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venerdì 24 maggio 2013

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Sinuessa e il mistero del porto affondato



Cosa è successo all'antica colonia romana che sorgeva sul litorale domizio? Il terreno si è abbassato di ben otto metri.

 Il porto giace dieci metri sott'acqua. Alla spiaggia si arriva percorrendo un basolato romano che si perde nella sabbia. Per ritrovare le sue tracce bisogna buttarsi in acqua e immergersi a tre metri di profondità. Ora è posato sul fondo del mare. Cosa sia successo a Sinuessa, l'antica colonia romana che sorgeva sul litorale domizio (oggi comune di Sessa Aurunca) è un interrogativo ancora irrisolto. Si sa solo che il terreno si è abbassato di almeno otto metri in epoca romana. 
Adesso i geologi e dell'Enea vogliono capire perché.
 Di antichi porti inabissati ce ne sono in tutto il mondo. Non sempre, però, le cause sono evidenti. Per trovare qualcosa di simile, eppure così diverso, basta spostarsi a sud di appena sessanta chilometri. Dalla provincia di Caserta a quella di Napoli. "L'antico portus Iulius di Pozzuoli, scoperto negli anni Cinquanta, si inabissò fino a cinque metri di profondità - spiega Alfredo Trocciola, geologo dell'Enea - ma quella è una zona vulcanica e il ritrovamento, per quanto importante, non ha destato troppa sorpresa. La causa dell'inabissamento fu il bradisismo flegreo". Nell'area dei campi flegrei infatti il suolo si alza e si abbassa di continuo a ritmi lentissimi dal punto di vista dell'uomo ma molto rapidi per la geologia: circa un centimetro l'anno. Un fenomeno vulcanico che gli scienziati conoscono bene. 
"L'area di Sessa Aurunca si trova però più a nord e non è interessata da questi eventi", conclude Trocciola. Anche Carmine Minopoli è un geologo dell'Enea. Sinuessa la conosce bene: ci ha lavorato per anni e proprio su questo sito ha elaborato la tesi di geologia quindici anni fa. 
"Il destino di questo porto è un rebus che ci affascina. Altri siti nel raggio di 20-30 chilometri si sono abbassati di 50-60 centimetri nel corso degli ultimi duemila anni. Sinuessa è sprofondata di otto metri". Per capirci qualcosa di più gli scienziati dell'Enea hanno passato l'estate 2012 a geo-referenziare i resti di epoca romana lungo il litorale di Sinuessa e a studiare la morfologia dei fondali. Le ricerche riprenderanno con strumenti tecnologici in grado di fare la "radiografia" del fondale e sbirciare attraverso lo strato di sedimenti che si è depositato in fondo al mare.
 Da queste parti infatti sfocia il fiume Garigliano, che intorbidisce l'acqua del mare e porta i sedimenti accumulati nel suo corso. Nel frattempo però le prime ipotesi sono già sul tavolo. "Non dobbiamo pensare a un singolo evento catastrofico, come un fortissimo terremoto. Il porto di questa colonia non è affondato in un giorno né in un anno - spiega il geologo Carmine Minopoli - Ecco perché pensiamo che lo sprofondamento sia dovuto a una somma di eventi". Ma eventi di che tipo? "In prima battuta pensiamo che un terremoto, seguito forse da uno tsunami, abbia causato un primo abbassamento di diversi centimetri. Abbastanza perché il porto fosse inutilizzabile e venisse abbandonato". In questo punto del litorale domizio, quindi, le barche non attraccano da oltre duemila anni. Ecco spiegato perché le strutture e gli oggetti ritrovati sul fondo del mare sono inequivocabilmente di epoca romana. Una volta abbandonato, il porto ha continuato a inabissarsi. "In geologia duemila anni sono un'inezia e otto metri di abbassamento in un lasso di tempo così limitato sono un'anomalia".

E c'è un altro dato certo: l'uomo non c'entra niente. Le cause del fenomeno sono naturali. A dieci metri di profondità, a poca distanza dal porto, sono stati ritrovati 24 blocchi di pietra da sessanta tonnellate l'uno. Servivano probabilmente per delimitare i punti di attracco. Nel corso dei secoli alcuni di questi enormi massi si sono spostati, rotolando per diversi metri. Difficile pensare a un intervento umano.
 Scoprire a quale destino sia andato incontro il porto di Sinuessa significa capire qualcosa di più di una colonia che giocò un ruolo molto importante nella sua epoca. A testimoniarlo c'è l'imponente teatro romano di Sessa Aurunca, che poteva ospitare quasi seimila persone. Ma soprattutto, Sinuessa era un importante snodo commerciale. Da qui partiva la rotta del vino Falerno, uno dei più famosi dell'epoca romana (Cicerone, Virgilio e Orazio ne decantarono le lodi) e prodotto ancora oggi a Falciano del Massimo e Carinola, a pochissimi chilometri da Sessa Aurunca.

