mercoledì 18 febbraio 2015
L'Adriatico, un mare che soffre
Da 125.000 anni a questa parte il mare Adriatico ha resistito ai cambiamenti climatici senza soffrire più di tanto, nonostante l’ultima glaciazione, ma la presenza dell’uomo e della civiltà dei nostri giorni ha alterato profondamente gli ecosistemi al punto da creare profonde alterazioni nella biodiversità marina.
Lo sostiene una ricerca condotta dalla University of Florida.
La ricerca si è concentrata in particolare sull’area del delta del Po, sui crostacei dell’Adriatico e sugli organismi che vivono sul fondo del mare, importanti dal punto di vista sia ecologico sia commerciale.
Attraverso una serie di perforazioni in mare e sulla terraferma sono stati portati in superficie sedimenti sempre più antichi, fino ad arrivare a "quota" 125.000 anni fa, quando le condizioni ambientali erano simili a quelle dei giorni nostri.
Le carote di sedimenti hanno permesso di individuare più di 100.000 esemplari fossili.
La distribuzione nel tempo e nello spazio è stata confrontata con gli organismi presenti nei sedimenti che risalgono agli ultimi 4 decenni del secolo scorso.
«Abbiamo scoperto che in questi ultimi anni vi sono stati significativi cambiamenti negli ecosistemi, tra cui un crollo drammatico dal punto di vista ambientale di 7 tra le 10 specie di crostacei più importanti presenti in Adriatico», ha spiegato Michal Kowalewski, responsabile dello studio e ricercatore al Florida Museum of Natural History degli Stati Uniti.
«Questa ricerca ci ha mostrato risultati molto preoccupanti, anche perché tiene conto di una sola area del Mediterraneo.
È importante avviare ricerche simili in altre regioni del Mediterraneo per avere un quadro più omogeneo della situazione.»
Cassa di risonanza della ricerca è stata la scoperta, da inizio gennaio a oggi, di oltre 80 carcasse di tartarughe marine Caretta caretta.
Una trentina sulle spiagge dell’Abruzzo, una quarantina nelle Marche, 4 in Molise e 5 in Emilia Romagna.
Le cause?
«Dalle necroscopie effettuate è emerso che gli esemplari sono morti per annegamento, probabilmente impigliate nelle reti da pesca», spiega Vincenzo Olivieri, presidente del Centro studi cetacei italiano. E presto gli ecosistemi dell’Adriatico dovranno confrontarsi con un altro problema: un gran numero di trivelle per la ricerca petrolifera che la Croazia sta impiantando nel proprio tratto di mare.
Fonte: focus.it
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