccettabile, considerando il dramma africano.
Marta Albè
Sarah Bernhardt "La divina" (1844 - 1923)
Sul letto di morte, seppe che attorno alla sua villa la folla si accalcava da una settimana e disse «li farò aspettare, mi hanno torturata tutta la vita, adesso li torturo io.» Grati, in mezzo milione i parigini accompagnarono la “voce d’oro”, “la divina”, “la scandalosa”, il “mostro sacro” come l’aveva battezzata Jean Cocteau, fino al cimitero del Père Lachaise, all’altro capo della città.
Fu l’ultimo spettacolo e non aveva potuto metterlo in scena: voleva essere seppellita a Belle-Ile, di fronte al mare come Chateaubriand. Della sua vita pubblica si sa tutto, di quella privata quanto ne ha scritto in Ma double vie: «un turbine di passioni e avventure, alluvioni di lacrime, uragani di rabbia, malattie mortali e una salute e un’energia senza pari,» nel sunto di un necrologio inglese. Affabulatrice geniale, secondo Alexandre Dumas figlio di cui interpretava La dama delle camelie: «mente così tanto che potrebbe essere grassa.»
All’anagrafe è la terza delle quattro figlie di padre ignoto e di Judith Julie, nota alla polizia come la demi-mondaine Youle, forse tedesca o forse olandese e detta Bernhardt dal “nome di battaglia” dell’amante Edouard de Thérard.
Nelle sue memorie, il padre è un avvenente ufficiale di marina trattenuto in Cina e la bellissima madre la trascura. Questo particolare dev’essere vero; Judith affida a una balia in Bretagna la neonata, che fino otto anno parlerà solo un dialetto bretone, poi alla sorella, cocotte di rango più elevato che non sa che farne e la mette in un pensionato di suore dove, dopo crisi mistiche, la ragazzina si converte al cattolicesimo.
Il duca di Morny, fratellastro di Napoleone III e amante della zia e poi della madre, provvede alla sua educazione: corsi di pittura e scultura all’Ecole des Beaux Arts (ne esce con il secondo premio), ma in convento interpreta un angelo in una recita e decide che da grande sarà Rachel, l’altra tragédienne dell’Ottocento.
Morny la fa entrare al Conservatoire e da lì alla Comédie Française.
In realtà, la madre le ha già insegnato a recitare. Come le sorelle e sempre secondo la polizia, da quando ha 14 o 15 anni, viene “servita” alle cene di ricchi signori che, se titolati, possono restituirla solo l’indomani.
Sarah ne fa i propri “azionisti”: quando viene espulsa dalla Comédie per aver schiaffeggiato un’attrice che aveva schiaffeggiato la sua sorellina, le assicurano di che acquistare, dopo due anni di attività, un appartamento vicino alla place Vendôme, dove riceve in un vasto salotto tappezzato di raso bianco.
Colleziona artisti, scrittori, generali, il principe di Galles, regnanti di passaggio, uomini politici.
La polizia del secondo Impero prende nota soprattutto di ministri e deputati dell’opposizione, senza riuscire ad attribuire a uno di essi il figlio Maurice, forse concepito con il principe belga Eugène de Ligne.
Lei elenca anche i suoi primi attori, ricevuti in camerino. Tra loro uno si scusa di non averne risvegliato i sensi e lei lo consola scrivendogli di essere «una persona incompleta… Sono altrettanto insoddisfatta il mattino dopo della sera prima». Cortesia? L’ammissione di non aver recitato bene? La pittrice Louise Abbéma, con la quale ha una liaison mentre posa per successivi ritratti, propende per la seconda ipotesi.
Qualche insoddisfazione sarà rimasta se a 44 anni, in tournée a Londra, Sarah sposa Aristides Damala, un greco di 27 anni, morfinomane, che la insulta dalla platea e la chiama “l’ebrea dal naso lungo”. Crede di essere un attore, è solo l’ispiratore del conte Dracula, ma lei ne paga i debiti anche quando sono separati e deve vendere i gioielli. Rimane vedova nel 1889 quando Aristides muore di overdose.
