“Un diamante è per sempre”, recita una pubblicità nota a tutti. Anche se nella realtà non è così, in verità essi durano un tempo incredibilmente lungo per un uomo. E gran parte della loro vita la trascorrono all’interno della Terra. Ma ciò che è incredibile è soprattutto il luogo dove essi si formano e il viaggio che compiono per arrivare sulla superficie terrestre. Un viaggio così complesso che per molto tempo, e ancora oggi, presenta aspetti non del tutto chiari. Con nuove e avanzatissime tecnologie una ricerca ha da poco dimostrato come i diamanti compiano lunghi percorsi nel mantello fluido del nostro pianeta prima di arrivare in superficie, smentendo ipotesi precedenti che sostenevano che i diamanti si formino poco prima di essere espulsi da un vulcano. Ad oggi i geologi conoscono ancora poco di quel che c’è sotto la crosta terrestre, nel mantello del pianeta, che inizia a 25-35 chilometri per arrivare in prossimità del nucleo a 2900 km di profondità. Ma quel che è certo è il fatto che solo nel mantello si possono incontrare le pressioni necessarie per far si che gli atomi di carbonio si strutturino in diamanti e che questi ultimi arrivano in superficie solo attraverso eruzioni vulcaniche di estrema violenza.
Quel che è di grande interesse è il fatto che a volte il carbonio che forma i diamanti cattura piccolissimi pezzetti di mantello, chiamate “inclusioni” (vedi foto a fianco), al suo interno, incapsulandoli come in una macchina del tempo. Questo avviene sia quando si sta formando un nuovo minerale, sia quando questo può essere distorto o fratturato nel suo vagare all’interno del mantello. All’occhio umano un diamante con tali inclusioni appare del tutto simile a quelli che non le possiedono e un monile assume in ogni caso tutta la sua lucentezza e bellezza. Ma ad uno scienziato che possiede strumenti in grado di arrivare ad osservare le inclusioni il valore del diamante ne assume uno del tutto diverso, quello scientifico. “Poiché è al momento impossibile realizzare perforazioni che arrivano al mantello profondo, questa strada ci permette di analizzare il mantello terrestre seppur indirettamente”, spiega Ekaterina Rubanova dell’ARC Centre of Excellence for Core and Crust Fuid System of Macquarie University in New Saouth Wales, in Australia. Le inclusioni hanno dimensioni estremamente piccole, si parla infatti di oggetti che vanno da 5 a 50 miliardesimi di millimetro, dimensioni “invisibili” anche ad un esperto, ma che opportunamente pulite con un laser, levigate e sottoposte a microscopi elettronici diventano libri aperti dell’interno del nostro pianeta. La ricerca condotta da Rubanova e pubblicata su un’importante rivista scientifica ha permesso di sostenere che i diamanti vengono profondamente deformati nel mantello terrestre, nonostante siano i minerali più “duri” che si conoscono. Inoltre ha potuto stabilire che in un medesimo cristallo vi può essere più di un’inclusione di mantello, ad indicare che il diamante ha percorso un lungo tragitto andando a pescare pezzi di mantello diversi l’uno dall’altro. La conclusione della ricercatrice sostiene che generalmente i diamanti percorrono un lungo viaggio nel mantello terrestre prima di radunarsi in un luogo dove un vulcano provvederà a farli arrivare sulla superficie della Terra.
luigibignami
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