martedì 18 settembre 2012
I MOHAI DELL'ISOLA DI PASQUA
L'Isola di Pasqua è una piccola isola sperduta nell'Oceano Pacifico, distante
circa 1600 Km dal più vicino luogo abitato e quasi 4000 Km dalle coste del
Cile. Teoricamente venne scoperta nel 1686, ma fu soltanto nel giorno di Pasqua
(da cui il nome dell'isola) che l'ammiraglio olandese Jacob Roggeveenn effettuò la prima esplorazione ufficiale,sfidando peraltro i bellicosi indigeni. Diamo ora qualche cenno storico-sociale dell'isola. Il primo periodo evolutivo di Rapa Nui (il nome più comune con cui si designa l'area) si svolse tra il V e l'XI secolo d.C., periodo di esplosione demografica. Successivamente, con l'arrivo di esploratori
occidentali, inizio la decadenza di questo popolo, sino ad arrivare al XVIII
secolo, in cui si ebbe il definitivo collasso, causato da guerre, epidemie,
carestie ed eccessiva deforestazione. Secondo la leggenda, gli "Uomini dai Lunghi Orecchi" costruirono (o meglio, fecero costruire) i Moai, ma furono successivamente
sconfitti dagli "Uomini dai Corti Orecchi", ponendo fine ad un'epoca di
tirannide in cui questi ultimi erano utilizzati ai fini della costruzione dei
colossi. Ma cosa raffigurano?
In sostanza altro non sono se non la pedissequa e ripetitiva riproduzione di
un modello unico, con ogni probabilità la raffigurazione di un antenato. Il
fatto che alcune di esse siano rimaste incompiute e soprattutto siano
attorniate da utensili induce a credere che gli scultori abbiano
precipitosamente interrotto il lavoro ,perché? Gli abitanti del luogo, poi, come
si è scoperto, possedevano strumenti di navigazione non certo avanzati ,come
dunque hanno potuto raggiungere l'isola? Ma c'è di più.
Passiamo all'ambito antropologico-etnografico. Alcuni ricercatori ritengono
che gli indigeni derivino da una mescolanza di elementi nordici, peruviani e
polinesiani che, in qualche modo, approdarono sull'isola. Dal principio, grazie
alle loro conoscenze, avrebbero edificato i giganteschi idoli di cui sopra, ma
in seguito, anche a causa della natura non esattamente ospitale dell'isola
(infatti gli alberi sono totalmente assenti), regredirono ad un livello
pressoché selvaggio. Secondo altri, in origine gli alberi c'erano ma furono in
seguito eliminati. Secondo un'altra ipotesi, l'Isola di Pasqua sarebbe tutto
ciò che resta di Atlantide o di Mu. Tra i tanti interrogativi che l'isola
stessa pone al ricercatore ce n'è uno che non è inutile menzionare: come è
stato possibile agli isolani sollevare quei giganteschi blocchi di pietra per
erigerli poi tutti in fila? Difatti, secondo l'archeologo Enzo Valli, l'unico
modo per sollevare quelle gigantesche opere consiste solamente nell'utilizzo di
corde e funima non si era detto che l'isola appare (e forse era da principio)
totalmente priva di vegetazione? L'etnologo Francis Maziere avanza l'ipotesi
che, nelle epoche passate, l'uomo avesse potuto disporre di energie derivate
dall'elettromagnetismo o addirittura dell'antigravità. Catherine e Michel
Orliac, archeologi francesi del Centro di Ricerche Nazionali, sostengono che
invece un tempo l'isola era boscosa, e il trasporto dei colossi avveniva con
l'ausilio di un legname particolare. Tuttavia molti studiosi di archeologia
misteriosa, come ad esempio lo svizzero Erich von Daniken, già menzionato in un
precedente articolo, sostengono la tesi dell'ausilio da parte di civiltà
extraterrestri, che però improvvisamente lasciarono l'isola e così gli indigeni
non furono più in grado di completare la loro opera. Una smentita a questa
ipotesi verrebbe dalle ricerche dell'esploratore norvegese Thor Heyerdahl,
perfezionate in seguito, nel 1982, dall'equipe dell'archeologa Joan
Vanteelbourg: per trasportare i Moai altro non era necessario se non una buona
quantità di manodopera adatta al lavoro, corde e legname. Tuttavia l'ipotesi
extraterrestre sopravvive, rinfocolata anche dai reperti scritti dell'isola,
immagini che ricorderebbero astronavi o parti di esse C'è da riconoscere,
infatti,che attualmente molti misteri (in particolare quelli storici,come in
questo caso) tendono ad essere spiegati ipotizzando contatti con più evolute
civiltà extraterrestri; tuttavia, per studiosi come Graham Hancock, i reperti
in nostro possesso sarebbero i resti di mondi che ora non ci sono più, di
società che la Storia ha decretato che finissero e restassero pressoché
confinate e relegate nelle nebbie del passato, concedendo a noi, disincantati
uomini postmoderni, di poter soltanto sfiorare (nella migliore delle ipotesi)
un barlume di Verità,simile ad una fioca luce che in lontananza, nella nebbia
di una serata invernale, un solitario viandante può scorgere.
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