Quella di Charles Goodyear è tecnicamente la storia di un fallito. Uno di quelli che si “impuntano” su di un’idea e si ritrovano a gambe all’aria prima ancora di ragionare sul senso degli esperimenti condotti, a metà tra geni incompresi e strampalati cronici. Ed effettivamente Goodyear strampalato lo era e non poco. Originario di Philadelphia, passò la vita tra Boston e New York aprendo piccoli empori di merci, che puntualmente faceva fallire, dedicandosi in realtà a tempo pieno alla ricerca di un brevetto che gli avrebbe cambiato la vita.
Come quando, con già diversi fallimenti alle spalle e un paio di mesi passati “al fresco” per bancarotta, si presentò da un grossista di Boston sostenendo di aver inventato un sistema geniale e rivoluzionario per le valvole di gonfiaggio dei salvagenti di plastica grezza tanto amati dalla borghesia americana che scopriva e si godeva l’elegante ristoro balneare.
Il grossista, storto il naso di fronte al marchingegno, chiese in quale materiale fosse realizzato, e quando Goodyear rispose entusiasta che la novità stava proprio nell’uso di quel miracoloso composto arrivato da poco dal Brasile chiamato “rubber” (gomma), si prese, in tutta risposta, gli insulti del negoziante il quale gli fece notare che tutti i tentativi di commercializzazione della gomma erano andati…in fumo. Infatti, non appena la calura avanzava inesorabile, qualunque oggetto in gomma acquistato poco tempo prima andava disciolto e fritto in pochi minuti.
Sconsolato, Goodyear ritornò al suo laboratorio domestico, dove sotto lo sguardo attonito della moglie non smetteva di interrogarsi su come rendere la gomma il nuovo “metallo elastico”, utile a tutto, alla portata di chiunque e soprattutto immune alla fusione.
Tuttavia, non riuscì a raggiungere casa, perché sul tragitto del rientro venne arrestato di nuovo a causa dell’ennesimo mancato pagamento di una fornitura di materiali per uno dei suoi tanti negozietti falliti.
In cella non si fermò, e implorò la moglie di portargli tanta gomma per riflettere: giunse alla conclusione che era necessario mescolare assieme ad essa qualcosa di indurente, come la polvere di magnesio venduta nelle drogherie.
Realizzò diversi oggetti sperimentali con quel mix, ma una volta tornato a casa, si sciolsero al primo sole cocente.
Fu costretto a chiedere asilo ai suoi cugini newyorchesi benestanti, mentre tutta la sua famiglia viveva in un’indigenza sempre più tragica, che portò, peraltro, alla morte infantile di 6 figli dei dodici avuti.
L’anno della svolta fu il suo cinquantesimo, quando dopo mille tentativi, aggiunse alla gomma un composito solforico ed uno a base di acido nitrico.
Si precipitò, così, nella taverna più vicina ad annunciare la sua nuova trovata, e mentre agitava in aria la sua creazione, un pezzo di quella gomma evoluta gli volò via atterrando sulla piastra della stufa borbottante: risata generale degli avventori, ma, meraviglia delle meraviglie, la gomma non si sciolse ed anzi, si solidificò nei bordi, assumendo al centro un aspetto uniforme e semi-rigido simile al cuoio.
Suo malgrado, Goodyear aveva appena perfezionato il primo processo di vulcanizzazione della gomma, attraverso il quale la stessa viene legata allo zolfo con il calore che ne modifica strutturalmente le caratteristiche.
Il momento era arrivato, e attraverso uno dei suoi parenti, produttore tessile, Goodyear brevettò e iniziò a produrre innumerevoli accessori in gomma per le arricciatissime camicie dandy che la moda imponeva in quegli anni.
Era il 1852, e l’antitrust non esisteva, così, pochi mesi dopo, altri mille novelli Goodyear si improvvisarono produttori di gomma vulcanizzata, annullando i guadagni dei brevetti originari, cosa che portò il nostro Goodyear ad affrontare in veste di denunciante più di 30 processi contro i “pirati” del brevetto.
La stessa cosa avvenne all’estero, quando l’inglese Thomas Hancock battezzò personalmente come “vulcanizzazione” il processo scoperto da Goodyear, e vide bene di registrare a proprio nome presso il tribunale inglese il relativo brevetto, la cui ricetta era giunta nel frattempo in Gran Bretagna.
Charles Goodyear morì nel 1860, con 200.000 dollari di debiti sulle spalle e, dall’altro lato, una quantità di royalties sulle sue invenzioni almeno sufficiente a non ridurre in povertà i suoi discendenti.
Gli oggetti prodotti in gomma vulcanizzata nel frattempo si erano moltiplicati, dall’abbigliamento all’utensileria, fino a quando verso la fine dell’800 Frank Seiberling, un signore dell’Ohio proveniente da una famiglia di costruttori di rotaie, decise di buttarsi nel business della gomma per i primi trasporti stradali, intitolando la nascitura azienda al defunto inventore della vulcanizzazione.
Fu così che nel 1898 venne fondata la Goodyear Tire and Rubber Company, in omaggio allo sfortunato, strampalato e quasi grottesco personaggio che con le sue convinzioni era diventato, all’ennesimo ossessionato tentativo, uno degli inventori più celebri e rivoluzionari dei suoi tempi.
Tommaso Sabbatini
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