sabato 15 settembre 2012
Cavalluccio marino -Hippocampus
Cavalluccio marino Genere Hippocampus (famiglia Syngnathidae) comprende 45 specie di pesci d'acqua salata conosciuti comunemente come cavallucci marini per via della testa che ricorda quella di un piccolo cavallo. Habitat -I cavallucci marini si trovano in tutte le acque del mondo tranne quelle glaciali, prevalentemente in prossimità delle coste dove trovano rifugio e sostegni dove potersi ancorare durante i movimenti con la lunga coda prensile. Sono particolarmente diffusi nelle barriere coralline e nelle praterie di fanerogame marine come la Posidonia oceanica.Descrizione -Tutti i pesci del genere Hippocampus presentano le medesime caratteristiche fisiche che li rendono perfettamente riconoscibili dagli altri pesci. Caratteristici sono degli spigoli sopraoculari e una corona ossea intorno alla testa. In molte specie la struttura della corazza ossea accentua il già elevato mimetismo della colorazione. La livrea varia per ogni specie. Le dimensioni variano da specie a specie.Riproduzione -La femmina depone le uova in una speciale sacca incubatrice nel ventre del maschio, situata vicino all'apertura anale. Alla schiusa, il maschio espelle gli avannotti con delle contrazioni addominali simili al parto femminile, evento piuttosto insolito in natura, chiamato gravidanza maschile.Divieti internazionali- Nonostante molti divieti internazionali, in alcuni paesi è pescato per essere poi venduto essiccato come oggetto decorativo o curativo.Nelle arti-Le forme caratteristiche dei cavallucci marini non sono certo sfuggite ai popoli antichi, che lo ritenevano un animale divino. Non è un caso che la mitologia greca associ la creazione del cavallo al dio del mare Poseidone, che sarà spesso raffigurato con un carro trainato da ippocampi. Il cavalluccio marino nell'arte è quindi rappresentato sia come appare nella realtà che, soprattutto, come animale mitologico, commistione tra creatura terrestre e marina.
Il traguardo
L’evento più affascinante che ti possa capitare consiste nel darti un traguardo e nel lottare per raggiungerlo.
M. Gramellini
L'Hunley , il primo sottomarino
L'Hunley era un battello appartenente alla Marina degli Stati Confederati d'America, che lo impiegò nel corso della Guerra di secessione. Primo esempio di sottomarino, a trovare impiego con successo nel corso di un conflitto, prese il nome dal suo progettista, H.L. Hunley. Attualmente è conservato presso il Warren Lasch Conservation Center di Charleston all'interno di una vasca appositamente progettatata e riempita con acqua dolce per favorirne la conservazione.
L'Hunley era lungo circa 10 metri, era propulso dalla forza muscolare di sette dei suoi otto uomini di equipaggio, che ne azionavano l'elica attraverso un lungo albero a gomiti, e montava sulla prora un palo lungo 12 metri con all'estremità una carica esplosiva di 41 kg di polvere da sparo. Il 17 febbraio 1864, condotto dal tenente George E. Dixon e propulso dal resto dell'equipaggio, composto da volontari, fu diretto contro la sloop-of-war nordista USS Housatonic presso il porto di Charleston, nella Carolina del Sud. La nave affondò rapidamente in seguito all'esplosione della carica infissa sul suo scafo dal sottomarino attaccante, che affondò a sua volta prima del rientro in porto, forse a causa dell'onda di pressione dovuta all'esplosione o, più probabilmente, speronato inavvertitamente da una nave accorsa sul luogo
L'Hunley passò alla storia come il primo sottomarino ad affondare una nave nel corso di un'azione di guerra, fatto eccezionale per l'epoca, mai più verificatosi sino alla prima guerra mondiale. Il sottomarino venne lungamente cercato da generazioni di studiosi e cacciatori di relitti; venne localizzato dalla squadra di archeologi subacquei di Clive Cussler, celebre scrittore di romanzi d'avventura e fondatore e presidente della National Underwater & Marine Agency, dopo 15 anni di ricerche. Dopo anni di polemiche circa l'opportunità o meno di recuperarlo (le spoglie dell'equipaggio giacevano ancora al suo interno) e su chi ne avesse la competenza, l'Hunley venne finalmente recuperato nel 2000 da un consorzio di enti statali e della marina sotto la supervisione di una nutrita squadra di esperti e archeologi subacquei; durante le operazioni di apertura e restauro del sottomarino, furono recuperate le spoglie dell'equipaggio, successivamente seppellite durante una solenne cerimonia.
