Furono fino a 2000 le specie di uccelli che scomparvero nelle isole del Pacifico tra 3500 e 700 anni fa per colpa della caccia e della deforestazione dei primi colonizzatori umani. Lo ha stabilito un nuovo studio che ha permesso di stimare i tassi di estinzione, in particolare tra i grandi uccelli non volatori tipici dell'emisfero australe, di cui restano alcune specie, come il kiwi e il takahe. A causa delle loro ampie dimensioni, questi uccelli furono i più cacciati come documenta l'analisi statistica dei reperti fossili ritrovati in 41 isole
Esemplare di takahe, uccello incapace di volare della Nuova Zelanda
A partire da 10.000 anni fa, nelle isole dell'Oceano Pacifico si verificò una massiccia estinzione di uccelli non volatori di grandi dimensioni.
A scatenare l'evento sarebbe stata la colonizzazione da parte dell'uomo, secondo un nuovo studio pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” a firma di Richard Duncan e colleghi dell'Istituto di Ecologia applicata dell'Università di Camberra, in Australia.
Le isole più remote del Pacifico Orientale sono state le ultime regioni abitabili della Terra a essere colonizzate dall'uomo. Secondo la ricostruzione più attendibile, i primi gruppi di coloni si inoltrarono nel Pacifico, procedendo verso est, circa 3500 anni fa, raggiungendo prima le isole Samoa, Tonga, Vanuatu, Nuova Caledonia, Fiji e Marianne.
Un'ondata successiva di colonizzazione arrivò su isole ancora più lontane come le Hawaii, la Nuova Zelanda e l'Isola di Pasqua, soltanto 900-700 anni fa.
L'impatto umano sulle forme di vita delle isole del Pacifico è documentato dai reperti fossili del Tardo Quaternario che rivelano un'ampia e catastrofica “estinzione selettiva” che ha interessato soprattutto gli uccelli.
A causarla, secondo alcune ricerche recenti, sarebbero state la caccia intensiva e la deforestazione operata dagli uomini.
Se si considera questo periodo relativamente breve, le stime sul numero delle specie estinte oscillano tra 800 e 2000 specie.
Dall'analisi dei reperti fossili il tasso di estinzione risulta particolarmente alto in tutte le isole per gli uccelli non volatori, un'ampia categoria che attualmente comprende circa 40 specie di specie tra cui i pinguini, gli struzzi e molte altri uccelli tipici dell'emisfero australe.
La Nuova Zelanda è la nazione in cui vive il maggior numero di specie di uccelli non volatori, tra cui i pinguini, i caratteristici kiwi, e il takahe. Quest'ultimo fu ritenuto estinto alla fine dell'Ottocento ma nel 1948 se ne scoprì l'esistenza nell'Isola del Sud (una delle tre maggiori che compongono la Nuova Zelanda). Come tutti gli uccelli non volatori del Pacifico, il takahe ha perso la capacità di volare nel corso dell'evoluzione a causa dell'assenza di predatori di grandi dimensioni; le sue caratteristiche l'hanno reso facilmente cacciabile e per questo la forte riduzione della sua popolazione può essere messa facilmente in relazione con la colonizzazione umana.
Finora è però mancata una solida base sperimentale per definire il declino delle popolazioni degli uccelli non volatori in termini quantitativi rigorosi.
I fossili raccolti nella maggior parte delle isole studiate, infatti, sono pochi, e presumibilmente sono molte le specie di uccelli estinte che devono essere ancora scoperte. D'altra parte, la regione considerata è molto ampia: la topografia e le precipitazioni estremamente variabili tra un'isola e l'altra determinarono notevoli differenze nella possibilità di sfruttamento da parte dell'uomo e quindi anche nei tassi di estinzione delle diverse specie.
In questo studio Duncan e colleghi hanno utilizzato un modello di analisi statistica computerizzata per esaminare i dati relativi a 41 isole del Pacifico nelle quali sono stati raccolti fossili di ossa di uccelli, con particolare riferimento alle specie di uccelli non passeriformi di terraferma (che comprendono quindi tutti gli uccelli che hanno evoluto zampe diverse da quelle adattate alla prensione dei rami, e tutti i non volatori), per i quali i reperti fossili sono più abbondanti e di migliore qualità rispetto ai passeriformi. Inoltre, i non passeriformi erano più cacciati dall'uomo per le loro maggiori dimensioni.
Per ciascuna isola, i ricercatori hanno stimato il tasso di estinzione preistorica sulla base del numero stimato di specie nell'avifauna per il periodo precedente alla colonizzazione umana e che sono andate perdute prima dell'arrivo degli europei.
Secondo i risultati, in questo arco di tempo andarono perdute circa 1000 specie solo tra i non-passeriformi di terraferma. Al computo totale dell'estinzione vanno poi aggiunte le specie di non passeriformi di mare e quelle di passeriformi.
Viene quindi confermato l'enorme impatto della colonizzazione umana delle isole del Pacifico, che determinò quella che viene ricordata come la più grande estinzione dell'Olocene, ovvero degli ultimi 12.000 anni.
Fonte : .lescienze.it
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