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mercoledì 17 aprile 2013

Trovati i resti della sorella di Cleopatra?

Una archeologa viennese che insegna in North Carolina sostiene di aver individuato le ossa della sorella (o sorellastra), di Cleopatra, che fu assassinata. 
Ma non tutti ne sono convinti; infatti le prove che collegano le ossa, scoperte in una antica città greca, alla sorella di Cleopatra, Arsinoe IV, sono in gran parte circostanziali. Hilke Thur, archeologa dell’Accademia Austriaca delle Scienze ed ex direttrice degli scavi nel sito presso il quale le ossa sono state trovate, ha spiegato che è stato tentato anche un test del DNA; tuttavia le ossa, antiche di 2000 anni, erano state spostate e maneggiate troppe volte per ottenere risultati affidabili: 
“non abbiamo ottenuto i risultati sperati”, 
ha spiegato la studiosa.





Arsinoe IV era sorella o sorellastra di Cleopatra, più giovane di lei; il padre di entrambe era Tolomeo XII Aulete, mentre non è chiaro se avessero anche la stessa madre. La politica familiare tolemaica era rigida: quando Tolomeo XII morì, Cleopatra e suo fratello Tolomeo XIII diventarono sovrani insieme, ma Tolomeo estromise presto Cleopatra. Giulio Cesare si schierò dalla parte di Cleopatra nella lotta per il potere, mentre Arsinoe si unì all’esercito egiziano che si opponeva a Cesare e all’esercito romano. Alla fine Roma vinse, e Arsinoe fu fatta prigioniera; le fu permesso vivere in esilio a Efeso, antica città greca nell’odierna Turchia. Tuttavia, Cleopatra considerava la sorella come una minaccia, e la fece uccidere nel 41 a.C. Nel 1904 gli archeologi iniziarono a scavare a Efeso le rovine di una struttura che, per la sua forma, era nota come l’Ottagono. Nel 1926 vi fu scoperta una camera sepolcrale che conteneva le ossa di una giovane donna. La Thur sostiene che la datazione della tomba (seconda metà del I secolo a.C.) e la sua prestigiosa posizione all’interno della città indicano che appartenesse a Arsinoe IV; l’archeologa ritiene anche che la forma ottagonale richiamasse quella del grande faro di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo antico; la tomba sarebbe quindi stata un omaggio ad Alessandria, città natale di Arsinoe e capitale dell’antico Egitto.


Il teschio della principessa scomparve in Germania durante la seconda guerra mondiale, ma la Thur ne trovò alcuni resti all’interno di due nicchie della camera sepolcrale nel 1985. La scoperta hanno provocato molti dibattiti: l’analisi forense ha rivelato che appartenevano a una ragazza di 15 o 16 anni, e questo renderebbe Arsinoe sorprendentemente giovane per qualcuno che avrebbe dovuto svolgere un ruolo importante di comando in una guerra contro Roma. La Thur respinge queste critiche: “Questa discussione accademica è normale. È una forma di gelosia”. Nel 2009, un documentario della BBC, “Cleopatra: Ritratto di un assassino”, affermò che le ossa erano di Arsinoe. Al tempo, la controversia si incentrava sul cranio perduto. Negli archivi storici sono presenti le misurazioni e le fotografie del teschio incompleto, che furono utilizzati per ricostruire il volto della donna morta. Da questa ricostruzione, la Thur e i suoi colleghi sono arrivati alla conclusione che Arsinoe avesse una madre africana (mentre i Tolomei erano di etnia greca). Questa scoperta ha portato alla conclusione che anche Cleopatra fosse africana. Ma i classicisti affermano che queste conclusioni sono traballanti: “Abbiamo dedotto l’etnia di Arsinoe basandoci su un cranio ricostruito in base a misurazioni prese negli anni 20?” ha scritto David Meadows, un classicista e insegnante canadese, sul suo blog rogueclassicism. Inoltre, Cleopatra e Arsinoe potrebbero non aver avuto la stessa madre: “In questo caso, l’argomento etnico deve essere scartato”, ha scritto nel 2009 sulla rivista Times Literary Supplement Mary Beard, docente di materie classiche a Cambridge. Senza ulteriori esami, l’identificazione delle ossa rimane incerta: “Uno dei colleghi che ha collaborato con me al progetto mi ha detto due anni fa che non esiste attualmente nessun altro metodo per capirne di più”, ha detto la Thur. “Ritiene però che nuove metodologie possano essere sviluppate in futuro, quindi c’è speranza”.
 Fonte : ArcheoStoria

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