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mercoledì 17 aprile 2013

Djara Cave Egitto

Una volta il Sahara era una savana rigogliosa, ricca di piante, vita, e tantissima acqua, un luogo nel deserto egiziano ricorda che un tempo non troppo lontano,piogge e falde acquifere più superficiali erano piuttosto copiose e costanti nel tempo, anche in pieno deserto.

Parliamo della Djara Cave, un luogo unico al mondo, un esempio di paleo carsismo, un ambiente ipogeo che si apre all'improvviso su di un altopiano calcareo a sud- est delle oasi di Bahariya e Farafra, non distante dal lunghissimo e magnifico cordone di dune longitudinali, chiamato Abu Muharrik.
Questo campo di dune, il cui nome è traducibile letteralmente come il “padre di tutte le dune”, si estende per quasi 600 km, da nord a sud, parallelo alla valle del Nilo, una lunghezza da record, luogo ideale per ammirare albe e tramonti.
Nella cornice magica del Sahara.

Il contesto sahariano di questa grotta,colpisce i viaggiatori, fino a pochi anni fa nessuno conosceva la Djara Cave.
A scoprirla fu l'esploratore tedesco Gerhard Rohlfs nel 1873,“Una cava di calcari, aperta sul terreno, la cui bellezza e dimensioni sono incomparabili stalattiti di 3-4 metri di lunghezza appesi al tetto, in drappeggi eleganti, più pure e più trasparenti di qualsiasi altre,queste stalattiti sono davvero misteriose.
Formate da gocce d'acqua fresca in un deserto che ne è completamente privo".

Da allora però la grotta non era stata più ritrovata, e nessuno sapeva della sua reale ubicazione. Furono alcune spedizioni di gruppi di tedeschi,ad individuare l'ingresso della Djara Cave nel 1989. La sua notorietà però rischia di “uccidere” la grotta. Trovandosi incustodita nel cuore del deserto occidentale, è soggetta ad atti di vandalismo, come la rottura delle stalattiti, prelevate come souvenir, che alla lunga ne potrebbero minare la sua bellezza. Sarebbe auspicabile quindi che questo luogo straordinario venisse protetto, ed inserito nella lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO. e soprattutto venisse visitato da gente con un minimo di giudizio, consapevole che le concrezioni non potranno ricrearsi in un ambiente desertico, e se danneggiate o perse per sempre.

Si scendono circa 7-8 metri fino ad arrivare sul fondo della Sala Centrale, dove una grande stalattite affonda in modo deciso sul pavimento sabbioso.
In alto, man mano i vostri occhi si abituano all'oscurità, vi accorgete che il soffitto è trapuntato da piccole stalattiti, ma che tutta la sala è uno spettacolo di speleotemi, con colonne, cortine e pilastri: una vera cattedrale naturale.

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