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sabato 6 aprile 2013

Artemisia Gentileschi



  Artemisia Gentileschi nasce a Roma l'8 luglio del 1593. E' la primogenita del pittore Orazio Gentileschi e di Prudentia Montone. Fin dall'infanzia è istruita per diventare un'artista dimostrando subito una certa abilità verso la pittura. 
 Artemisia può osservare da vicino molte opere che vari pittori, intorno a lei, stanno producendo in quel momento: dalla Galleria Farnese, affrescata da Annibale Carracci, alla chiesa di S. Luigi de Francesi dove sta lavorando Caravaggio, alla chiesa di S. Maria del Popolo, dove si stanno elaborando gli affreschi di Guido Reni e del Domenichino.
 A quei tempi, per una donna, il progetto di una carriera artistica è difficile e piena di ostacoli, ma Artemisia Gentileschi non si arrende: seguendo e lavorando insieme al padre, ha modo di conoscere diversi pittori, tra cui Caravaggio e il nipote di Michelangelo. La sua prima tela, "Susanna e i Vecchioni", è dipinta con uno stile molto naturale. La gestualità dei personaggi è decisa, le espressioni sono realistiche ed il dipinto mostra la sua conoscenza dell'anatomia umana, dei colori, del pennello e il suo gusto per la struttura del quadro.

Nell'estate del 1611 Artemisia visita in città alcune opere finalmente completate: Santa Maria Maggiore ed i suoi soffitti dipinti dal Cigoli e da Guido Reni, San Pietro e l'estensione della facciata voluta da Carlo Maderno, il Palazzo del Quirinale, dove il padre insieme a Giovanni Lanfranco, Carlo Saraceni e Agostino Tassi sta decorando la Sala Regia. 
 Orazio e Tassi lavorano insieme anche al "Casinò delle Muse", per l'affresco sulla volta del palazzo e si suppone che anche Artemisia partecipi alla decorazione. 
 Agostino Tassi è un pittore di paesaggi e di vedute marine, al quale Orazio affida la figlia per insegnarle come costruire la prospettiva in pittura. Tassi s'innamora di lei e tra i due nasce una relazione. Il padre Orazio, però, scopre la tresca e ritenendo la figlia vittima del suo amico/traditore Tassi, lo fa arrestare e processare per stupro (perdita di verginità senza promessa di matrimonio) nei confronti della figlia. 
Tassi era già sposato, ma separato e pare avesse una storia con la sorella della moglie. Al processo Artemisia cerca di salvare Tassi dichiarando che nulla fosse successo e d'essere ancora vergine, ma alla prova ginecologica immediata risulta la menzogna. A quel punto il giudice, per fare chiarezza, mette sotto tortura Artemisia di fronte al Tassi, il quale, non sopportando la vista del dolore inflitto alla sua innamorata, pur di far cessare lo strazio confessa d'averla violentata. 
Così parrebbe siano andate le cose, ma ovviamente ci sono interpretazioni maschiliste e interpretazioni femministe su come siano andate realmente.

All'epoca non essere vergine senza essere sposata corrispondeva ad una condanna sociale.
 Artemisia dopo il processo s'allontana dal padre che considera il responsabile dell'accaduto ed al quale non perdona d'aver provocato la condanna inflitta al Tassi, ma anche questa è una possibile interpretazione arbitraria.
 Un mese dopo la fine del processo (1612), Artemisia Gentileschi sposa un artista fiorentino, Pietro Antonio di Vincenzo Stiattesi che frequenta come lei l'Accademia del Disegno, dove Artemisia diventerà socio ufficiale nel 1616. 
 In questo periodo la giovane pittrice comincia a elaborare uno stile più personale. dipinge "Giuditta che decapita Oloferne", che rappresenta una delle scene più violente della Bibbia e che probabilmente rispecchia lo stato d'animo che la sconvolse durante il processo. 
 Il realismo e il drammatico chiaroscuro richiamano le opere precedenti di Rubens e di Caravaggio. Durante il soggiorno fiorentino ha il sostegno di diversi benefattori della città, tra cui la Famiglia De Medici e la Famiglia Buonarroti, dal quale riceve la commissione di completare un affresco all'interno della loro residenza.