Dipinto ad olio di Toulouse Lautrec
Tutto questo in pubblico, così come i dissidi con il conformista Maurice, la trasformazione del Teatro Sarah Bernhardt – oggi Théâtre de la Ville – in ospedale per i feriti della guerra franco-prussiana del 1870, le prese di posizione a favore di Louise Michel e dei deportati dopo la Comune di Parigi.
Nel frattempo commissiona opere, Salomé, di Oscar Wilde, L’Aiglon di Edmond Rostand, una traduzione dell’Amleto, ne scrive qualcuna, mette in scena e recita, recita, recita. Il protagonista maschile o femminile, o entrambi: Shylock e Portia nel Mercante di Venezia.
Cristiana e atea, patriota, ma innanzitutto ebrea, ed errante. L’amore per i viaggi, dice, le viene «dall’amato sangue di Israele» perciò difende per anni il colonnello Dreyfus contro il figlio, gli “azionisti”, i colleghi antisemiti.
Viaggia anche per conquista e necessità. Con sistematica stravaganza pianifica tournées da solista in tutto il mondo (salvo l’Antartide); come fossero campagne militari, requisisce interi treni e piani sui transatlantici per il suo seguito e tonnellate di bagagli. Amputata dopo un incidente nell’ultimo atto di Tosca, con la protesi di legno calca ancora i palcoscenici di teatri lirici imperiali e music-hall popolari, declama in francese e fa piangere le platee, qualunque lingua parlino.
E’ inneggiata dal Canada alla Patagonia, come aveva previsto Henry James: «Lei ha nel grado supremo quello che i francesi chiamano le génie de la réclame… È troppo americana per non aver successo in America.» Nel 1886 è di nuovo sull’orlo della bancarotta, ma nel corso di un anno americano vende la propria immagine per la pubblicità di saponi, biciclette, farmaci; oltre che in contanti è pagata in natura, gemme, oro, guano, cinquemila ettari di pampa argentina. L’immagine è firmata Alfons Mucha, requisito anch’egli insieme ad architetti, scultori, gioiellieri, sarti e altri pittori che grazie alla sua réclame lanciano l’Art nouveau e allungano con curve sinuose il suo metro e mezzo.
Brutta per i canoni del tempo, bella o ironica come certe donne oggi nelle foto di Nadar, ha una cantilena monotona alle nostre orecchie e gesti da pantomima nei brevi film girati quand’era anziana.
Vien da pensare con George Bernard Shaw e i critici del dopoguerra che fosse ridicola, piccolo manichino sotto cappelli immensi, pellicce, uniformi da operetta, merletti, strascichi e drapés, “museo ambulante” con leopardo al guinzaglio e zoo in giardino.
Forse. Di sicuro ha “presenza” e milioni di spettatori in lacrime davanti alle passioni che incarna e per i quali Sarah, non Fedra, desidera il figliastro fino a morirne.
Nelle lezioni raccolte nell’Art du théâtre, insegna il realismo. Lo costruisce, a sua misura e dismisura, con un rigore che dispera i suoi contabili. Forma i propri tecnici delle luci, fa realizzare a partire dai suoi bozzetti - e buttare via – costumi, fondali, mobili, tende, tappeti finché l’illusione è perfetta. Quando sale sul palco, scrive: «l’attore lascia in camerino la sua personalità, spoglia l’anima dalle sue sensazioni… non può dividersi tra sé e il proprio ruolo; finché resta in scena perde il suo io.» Crederle? Nel 1899 era stata la prima ad abolire il suggeritore. Una volta ai suoi piedi, il pubblico la cui attesa la torturava era finalmente suo, e nessuno doveva intromettersi nella loro storia d’amore.
Quando la natura da spettacolo
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