Dopo il lavoro dei tecnici, arriverà il momento di valorizzare quella che dovrà trasformarsi in un'area archeologica marina. 
Lo scopo della convenzione tra l'Enea e il comune di Sessa Aurunca è anche questo. "Una volta comprese le potenzialità del sito, l'idea è quella di organizzare tour subacquei o escursioni su barche con il fondo in vetro. 
Vogliamo rendere fruibile questo patrimonio archeologico" spiega Pasquale Sarao, dirigente del settore ambiente del comune di Sessa Aurunca. La best practice da seguire già c'è. E non è nemmeno troppo distante: basta spostarsi poco più a sud verso Pozzuoli. Dove si possono ammirare - da una barca o con escursioni subacquee - gli splendidi mosaici, le colonne dell'antica città romana di Baia e le strutture di portus Iulius. 
 Del resto anche una convenzione Unesco del 2001 stabilisce che i beni archeologici sommersi debbano essere lasciati al loro posto e valorizzati proprio lì dove si sono conservati per secoli: in fondo al mare.

Il fiore della Vita



Il fiore della vita (anche: rosa dei pastori, rosa carolingia, rosa celtica, stella fiore, stella rosetta, fiore a sei petali, fiore delle Alpi) è una figura geometrica composta da cerchi multipli sovrapposti e composti in una simmetria esagonale, a formare una figura simile ad un fiore.
Il centro di ogni cerchio è posto sulla circonferenza di sei cerchi sovrapposti dello stesso diametro.

Questo simbolo si trova scolpito, sul soffitto dell'antico tempio di Osiride ad Abydos. Significato simbolico Molte credenze spirituali sono associate al simbolo del fiore della vita, che è considerato un simbolo di geometria sacra
È un simbolo direttamente collegato ai primitivi culti del sole Per questo motivo il simbolo lo troviamo spesso accompagnato alle figure del toro e del serpente.
L'ampia diffusione mondiale è dovuta al fenomeno della internalizzazione dei simboli che ci arrivano dalla preistoria. Adottato poi dalla Chiesa, in epoca medievale, quale simbolo di risurrezione.
Chiamato anche "Sole delle Alpi" appunto per l'ampia diffusione in tutto l'Arco Alpino

Un soldato armato di ascia bipenne ed elmo a calotta sormontata da cresta, quindi tipicamente etrusco, con uno scudo che riproduce lo stesso disegno del Sole delle Alpi

L'esempio più antico di rappresentazione del fiore della vita pare essere un motivo rappresentato su di un gradino di gipso o di alabastro di 2.07x1.26 metri proveniente da uno dei palazzi del re Assurbanipal e datato al 645 a.C.
Ulteriori rappresentazioni antiche del fiore della vita, dipinte in ocra rossa su colonne di granito, Secondo recenti ricerche, esse sarebbero databili tra il II e IV secolo a.C.

L'Albero della vita La cultura giudaica conosce il simbolo cabalistico dell'Albero della vita, che può essere derivato dallo schema del fiore della vita  


La diffusione e la fortuna del monachesimo benedettino



Il monachesimo, insieme al papato,  fu la grande forza che contribuì alla cristianizzazione di tutta l’Europa.  Molti storici  ritengono che furono i due fattori  che maggiormente contribuirono alla definitiva caduta dell’impero romano. In parte è vero: la Chiesa diede una buona spallata all’impero con l’introduzione delle affrancazioni dalla schiavitù, insieme alle donazioni e ai pellegrinaggi, come opere meritorie per ottenere la remissione dei peccati. Per quanto riguarda il monachesimo, Voltaire diceva che, a quel punto dell’impero, c’erano più monaci che soldati. In realtà, quando il monachesimo si diffuse, l’impero  era già disfatto: un enorme corpo agonizzante crollato su se stesso per il suo stesso peso.
Il monachesimo contribuì invece al costituirsi della grande proprietà ecclesiastica  che è una delle cause all’origine del potere temporale della Chiesa.  

San Benedetto non si aspettava una diffusione così massiccia del suo ordine, ma alla base della fortuna dell’ordine benedettino sta un’equazione molto semplice: l’idea giusta al momento giusto, ossia la fondazione dei primi monasteri  e la Regola da lui scritta in un momento particolarmente difficile per il territorio imperiale.  Il potere centrale dell’impero non funzionava più, anzi, nelle mani di persone fuori da ogni controllo  era diventato motivo di oppressione: si era instaurata la legge del più forte;  le continue e feroci invasioni dei Goti prima e dei Longobardi poi, seminavano il terrore tra le popolazioni che non sapeva più a quale santo votarsi. Le cittadelle monastiche, per quanto piccole, e quei 73 brevi articoletti che scandivano la giornata e la vita dei monaci secondo le loro esigenze spirituali e materiali, furono l’àncora di salvezza per intere comunità civili terrorizzate, disorientate e confuse; qualcosa a cui aggrapparsi, che conciliava la nuova fede con il bisogno di ordine esistenziale e di protezione. Il monastero diventò rifugio per comunità intere che offrivano il loro lavoro, anche gratis,  nei campi in cambio della semplice protezione.