Pierre de Coubertin e le Olimpiadi moderne
Risale al lontano 776 a.C. la prima Olimpiade antica, tenutasi ad Olimpia, città sacra a Zeus, con regole molto diverse da quelle che caratterizzano le Olimpiadi moderne. Gli atleti si preparavano tutti insieme nei giorni precedenti, nella palestra adiacente allo stadio dove si sarebbero svolte le gare.
Durante le gare, gli atleti erano completamente nudi, sia perché il vestito sarebbe stato loro solo d'impaccio, sia perché l'Olimpiade veniva vissuta da tutti come un momento di purificazione. Ed era talmente importante che perfino le guerre venivano sospese durante i giochi, che si svolgevano a fine estate. Alle donne era proibito non solo partecipare, ma perfino assistervi.
L'Olimpiade ebbe sempre più successo, fino a diventare uno spettacolo, in cui la corruzione cominciò a dilagare. Così, nel 393 d.C., quando era imperatore romano il religiosissimo Teodosio, l'Olimpiade fu sospesa a causa di questa corruzione dilagante e perché Teodosio voleva fare piazza pulita di tutte le usanze pagane. In seguito, l'imperatore Teodosio II distrusse parzialmente anche la città di Olimpia, che fu poi completamente rasa al suolo da un terremoto, decretando per sempre la fine dell'Olimpiade antica.
Fu Pierre de Coubertin che riportò agli antichi splendori i Giochi Olimpici, un barone francese, appassionato di sport. Molti altri prima di lui avevano tentato di far rivivere i fasti dell'Olimpiade antica, senza successo, vuoi per mancanza di strutture adeguate, vuoi per lo scarso interessamento delle nazioni. Ma de Coubertin non si lasciò distogliere facilmente dal suo sogno; spese molto del proprio capitale in viaggi per convincere le nazioni a partecipare; nel 1892 ottenne il benestare dell'Unione francese per gli sport atletici e nel 1894 anche quello del Congresso Internazionale di Parigi. Restava soltanto da decidere la data ed il luogo. Pierre de Coubertin pensò il 1896, in modo da avere tempo sufficiente per organizzare il tutto, e come luogo Atene, poiché Olimpia era soltanto un villaggio piuttosto piccolo, ma la nazione ospitante doveva essere la Grecia, la culla dei Giochi Olimpici.
Il 6 aprile 1896 re Giorgio I di Grecia aprì ufficialmente la prima edizione delle Olimpiadi moderne davanti a ben 5000 spettatori; le gare furono svolte in uno stadio costruito sull'esatto modello di quello di Olimpia grazie ai fondi messi a disposizione dal banchiere Averof (il governo greco non aveva finanziato nulla). Parteciparono 13 nazioni per un totale di circa 300 atleti non professionisti. Tra gli sport figuravano l'atletica leggera, la ginnastica, il tennis, la scherma, il sollevamento pesi.
La gara che provocò le emozioni più forti fu la maratona, nella quale i greci speravano di eccellere. Essa rievocava, infatti, l'incredibile impresa di Filippide (o Fidippide) che, nel 490 a.C., aveva corso senza fermarsi mai da Maratona ad Atene per comunicare la vittoria su Dario ed i Persiani ed era morto per la fatica appena terminata la sua missione. Ed infatti fu un greco a vincere: un pastore dell'Attica, di nome Spyridion Luis, che gareggiava con la divisa della fanteria greca. Il giorno dopo ci furono le premiazioni con medaglie d'argento (per ovvie ragioni di bilancio) e l'incoronazione dei vincitori con ramoscelli d'ulivo raccolti ad Olimpia. La prima edizione dei Giochi Olimpici moderni fu quindi un successo, nonostante le difficoltà e la mancanza di fondi e di strutture adeguate.
