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lunedì 28 aprile 2014

Una Pompei animale nella Cina del Cretaceo


L’incredibile stato di conservazione dei fossili del Cretaceo scoperti nel sito di Jehol, nella Cina nord orientale, grazie a cui è possibile osservare anche particolari di tessuti molli, è dovuta a un’immane eruzione che, come avvenne a Pompei nel 79 dopo Cristo, ha fissato nell’istante della morte gli organismi investiti dal flusso dei materiali bollenti emessi dai fenomeni vulcanici.
 E’ stata un’eruzione analoga a quella che distrusse Pompei ed Ercolano nel 79 d.C. a consentire la conservazione del cosiddetto biota di Jehol, un eccezionale mix di fossili di dinosauri, mammiferi, primi uccelli e piccoli rettili che vivevano in un paesaggio di laghi e foreste di conifere nella Cina nord-orientale.
 E’ la conclusione a cui sono giunti paleontologi dell’Università di Nanjing e dell’American Museum of Natural History di New York, che firmano un articolo su “Nature Communications”. 
La formazione di Jehol è uno dei più importanti depositi fossiliferi del mondo perché i reperti che ha restituito – risalenti alla prima fase del Cretaceo, e più precisamente fra i 130 e i 120 milioni di anni fa – mostrano caratteristiche raramente osservabili in fossili trovati in altre aree del pianeta: da chiare tracce dei tessuti molli, (come quelli dei muscoli, degli occhi e perfino di organi interni), e delle strutture cutanee (come scaglie, piume, peli).


La straordinaria conservazione di questi fossili era già stata attribuita a fenomeni vulcanici, ma rimanevano dei dubbi, in particolare a causa dell’anomala struttura geologica degli strati in cui erano contenuti: alcuni fossili, per esempio, si trovavano in strati di origine sedimentaria e non in quelli, pure vicinissimi, di origine piroclastica, ovvero prodotti da eruzioni; inoltre gli scavi avevano mostrato la presenza contemporanea di organismi acquatici e terrestri e, fra questi ultimi, di animali che vivevano in habitat diversi della regione. 

La conferma della responsabilità di fenomeni vulcanici nella morte e nella conservazione dei fossili di Jehol è arrivata ora grazie all’analisi comparativa della composizione non solo della matrice rocciosa in cui erano conservati e degli strati adiacenti, ma anche dei fossili stessi.
 Per questi ultimi, l’analisi è stata effettuata su 14 frammenti di specie diverse di fauna terrestre di minore interesse, dato che lo studio implicava la distruzione del campione.


Questo “sacrificio” ha permesso di rilevare chiare tracce di un’antica carbonizzazione dei tessuti degli animali, molto simili a quelle associate alle vittime di Pompei
 La presenza di differenti tipi di fauna sarebbe dunque imputabile all’imponente flusso piroclastico che deve aver caratterizzato l’evento, le cui proporzioni sono paragonabili a quelle del Krakatoa del 1883 o del Mount St. Helen del 1980, che ha trascinato con sé e rimescolato tutto ciò che incontrava sul suo percorso. 
Considerato che tutta quella regione è stata caratterizzata da imponenti fenomeni di vulcanismo, la scoperta fa sperare che ulteriori campagne di scavo possano mettere il luce nuovi ricchi depositi di fossili altrettanto ben conservati. 

 [http://www.lescienze.it]

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