All'Accademia Artemisia Gentileschi diventa amica di Galileo Galilei con il quale intrattiene una fitta corrispondenza.
 Durante il soggiorno in Toscana, quando ancora si firma con il cognome di Lomi, realizza un'altra versione di Giuditta, dal titolo "Giuditta e la sua governante", mentre in seguito dipingerà "L'allegoria dell'inclinazione". L'ultima tela completata a Firenze è "Giuditta che decapita Oloferne" e nel 1618 dà alla luce una bambina. 
 Nel 1620 Orazio Gentileschi parte per Genova per eseguire una nuova commissione e probabilmente Artemisia lo accompagna; qui la ragazza compone "Lucrezia" e "Cleopatra". A quel tempo Genova è una città mercantile di ricchi banchieri e così Artemisia non ha difficoltà a trovare degli acquirenti per le sue opere.
 Ed è durante il soggiorno genovese che incontrerà Anthony Van Dick; i due artisti si conoscono artisticamente ed è abbastanza probabile che si influenzeranno a vicenda.
 Artemisia ritorna a Roma nel 1622 dove rimarrà per alcuni anni, dipinge il "Ritratto del Condottiere", e partecipa al censimento del 1624-26.
 In questo periodo vive a Via del Corso, in prossimità di Piazza del Popolo, insieme a due domestici e alla figlia, che in base ad alcuni documenti dovrebbe chiamarsi Prudentia o Palmira. Non ci sono più tracce del marito: probabilmente si è separata, ed intanto sta nascendo una nuova figlia, concepita con un Cavaliere dell'Ordine di Malta, come ci attesta la lettera a lui indirizzata nel 1649.
 Il secondo periodo artistico romano di Artemisia coincide con il pontificato di Urbano VIII e con un nuovo orientamento di stile e di gusti: Gianlorenzo Bernini sta trasformando il volto della città e gli interni di San Pietro.

Artemisia lavora su un'altra rappresentazione di Giuditta: la sua "Giuditta e la domestica con la testa di Oloferne", è un esempio raffinato dello stile barocco caravaggesco sul quale sta lavorando.
 Il quadro "Giuseppe e la moglie di Putipharre" è pure dipinto durante questo periodo, particolarmente produttivo e pieno di soddisfazioni. 
 Una delle opere più conosciute e raffinate viene realizzata in questi anni: "L'Autoritratto dell'allegoria della pittura", nel quale dimostra la padronanza con la tempera ad olio ritraendo sé stessa nell'atto di dipingere, circondata dagli strumenti della pittura; un autoritratto abbastanza insolito per i suoi tempi; l'opera sarà acquistata da Re Carlo d'Inghilterra tra il 1639 e il 1649 ed entra a far parte della Royal Collection.

Dalle documentazioni del tempo sappiamo che Artemisia , come Caravaggio, soggiorna a Napoli tra l'agosto del 1630 e il novembre del 1637, una città che in quei tempi ha sete di opere d'arte. 
 Qui Artemisia nel 1630 incontra Velázquez ed entrambi lavoreranno per la regina Maria d'Austria. Lo stesso anno Artemisia completa una grande tela d'altare che ha come tema l'Annunciazione
 Nel 1638 Artemisia soggiorna a corte dei Re Carlo I e della regina Henrietta Maria; il re è un collezionista d'arte che ha già raccolto una sorprendente quantità di opere d'arte tra cui alcuni capolavori di Tiziano, Raffaello, Mantegna, Correggio, Caravaggio e di altri artisti del Rinascimento.
 La Gentileschi rimane a corte per quasi tre anni ed in questa circostanza lavora ancora con suo padre, che è arrivato in Inghilterra nel 1626 con l'incarico di affrescare il soffitto della Queen's House a Greenwich, ora Marlborough House, che ha come tema "L'allegoria della Pace e delle Arti sotto la Corona Inglese". Orazio Gentileschi muore il 7 febbraio del 1639 e Artemisia così tra il 1640 e il 1641 torna a Napoli, dove rimane per il resto della sua vita. 
 Quest'ultimo periodo è caratterizzato dal lavoro per conto di Don Antonio Rufo di Sicilia; Artemisia completa "David e Betsabea" e "Lot e le sue figlie". Una delle sue ultime opere famose è la sua prima eroina femminile, "Lucrezia", personaggio nel quale Artemisia si identifica: una donna forte, abile e indipendente.
 Artemisia Gentileschi muore nel 1653 e, nonostante la sua arte e la sua importanza, i critici d'arte non hanno perso troppo tempo: su di lei non è stato scritto molto. 
 Ciò che rimane della sua vita e della sua esperienza artistica sono 34 dipinti e 28 lettere.

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