Il logo che li contraddistingue da sempre, però, non c'era ancora. Bisognerà aspettare il 1913, dopo l'edizione dei Giochi Olimpici di Stoccolma del 1912, perché de Coubertin concretizzasse la sua idea di sopranazionalità e di contemporanea unione dei continenti in un logo. Ideò quindi i cinque cerchi colorati che rappresentano l'incontro degli atleti di tutto il mondo partecipante.
L'interpretazione dei colori blu per l'Europa, giallo per l'Asia, nero per l'Africa, verde per l'Oceania e rosso per l'America non è attribuibile a Pierre de Coubertin , ma è ormai un'interpretazione di fatto. Egli, infatti, aveva scelto quei colori perché si trovavano, mescolati in maniere differenti, in tutte le bandiere europee, e in quelle delle nuove nazioni partecipanti: Giappone, Cina, Oceania. La bandiera olimpica fu presentata in occasione dell'anniversario della nascita delle Olimpiade moderne nel 1914 a Parigi e si vide sventolare su uno stadio per la prima volta nei Giochi Olimpici di Anversa nel 1920.
I Rosacroce
I Rosa Croce sono un leggendario ordine segreto, che sarebbe nato nel XV secolo e la cui conoscenza venne diffusa nel XVII secolo, associato con i simboli della rosa e della croce.
Secondo la leggenda l'ordine venne fondato nel 1407, da un pellegrino tedesco di nome Christian Rosenkreuz (Rosen= rosa Kreuz= croce) (1378 - 1484) al suo ritorno in Germania. Soggiornò a Damasco ed in Terra Santa, dove avrebbe studiato l'occultismo. Sembra che l'ordine fosse limitato a soli otto membri e che si fosse estinto immediatamente dopo la sua morte, per rinascere solo nel XVII secolo.
Secondo una leggenda meno conosciuta e circolante in ambiente massonico, l'ordine sarebbe invece stato creato nell'anno 46, quando il saggio gnostico alessandrino Ormus e sei suoi discepoli si convertirono al Cristianesimo ad opera di San Marco, fondendo la dottrina cristiana con i misteri egiziani: Christian Rosenkreuz sarebbe stato iniziato a quest'ordine, divenendone il gran maestro, invece di averlo fondato.
In realtà quella che era conosciuta agli inizi del XVII secolo come la "Società dei Rosa Croce" era probabilmente un piccolo numero di individui isolati che condividevano alcuni punti di vista, apparentemente il loro solo legame. Non esiste alcuna traccia di una società che tenesse incontri o assegnasse cariche. Secondo le numerose opere che ne parlano, i Rosa Croce erano probabilmente riformatori religiosi e morali, che utilizzavano mezzi per l'epoca ritenuti scientifici, in particolare l'alchimia, per far conoscere le proprie opinioni. I loro scritti sono permeati di misticismo od occultismo e suggeriscono significati nascosti che potrebbero essere compresi solo dagli iniziati.
Storia
Nel 1614 comparve a Kassel un opuscolo anonimo dal titolo Fama fraternitatis Rosae Crucis, che raccontava la vita di Christian Rosenkreuz (Cristiano Rosa Croce): passati 120 anni dalla sua morte si sarebbe ritrovato il suo corpo ancora intatto, circondato da simboli e insegne iniziatici. L'opuscolo forse era circolato come manoscritto già a partire dal 1610.
