-
I cittadini del Lazio pagano 88mila euro annui per sostenere al momento quattro adozioni all’estero, cifra confermata per il 2013
- Gli enti autorizzati quantificano in 4mila euro il costo di una pratica: con 88mila euro un ente privato avrebbe potuto seguire 22 coppie
- L’accordo risale al 2012, quando Renata Polverini sottoscrisse un impegno con l’Agenzia Regionale per le Adozioni Internazionali (Arai) del Piemonte
- Il garante per l’infanzia del Lazio, Francesco Alvaro: “Quasi 90mila euro per sole 4 coppie è più che uno spreco, meriterebbe una riflessione a livello istituzionale”
Forse non lo sanno, ma i cittadini del Lazio pagano 88mila euro annui per sostenere al momento quattro adozioni all’estero.
A giudicare dalle delibere relative, sarà così ogni anno, visto che la medesima cifra è stata stanziata nel 2012 e confermata anche per l’esercizio finanziario del 2013.
Azione benemerita, dirà qualcuno.
In fondo, accrescere la famiglia, anche quando i figli di pancia non arrivano, non può essere un privilegio riservato ai più ricchi. Peccato che con 88mila euro, a cui vanno aggiunti altri costi ‘invisibili’ (per esempio gli stipendi percepiti dai dipendenti pubblici incaricati di seguire il servizio),
la Regione Lazio riesce a tagliare solo una quota delle spese relative alla cosiddetta ‘pratica Italia’, cioè i servizi resi all’inizio dell’iter adottivo, prima che la coppia venga abbinata a un Paese straniero.
Costi che la maggior parte degli enti autorizzati privati quantificano in 4mila euro per ciascuna pratica.
Quindi con 88mila euro un ente autorizzato privato avrebbe potuto seguire 22 coppie.
E invece gli 88mila euro sono davvero troppi, specie se rapportati al numero delle coppie laziali seguite dal servizio pubblico, che la stessa Regione, durante un incontro pubblico tenuto il giorno 16 dicembre 2013, ha dichiarato essere state quattro nel 2013. Laddove nel Lazio, stando alle statistiche pubblicate dalla Cai, le coppie che ogni anno portano a termine un’adozione sono circa 300.
Né le agevolazioni garantite alle coppie che si rivolgono al servizio pubblico riguardano la ‘pratica estero’. A carico comunque degli aspiranti genitori adottivi. In merito a quest’ultima, nella convenzione viene specificato che l’Arai si impegna a informare la Regione Lazio di “ogni eventuale proposta di modifica dei costi per le spese relative ai servizi all’estero e alle relazioni di follow up a carico delle coppie”.
L’accordo risale al 6 luglio 2012 quando la Regione Lazio, all’epoca guidata da Renata Polverini, ha sottoscritto l’impegno a collaborare per un quinquennio, rinnovabile, con l’Agenzia Regionale per le Adozioni Internazionali (Arai) del Piemonte, che è convenzionata anche con Liguria, Valle d’Aosta e Calabria.
Obiettivo dichiarato, garantire alle coppie aspiranti all’adozione un’adeguata preparazione e un costante accompagnamento durante tutto il percorso adottivo; realizzare il principio di economicità dell’azione amministrativa; evitare il proliferare di enti che concorrono all’estero per gli stessi fini.
Ora, nel caso del Lazio siamo al paradosso. Visto che questa è la regione italiana in cui si registra il maggior numero di sedi di enti autorizzati, che sono ben 31. Per cui l’Arai, anziché sfoltire, semmai incrementa la pletora di enti autorizzati.
Scettico sull’opportunità del provvedimento anche il garante per l’infanzia del Lazio, Francesco Alvaro:
«Questa convenzione mi è suonata male fin da quando è nata. Pensavo che la nuova amministrazione l’avesse accantonata. Tenendo conto che il contratto è addirittura quinquennale, rischia di devitalizzare su una materia così importante le funzioni della Regione».
E nel merito osserva: «Una spesa di quasi 90mila euro per sole quattro coppie che peraltro non va a beneficio dei richiedenti è più che uno spreco, meriterebbe una riflessione a livello istituzionale. E’ una specie di cantiere aperto, che non si sa dove va a finire».
Nessun commento:
Posta un commento