Quando D’Alema iniziò ad investire nelle sale Bingo
Si parla tanto di sale gioco, di famiglie in difficoltà perchè gli italiani si buttano sempre di più in questa pratica che dilapida patrimoni e mette in crisi famiglie.
Sarà bene ricordare come esplose in Italia, pochi anni or sono, il fenomeno delle sale Bingo.
Pur di fare soldi, infatti, ci si getta in un affare poco nobile: la creazione delle sale Bingo.
Sono oltre 400, create nel 2001, e garantiscono introiti immensi. Sentiamo casa scrive il quotidiano cattolico “Avvenire”( 1/7/2001): “mai visti tanti uomini vicini ai DS davanti alle cartelle del Bingo. La metà delle sale pronte ad aprire saranno gestite da chi è in qualche modo legato alla Quercia.
Duecentododici sale su quattrocentoquindici.
Più della metà.
Un business che va dai settanta ai centocinquanta miliardi l’anno per sala.
Difficile resistere. I ‘D’Alema boys’ hanno fatto tombola prima ancora che si cominciasse a giocare.
Hanno fondato una società, la Formula Bingo, e fatto il lavoro migliore.
I frutti si sono visti. Già, ma perché D’Alema boys? A loro il nome non piace. Ma come sanno tutti nessuno può sceglierselo.
Sta di fatto che lo staff di Formula Bingo vede alla vicepresidenza Luciano Consoli (militante PCI sezione Trastevere) e nessuno può negare che sia un amico dell’ex presidente del Consiglio diessino. Così come non passa inosservata la sede della società: Via San Nicola de Cesarini al 3, Roma. Nello stesso palazzo dove si trovano gli uffici di ‘Italianieuropei’, la fondazione creata da D’Alema…“.
Mesi prima, il 20/1/2001, sempre Avvenire specificava che Formula Bingo “è posseduta per metà da una banca, la London Court, a sua volta guidata da un vecchio amico di D’Alema, Roberto De Santis. Così amico che è stato lui a cedere al leader diessino la fin troppo nota barca Ikarus.
Ma la London Court ha un altro azionista al 50%, la Chance Mode Italia, il cui patrono è un altro amico di d’Alema, Luciano Consoli…”.
L’accusa arriva anche da sinistra. Marco Travaglio, durante un raduno ad una convention girotondina, parlando del governo D’Alema si lascia scappare una frase piuttosto imbarazzante:
“Quelli sono entrati a Palazzo Chigi con le pezze al culo, e ne sono riusciti ricchi“. Perché queste accuse? Per la missione Arcobaleno, i rapporti con Colaninno, l’inchiesta sulla Banca del Salento, e i “D’Alema boys”, “imputati di improvvisa fama e ricchezza
(Corriere della Sera, 16/1/2004). ..
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