L'anno seguente comparve un secondo opuscolo sull'argomento (Confessio Fraternitatis) e nel 1616 fu pubblicata un'opera del teologo Johannes Valentinus Andreae (1586-1654), avente per argomento "Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz". Ad Andreae si possono forse attribuire anche i due opuscoli precedenti. Successivamente egli descrisse i Rosa Croce come un ludibrium, un termine latino con il significato di "gioco", "scherzo". Secondo Frances Yates l'uso del termine va tuttavia inteso nel senso di una sorta di "Divina Commedia" e indica un'allegoria drammatica legata agli anni tumultuosi che precedettero in Germania la guerra dei trent'anni.
Gli autori delle opere dei Rosa Croce erano in generale favorevoli al Luteranesimo e in opposizione al Cattolicesimo,
Personaggi famosi che furono in vario modo accostati - a torto o a ragione - al misterioso ordine o considerati suoi appartenenti sono stati: Ramon Llull (1235-1315), Leonardo da Vinci (1452-1519), Paracelso (1493-1541), Nostradamus (1503-1566), Michele Serveto (1511-1553), Luís de Camões (1524-1580), Giordano Bruno (1548-1600), Francis Bacon (1561-1626), Shakespeare (1564-1616), Galileo Galilei (1564 – 1642), Michael Maier (1568-1622), Robert Fludd (1574-1637), Comenius (1592-1670)[senza fonte], René Descartes[1] (1596-1650), Isaac Newton (1642-1727), Leibniz (1646-1716), Bach (1685-1750), Goethe (1749-1832), Mozart (1756-1791), la cui opera Il flauto magico viene a volte interpretata come un'allusione appena velata ai riti iniziatici dell'ordine, Beethoven (1770-1827), Victor Hugo (1802-1885), Erik Satie (1866-1925), Il Conte Petrini XIV, Il Principe di Nomamoud.
Nel XVIII secolo diverse società, legate più o meno strettamente alla massoneria rivendicano una discendenza dal mitico ordine. L'influenza sulla nascita della massoneria non è del tutto accertata, anche se alcune cerimonie furono occasionalmente adottate. "Cavaliere Rosa-Croce" è comunque la denominazione di uno dei gradi della massoneria del "Rito Scozzese Antico e Accettato" (il 18º grado è appunto quello di Sovrano Principe Rosa+Croce o Cavaliere dell'Aquila e del Pellicano). Nel 1989, Michele Moramarco, uno studioso della Rosacroce italica (che si richiama a fonti neoplatoniche rinascimentali), pubblicò per la prima volta nella sua Nuova Enciclopedia Massonica frammenti del manoscritto Il Libro del Giglio e della Rosa, una sintesi delle idee sul cosmo e sull'uomo trasmesse da quella scuola. Nel 1992, egli - uscito dal Grande Oriente d'Italia affermando che quella associazione massonica era in uno stato di "deriva laicista" - fondò un Real Ordine degli Antichi Liberi Accettati Muratori sotto l'egida dell'Ordo Albae Rosae et Aureae Crucis.
Il simbolo
Il simbolo dell'ordine è una croce con al centro una sola rosa rossa. Il termine designa uno stato spirituale che corrisponde ad una conoscenza d'ordine cosmologico, che può avere rapporti con l'ermetismo cristiano: il concetto centrale è doppiamente indicato dalla Croce e dal cuore, mentre le gocce di sangue che cadono dalla piaga aperta nel costato di Gesù Cristo si dispongono a forma di rosa.
Esistono anche altre interpretazioni del simbolo, che si riferiscono all'evoluzione spirituale dell'uomo: la Croce ne rappresenta il corpo fisico e la rosa la personalità psichica e mentale in sviluppo, come la rosa che si apre lentamente alla luce. Altri simboli rosacrociani sono il pellicano e il giglio.
Riguardo ai numeri, la simbologia dei Rosacroce fa riferimento soprattutto al 3, al 4, al 7, al 10 e al 12.
I 18 principi della felicità del Dalai Lama
1) Tieni sempre conto del fatto che un grande amore e dei grande risultati comportano un grande rischio.
2) Quando perdi, non perdere la lezione.
3) Segui sempre le tre "R": Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.
4) Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.
5) Impara le regole, affinchè tu possa infrangerle in modo appropriato.
6) Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.
2) Quando perdi, non perdere la lezione.
3) Segui sempre le tre "R": Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni.
4) Ricorda che non ottenere quel che si vuole può essere talvolta un meraviglioso colpo di fortuna.
5) Impara le regole, affinchè tu possa infrangerle in modo appropriato.
6) Non permettere che una piccola disputa danneggi una grande amicizia.
7) Quando ti accorgi di aver commesso un errore, fai immediatamente qualcosa per correggerlo.
8)Trascorri un pò di tempo da solo ogni giorno.
9) Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.
10) Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.
11) Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.
12) Un'atmosfera amorevole nella tua casa deve essere il fondamento della tua vita.
13) Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.
14) Condividi la tua conoscenza. E' un modo di raggiungere l'immortalità.
15) Sii gentile con la Terra.
16) Almeno una volta l'anno vai in un posto dove non sei mai stato prima.
17) Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l'uno dell'altro.
18) Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.
8)Trascorri un pò di tempo da solo ogni giorno.
9) Apri le braccia al cambiamento, ma non lasciar andare i tuoi valori.
10) Ricorda che talvolta il silenzio è la migliore risposta.
11) Vivi una buona, onorevole vita, di modo che, quando ci ripenserai da vecchio, potrai godertela una seconda volta.
12) Un'atmosfera amorevole nella tua casa deve essere il fondamento della tua vita.
13) Quando ti trovi in disaccordo con le persone a te care, affronta soltanto il problema attuale, senza tirare in ballo il passato.
14) Condividi la tua conoscenza. E' un modo di raggiungere l'immortalità.
15) Sii gentile con la Terra.
16) Almeno una volta l'anno vai in un posto dove non sei mai stato prima.
17) Ricorda che il miglior rapporto è quello in cui ci si ama di più di quanto si abbia bisogno l'uno dell'altro.
18) Giudica il tuo successo in relazione a ciò a cui hai dovuto rinunciare per ottenerlo.
E Dio creò Adamo
E Dio creò Adamo dal fango, lo creò a sua immagine e somiglianza e poi gli sputò. E Adamo disse "cominciamo bene!".
Giobbe Covatta
La reggia di Versailles -Parigi
La reggia di Versailles (in francese château de Versailles) è un'antica residenza reale. La città di Versailles, nata dalla scelta di questo luogo da parte del giovane Luigi XIV per allontanarsi dalla capitale e dai suoi cittadini, temuti e considerati difficili da tenere sotto controllo, dopo l'episodio della Fronda,
Indice [nascondi]
Origini e storia
Luigi XIV
1038: prima menzione di Versailles in una carta dell'Abbazia Saint-Père di Chartres. Uno dei firmatari è Hugo de Versaillis. Nel X secolo dei monaci dissodano i terreni (il dipartimento è ancora oggi occupato da quanto rimane della foresta antica) e fondano la chiesa e il priorato di Saint-Julien.
1429: due signori di Versailles, Guy e Pierre de Versailles, sono implicati nella vicenda di Giovanna d'Arco. Pierre era a Bourges, quando la Pulzella fu processata; Guy, canonico di Tours, partecipò al processo.
Alla fine della Guerra dei cent'anni, nel 1453, il piccolo borgo si presentava devastato, le case abbandonate, il castello in rovina. La proprietà fu acquistata dalla famiglia de Soisy.
1472: un documento riporta il nome del piccolo borgo di Versaille-aux-bourg-de-Galie. I signori di Versailles dipendevano direttamente dal re. Il loro modesto castello, che dominava la chiesa e il villaggio, si ergeva sulla pendice meridionale della collina sulla quale sarà costruita la futura reggia.
1475: Gilles de Versailles, signore di Versailles, cede all'abate di Saint-Germain i propri diritti sul Trianon. L'atto di vendita costituisce la prima menzione del nome. Il villaggio fu poi acquistato, per distruggerlo, da Luigi XI, con l'obiettivo di costruire su queste nuove terre del dominio reale una residenza di svago, che gli consentisse di sottrarsi con la famiglia al protocollo troppo pesante di Parigi. Il Trianon è il primo capriccio reale realizzato a Versailles e, come più tardi Marly, resterà un luogo di relax, lontano dall'etichetta e dalle fatiche del potere.
