Secondo gli archeologi, la costruzione delle grotte di Ajanta nel Maharashtra, in India, iniziò 2.200 anni fa.
Nel corso di centinaia di anni più di 30 monumenti furono intagliati nella roccia.
L’uso delle caverne si interruppe intorno all’anno mille d.C. per motivi tuttora sconosciuti, permettendo alla fitta foresta di crescere tutt’intorno, nascondendole alla vista per secoli.
Nessun uomo vi pose lo sguardo se non molti secoli dopo.
Nel 1819, quando il britannico John Smith era a caccia di tigri, scoprì un passaggio segreto che conduceva a uno dei templi. Lo testimonia una scritta - che oggi definiremmo uno scempio - su una parete che lo stesso Smith lasciò, incidendo la data della sua scoperta.
La scoperta, però, non venne resa nota subito. E le grotte rimasero un segreto per molti anni ancora...
L’esistenza delle grotte si seppe molto tempo dopo, quando furono liberate dalla vegetazione e dai tanti animali che vi vivevano da secoli.
Iniziarono ad arrivare così i primi turisti, prima indiani e poi europei.
Gli esperti hanno datato le grotte al secondo secolo avanti Cristo. La loro funzione sembra fosse religiosa.
Le grotte, con i numerosi templi e altari, venivano usate per pregare.
Molta influenza Romana si può notare nelle lunghe colonnate e nelle arcate visibili all’interno delle caverne
La roccia era stata incisa con utensili rudimentali o addirittura a mani nude.
Le prime grotte furono scavate durante l’impero Sātavāhana, che risale al 230 a.C..
Quasi tutte le superfici, tranne i pavimenti, sono interamente ricoperte da dipinti.
Naturalmente hanno perso molto del loro smalto iniziale, ma si stanno facendo sforzi per restaurarle e portarle al loro antico splendore.
Sulle pareti sono stati scritti dei poemi, se ne contano ben 547, che raccontano la storia delle vite precedenti del Buddha.
Per poter scrivere, le pareti furono dapprima rivestite di gesso e, prima che questo asciugasse, l’artista ha dipinto sopra così che diventasse parte della superficie. Questa tecnica ha fatto sì che le scritte durassero oltre duemila anni
La Grotta Uno ha una delle migliori sculture sulla facciata, con figure in rilievo.
Ha un cortile con celle fronteggiate da vestiboli su ogni lato. C'è anche una veranda con celle alle estremità.
Dodici pilastri formano un colonnato quadrato che sostiene il soffitto, creando navate spaziose lungo le mura
La Grotta Due, adiacente alla prima, è nota per i dipinti ben conservati sulle mura, il soffitto e le colonne.
Somiglia molto alla prima grotta, ma è in un migliore stato di conservazione.
Sulla facciata ha una veranda con diverse sculture.
La veranda è composta da celle sorrette da vestiboli colonnati a entrambe le estremità.
Le celle erano necessarie per sopperire alla grande richiesta di abitazioni degli anni seguenti
Nessuno sa perché a un certo momento della storia le grotte furono abbandonate.
Il mistero non è ancora stato svelato. Ma la meraviglia negli occhi dei visitatori che entrano per la prima volta nelle grotte di Ajanta è già un bel traguardo.
Dal 1983 le grotte di Ajanta sono un Patrimonio dell'umanità dell'Unesco
Fonte: siviaggia.it
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