C’è un mistero nella foresta del Ovre Dividalen National Park, vicino Troms in Norvegia
Un mistero che ha fatto nascere le più incredibili storie. Molte piante hanno la loro corteccia tagliata e asportata su di un fianco.
Il taglio e l’asportazione riguardavano sempre il lato nord dell’albero.
Una realtà difficile da spiegare, anche dal punto di vista scientifico. E così sono stati tirati in ballo extraterrestri, nani, elfi e chi più ne ha più ne metta.
Ma negli ultimi mesi Arve Elvebakk della University of Tromso con la collaborazione di Andreas Kirchhefer, un esperto nella datazione degli alberi, hanno voluto trovare la soluzione del fenomeno, ad ogni costo.
Per prima cosa i ricercatori hanno datato le cicatrici: esse risalgono al 17mo e 18mo secolo.
Una datazione che ha permesso di ottenere quasi immediatamente la risposta al mistero: “In quel periodo era pratica presso gli Sami la raccolta di cortecce di pino per ottenerne cibo.
Un processo estremamente laborioso che trasformava la corteccia in farina”, spiega Elvebakk.
I Sami chiamati anche impropriamente Lapponi, costituiscono una popolazione indigena della parte settentrionale della Fennoscandia che si estende dalla Penisola di Kola fino alla Norvegia e che oggi è composta da circa 75.000 persone.
Ma perché non si è arrivati ad avanzare prima questa ipotesi se è bastata la datazione per arrivarci? “Perché la tradizione dell’asportazione della corteccia di pino per farne cibo si era persa in Norvegia, mentre negli ultimi anni era diventata oggetto di studio nella vicina Svezia dove la cognizione di quel che avveniva nel passato a tal proposito si era conservata nel tempo.
Così, solo facendo riferimento a queste ricerche, si è arrivati alla risposta del mistero della foresta di Dividalen”.
Forse pochi sanno che presso tutti i popoli del Grande Nord la corteccia di pino è stata ampiamente utilizzata come cibo in tempi di carestia.
Era d’uso abbattere interi alberi per togliere la corteccia o creare degli anelli che comunque facevano morire la pianta.
Nella foresta di Dividalen invece, il taglio della corteccia avveniva solo su un lato della pianta (a nord, per rispetto del lato sud verso il quale il dio Sole faceva sentire il suo effetto), permettendo ad essa di sopravvivere al danno.
Ed in effetti le piante hanno continuato a vivere per oltre 200-300 anni senza particolari problemi.
L’asportazione della corteccia richiedeva comunque una certa forza e strumenti affilati
Trovati gli attrezzi del mestiere
Durante le ricerche gli studiosi hanno anche portato alla luce cinque diversi punteruoli e coltelli che servivano per tagliare la corteccia.
Per trasformarla in farina essa veniva racchiusa in corteccia di betulla e sepolta.
Al di sopra del luogo di sepoltura veniva acceso un falò per 4 o 5 giorni, il tempo necessario per tostare la corteccia di pino e farle perdere il sapore amaro.
Quindi si trasformava il risultato in farina che veniva considerata un cibo prelibato soprattutto se stufata con grasso animale.
L’utilizzo della corteccia per ottenere farina è andato in disuso attorno al 1860, quando altri tipi di farine e di zuccheri si sono resi disponibili e la necessità di farina di corteccia fatta in casa non fu più indispensabile.
[focus.it]
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