1561: la proprietà passa a Martial de Loménie, segretario delle Finanze di Carlo IX (il mandante della Notte di San Bartolomeo), che la ingrandisce fino a 150 ettari.
De Loménie fu assassinato nel 1572, appunto durante la Notte di san Bartolomeo: si disse che fosse stato strangolato per ordine della regina Caterina de' Medici, che voleva che la proprietà passasse al Conte di Retz; della notizia non si hanno prove, ma non è inverosimile.
È un fatto che nel 1573 Alberto di Gondi (barone di Marly), conte di Retz, uno dei Fiorentini che supportavano la fortuna di Caterina in Francia, diveniva proprietario della signoria e del castello di Versailles per 35.000 lire dell'epoca (equivalenti in potere d'acquisto a circa 700.000 euro attuali).
Anche con i nuovi signori, il castello continua ad essere frequentato, per caccia e per diporto, dai re di Francia.
Autunno
Che dolcezza infantile nella mattinata tranquilla! C'è il sole tra le foglie gialle e i ragni tendono fra i rami le loro strade di seta.
(F. G. Lorca)
Kahlil Gibran
Ogni seme che l’autunno getta nelle profondità della terra ha un modo suo proprio di separare nucleo e involucro al fine di formare le foglie, i fiori e i frutti. Ma quali che siano i modi, lo scopo delle peregrinazioni di tutti i semi è identico: arrivare a levarsi innanzi al volto del sole.
Kahlil Gibran,
Claude Monet
Pastelli in Olanda, il "Campo di papaveri". Claude Oscar Monet, il pittore impressionista più "impressionista" di tutti, nacque a Parigi il 14 novembre 1840. Dopo la fanciullezza, trascorsa a Le Havre, a quindici anni comincia a disegnare, a matita e carboncino, caricature di personaggi in vista, acquistando una certa fama. Trasferitosi a Parigi, si iscrive alla "Academìe Suisse", conosce la pittura di Delacroix, Daubigny e Corot ed incontra artisti specializzati in paesaggi, come Pissarro, Bazille, Sisley e Renoir. Insieme formano un'allegra compagnia per condividere momenti di pittura "dal vero" nella foresta di Fontainbleu. Monet si lega con Bazille con il quale affitta un atelier dove elabora alcune celebri tele. Al "Salon des réfusés" le sue opere "La foce della Senna a Honfleur" e "Punta di Cap de Héve con la bassa marea", ebbero una critica tanto lusinghiera da spingere l'artista ad iniziare il famoso dipinto "Colazione sull'erba". Nel 1861, Claude Monet viene chiamato alle armi e spedito in Algeria dove matura in lui l'idea impressionista. Durante la sua lunga vita dipinse moltissime opere, restando fedele ai canoni impressionistici anche dopo che l'impressionismo era diventata una corrente superata. Famosa in tutto il mondo la serie degli "stagni" che viene esposta a San Pietroburgo, Mosca, New York, Dresda e Boston, mentre il pittore è afflitto da doppia cataratta, che aggravandosi di anno in anno lo ostacola nel suo lavoro. Nel 1926 Claude Monet si ammala di tumore al polmone e ne morrà il 5 dicembre dello stesso anno a Giverny.
Sii padrone di te stesso
Alcuni uomini decidono di fare delle scelte, mentre altri sono costretti a farle.
E’ sempre meglio decidere, anziché essere costretti. Chi è costretto a fare una cosa, non è mai interamente padrone di se stesso. Sarà sempre il burattino di chi lo costringe.
E’ sempre meglio decidere, anziché essere costretti. Chi è costretto a fare una cosa, non è mai interamente padrone di se stesso. Sarà sempre il burattino di chi lo costringe.
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