Questo castello, dai tipici tratti dell’architettura gotica, si presenta come una roccaforte invalicabile in cima al monte sul quale venne costruito. Da qui svetta sulla vallata che si stende tutt’attorno con la sua mole in pietra, massiccia e severa, le sue torri ed i tetti tronco-conici con tegole rossastre.
Quelli che oggi sono gli ambienti del Museo d’Arte Medievale, raggiungibili tramite strette scalinate, lunghi corridoi e passaggi segreti, era in realtà un avamposto che permetteva di avere un’ottima visuale sul confine tra i diversi territori ed il luogo in cui venivano pagati i dazi per poter attraversare le due giurisdizioni.
Le sue fattezze sono state spesso rimaneggiate nel corso dei secoli, infatti, durante la visita, è possibile notare negli ambienti la commistione dei diversi stili che nel tempo lo hanno interessato. La struttura è suddivisa in quattro piani: il più basso, quello rimasto pressoché simile a come doveva apparire nel Medioevo, adibito a sotterraneo; il primo piano destinato alla servitù, con ampie camere dagli arredi spartani; il secondo occupato dalla Regina Maria di Sassonia e da sua figlia Ileana, dal mobilio massiccio e più ricercato, con drappi e corredi preziosi ed infine il terzo piano destinato al consorte, il Re Ferdinando I di Romania, molto più lussuoso e da cui si gode di una strepitosa vista panoramica.
Il legame con Vlad III di Valacchia, o Vlad Tepes (“L’impalatore”), lo si deve alla sua permanenza in questa roccaforte per un breve periodo, al fine di sorvegliare i propri possedimenti.
In realtà la residenza storicamente accreditata del Principe (“voivoda” in rumeno) si trova ad Arefu, ad un centinaio di chilometri ad Ovest di Bran, sulla vallata del fiume Arges, conosciuta come Fortezza di Poenari di cui oggi restano alcuni ruderi molto scenografici.
La fama del crudele Vlad, storicamente esistito e vissuto a cavallo tra il 1431 ed il 1477, è dovuta alla cruenta morte che destinava ai suoi nemici, ovvero per impalamento e per questo conosciuto come il sanguinario conte di Valacchia. Difatti, quando egli si ritrovò a dover riconquistare i territori della Transilvania, adottò misure alquanto severe per gli oppositori: sterminandoli tutti a seguito di indicibili torture ed impalando dapprima i nobili e poi i cittadini sostenitori della casata nemica.
Il “soprannome” Dracula, significa letteralmente “figlio di Dracul”. In effetti, suo padre Vlad II era un “Dracul”, ovvero appartenente alla casata nobiliare dei “Del Drago”, dal quale proveniva l’appellativo “Dragonul”, storpiato poi in “Dracul” nella lingua locale, che invece significa “Il Diavolo”. Pertanto vi fu un sostanziale errore linguistico tra “Dragonul”, “Il Drago”, e “Dracul”, “Il Diavolo”, avvalorato dalla fantasia locale che vedeva nell’emblema presente sullo stemma familiare un grosso mostro minaccioso scambiato per il demonio.
Da qui si diffuse la tradizione secondo cui “Dracula”, ovvero Vlad III “figlio di Dracul”, fosse in realtà la personificazione di un diavolo, crudele, sanguinario e capace di cattiverie inenarrabili.
La storia moderna, poi, ha cavalcato l’onda del folklore e, a seguito dell’uscita del celebre romanzo “Dracula” (1897) dello scrittore irlandese Bram Stoker, si è alimentata la leggenda secondo cui il conte Vlad III di Valacchia fosse un mostro assetato di sangue. Contrariamente alla visione popolare di questo personaggio, per il popolo rumeno fu invece un valoroso condottiero nel periodo buio del Medioevo, capace di difendere i territori e le ricchezze di uno Stato anche a costo di sterminare ogni singolo nemico.
Questo luogo, come altri numerosi castelli che caratterizzano la Romania, è avvolto da un’atmosfera particolare, carica di fascino e mistero allo stesso tempo, ricco di storia e cultura che va oltre le celebri leggende qui ambientate.
Fonte: viaggiandonellabellezza
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