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lunedì 24 febbraio 2014

Il passaparola delle cornacchie


Non spaventare mai una cornacchia è una regola che a tutti converrebbe seguire. E non solo perché è doveroso rispettare gli animali. Se uno di questi pennuti vi identifica come suo nemico, in breve potreste ritrovarvi nel mirino di uno stormo di cornacchie gracchianti. 
Merito di un efficiente sistema di passaparola, come hanno scoperto alcuni ricercatori della University of Washington di Seattle. 

 Già 5 anni fa studiando questi uccelli il ricercatore John Marzluff aveva scoperto che le cornacchie imparano a riconoscere un essere umano ai loro occhi "pericoloso". Marzluff aveva provato a intrappolare per breve tempo alcune cornacchie americane (Corvus brachyrhynchos) indossando una maschera da uomo delle caverne. In seguito i volatili coinvolti nell'esperimento avevano manifestato un comportamento aggressivo verso chiunque indossasse la stessa maschera, inseguendolo e gracchiando aspramente, mentre ignoravano chi portava una maschera neutra. 


Da allora Marzluff ha continuato a monitorare le reazioni alle maschere delle cornacchie che popolavano il suo campus universitario. 
Insieme al suo team ha scoperto che sempre più uccelli reagivano negativamente alla vista dei finti "uomini delle caverne". 
Due settimane dopo l'esperimento, solo il 26% dell'intera popolazione di cornacchie gracchiava vivacemente alla vista delle maschere; 2,7 anni dopo, la percentuale degli esemplari consci del "pericolo" era del 66%. 
Oggi, cinque anni dopo l'esperimento, il ricercatore non riesce neanche a compiere 50 metri indossando la maschera che subito viene attorniato da uno stormo di animali sulla difensiva. 


Anche le cornacchie più giovani, che al momento del "fattaccio" non erano ancora nate, sanno identificare l'essere umano considerato minaccioso. 
Questi pennuti, secondo i ricercatori, avrebbero due modalità di apprendimento: quello per esperienza diretta e quello che avviene osservando il comportamento delle compagne. 
Le cornacchie, in sostanza, «si osservano e ci osservano molto più di quanto pensassimo», hanno concluso gli etologi.

Fonte: Focus.it

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