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sabato 24 maggio 2014

Un codice segreto nei cartoni Disney Cosa si nasconde dietro la sigla “A113″?


Forse non ci avete mai fatto caso, ma i cartoni animati più famosi del mondo nascondono al loro interno uno strano codice che compare molto spesso, solitamente camuffato nella targa di un'auto, nel numero di una stanza d'albergo o in qualsiasi posto che necessiti di una sigla o di una targhetta di qualche tipo.
 Ma cosa significa esattamente ''A 113''? Da dove viene questo strano codice e a cosa serve?
 La cosa non è in realtà un grande segreto.
 Si tratta di una specie di tributo che gli animatori hanno dedicato e dedicano tutt'ora al ''California Institute of the Arts'', ovvero la prestigiosa scuola americana dove è possibile apprendere i segreti delle animazioni e degli effetti speciali più realistici.


In particolare il ricordo va alla famosa (almeno per loro) aula A 113 dove si sono formati talenti del calibro di John Lasseter (direttore creativo della Pixar e dei Walt Disney Studios), Pete Docter (nomination all'Oscar per Toy Story, Monsters & Co.e Up), Andrew Stanton (famoso per la collaborazione con la Pixar), Brad Bird (vincitore del premio Oscar per Gli Incredibili e Ratatouille).


Il codice dell'aula compare anche in molte serie televisive americane di successo come American Dad, Rugrats, I Simpsons, South Park, A Bug's Life, Alla ricerca di Nemo, Gli Incredibili, Cars, Ratatouille, WALL-E, Lilo & Stitch, I Robinson: una famiglia spaziale, Hunger Games, The Avengers, Mission: Impossible, Star Wars, Terminator Salvation.


Fonte : boorp.com

Un po di tenerezza

Beyonce- Listen

Infatti....... dopo dimostrano proprio questo



Durante ogni campagna elettorale mi torna ossessiva in mente questa frase di Stendhal:

«Il pastore cerca sempre di convincere il gregge che gli interessi del bestiame e i suoi sono gli stessi».

Vietato il Bikini in spiaggia in presenza di musulmani – Multe Salatissime

Un Giudice di pace di Messina ha condannato tre ragazze al pagamento di un’ammenda penale di 2.582 € a testa per aver indossato il bikini in una spiaggia privata di pertinenza di un noto villaggio turistico di Taormina, frequentato da alcune famiglie islamiche in vacanza e originarie dell’Arabia Saudita.



Estratto della sentenza:
Agli effetti della legge penale si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore (c.p. 725, 726).
(Nei paesi occidentali un bikini non è considerato offesa al pudore)
Dunque osceno e comune senso del pudore sono elementi contrapposti, che esistono proprio in virtù della loro contrapposizione.
Il pudore, sentimento di vergogna, di disagio, di repulsione è tipico dell’individuo quando questi, contro la sua volontà, si trovi di fronte a manifestazioni altrui non corrispondenti alla propria educazione e cultura e reputate scandalose per la propria educazione sessuale.
Non rientra nei nostri concetti di pudore o di vergogna 
Il pudore diventa senso comune nel momento in cui la società umana di appartenenza condivide la stessa sensibilità nei confronti del corpo femminile il quale in alcune società orientali se non interamente coperto può ritenersi osceno.
Appunto in alcune società orientali...non la nostra 
La cultura di riferimento gestisce la vita dei corpi ed ogni loro aspetto e funzionalità, anche il discorso strettamente legato alla sessualità.
Evidentemente la loro sessualità è diversa dalla nostra.
Nessun uomo occidentale salterebbe addosso a una donna in bikini su una spiaggia.



L’osceno sarebbe quindi offesa al pudore, come si evince dall’articolo 527 del c.p.
E’ importante sottolineare come sia il concetto di osceno che quello di comune senso del pudore non solo si modificano nel corso del tempo all’interno di una data società, ma cambiano anche da una società all’altra.
La comprensione di questi concetti rimanda alla considerazione del corpo e della sessualità.
Le ragazze erano le sole donne a utilizzare un simile costume ed erano consapevoli che tutte le donne presenti di fede musulmana indossavano un costume da bagno che ricopriva integralmente tutto il loro corpo comprese le braccia e le gambe.
Nella fattispecie, il responsabile in villaggio del tour operator saudita, Dott. Chokri Majouli aveva più volte sollecitato, su richiesta dei genitori musulmani presenti, le Sig.re – OMISSIS – a non presentarsi in piscina con quell’abbigliamento che faceva intravedere tutte le loro fattezze femminili ai ragazzi presenti che, avendo ricevuto una educazione religiosa musulmana, erano disorientati, sbalorditi e alquanto eccitati. Aveva anche spiegato che nella loro cultura, un simile modo di vestire era tipico di donne che esercitavano il meretricio in case private senza avere un minimo di riscontro e ricevendo solo risposte offensive.
Condanno a euro 2.582, ai sensi dell’art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell’art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2000, n. 234, S.O.)
fonte: Agenzie di Stampa

Sig Chokri Majoul, Visto che la spiaggia era frequentata da mussulmani doveva impedire l'accesso ad altri, che avendo un diverso senso del pudore ritenevano che essendo la spiaggia su territorio italiano ci si potesse comportare di conseguenza ....I soldi di queste signore italiane le facevano comodo?
Io personalmente sono davvero stanca di dover soggiacere ai diktat di stranieri che vengono in Italia a imporci i loro usi e costumi; se noi andiamo nei loro paesi come minimo ci impongono il velo. 

Al Giudice di pace di Messina (pagato da noi)  ricordo che Taormina si trova su territorio italiano e le spiagge appartengono al demanio non all'Arabia Saudita.
Ed in Italia non esiste una legge che vieti il bikini in spiaggia.
Prima la faccia approvare poi. sentenzi e condanni  


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