Quello che fece veramente grandi i monasteri furono tuttavia le donazioni “pro rimedio animae”, per rimediare ai peccati del donatore, come si voleva a quel tempo. Grandi donazioni terriere, non solo di privati ma anche di re che offrivano terre demaniali, in ogni angolo d’Italia andarono ad arricchire specifici monasteri e chiese. Lo spirito con cui queste donazioni venivano fatte era prettamente spirituale:  non si donava ad un monastero  o ad una chiesa, ma al santo patrono del monastero o della chiesa. Le donazioni a Montecassino venivano fatte a S. Benedetto, fondatore del monastero, mentre quelle alla  Chiesa Romana venivano fatte  a San Pietro, primo vescovo. 
Al di là dei motivi spirituali, c’erano sempre dei motivi molto pratici ed opportunistici, soprattutto quando a donare era semplici cittadini. Essi preferivano donare il loro pezzo di terra ad un ente ecclesiastico, soprattutto ad un monastero, perché avevano la garanzia di un potente protettorato e un trattamento più umano come coloni.
L’abbazia di Montecassino  e quella di San Vincenzo al Volturno, a volte in antagonismo tra loro, divennero le stupende cittadelle monastiche che conosciamo grazie a cospicue donazioni, di privati  e di re, che le resero incredibilmente ricche e latifondiste, anticipando di qualche tempo il feudalesimo.
Il territorio carinolese non sfuggì a questa pratica che si estese per tutto il medioevo e, sul nostro territorio, diverse furono le proprietà appartenenti alle due abbazie.
 

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Lettera a un vigliacco che di umano ha esclusivamente le sembianze



Come ti senti ora che lo hai fatto?
Sei riuscito a cancellare dalla tua memoria quel gesto inumano? Non ti domandi che fine ha fatto?
Non puoi essere riuscito ad abbandonarlo cosi', senza un pensiero, senza un rimorso.
Non puoi dimenticare un azione simile.
Che ti ha fatto per meritarsi un simile destino
C'era quando lo cercavi, non si e' mai ribellato alle tue percosse,si appiattiva e ti guardava con gli occhi imploranti e subiva.
Accettava le tue ire perchè ti amava incondizionatamente
Siete stati insieme solo un po',il tempo di crescere e di non essere più un giocattolino
Per te stava diventando troppo impegnativo.
Dovevi pensarci prima di prenderlo!!!!!.
Tu volevi andare in vacanza,libero senza impegni.
Qualsiasi cosa sia cambiata, qualsiasi cosa tu abbia pensato, qualsiasi motivo tu abbia potuto avere non ci sono attenuanti a un gesto cosi infame.
Ma come hai fatto?
Semplice. Rapido. Un gesto veloce.
Come se niente fosse, come si butta un rifiuto nella spazzatura.
Lo hai fatto salire come al solito.
Per precauzione pero' hai cambiato strada, sei andato più lontano, per essere sicuro che lui non sarebbe riuscito a tornare a casa.
Lo hai forse legato a un palo
O lo hai buttato dall'auto ancora in corsa?
Lo hai portato al canile?
E una volta tornato a casa avrai fatto finta di averlo perso.
Avrai finto di essere dispiaciuto.
Se si e' salvato Lui certo non dirà nulla,ti senti al sicuro.
Comunque nessuno ti farà mai quello che tu hai fatto a lui.
Lo sai come li chiamano quelli come te.... lo sai vero? te lo ricordi? Forse ogni tanto, ci pensi,e se lo fai definisciti da solo.....
Pensi alla carezza, l'ultima carezza che gli hai dato con finta indifferenza, sapendo che non lo avresti mai più toccato.
Oppure risenti le sue urla di dolore e di disperazione che ti sono rimaste nelle orecchie quando lo hai buttato dall'auto, magari dopo avergli spezzato le zampe,per non farti inseguire,perchè sai che lo avrebbe fatto vero?
Non puoi sfuggire perchè lo rivedi sempre.
Lo rivedi nello sguardo degli altri cani.
Loro ti guardano e sentono quello che sei, vedono la tua anima NERA
Non hai scampo, non troverai mai una giustificazione, non esiste una scusa abbastanza buona.
Quindi, non avrai perdono.
Ricorda....non avrai MAI perdono! perchè la tua coscienza (se ne hai una) ti perseguiterà per sempre.
Ti auguro una vita infame come quella che hai destinato a lui.
Sei un individuo ignobile indegno di chiamarti uomo e neppure bestia
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