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giovedì 11 aprile 2019

I Nizariti, la temibile Setta degli Assassini


La Setta degli Assassini, anche conosciuta con il nome di Nizariti, è collegata all’origine etimologica del termine stesso, ma è anche entrata nell’immaginario collettivo attraverso opere celebri come il videogioco Assassin’s Creed o il romanzo Angeli e Demoni di Dan Brown. 

L’affascinante e sanguinosa storia degli assassini è in parte avvolta nella leggenda. 
Si trattava di una setta ismaelita, una corrente dell’islam sciita che è a sua volta il più grande ramo minoritario dell’Islam.

 Nata tra la Persia e la Siria, è molto probabile che la sua fondazione risalga al 1094, quando Ḥasan-i Ṣabbāḥ, primo gran maestro dell’Ordine, si stabilì nella fortezza di Alamut con i suoi discepoli.


Ismaelita, Ḥasan-i Ṣabbāḥ era una figura carismatica e popolare all’interno della propria corrente, e non faticò a radunare seguaci. Si pensa – benché non si possa avere certezze al riguardo – che la fondazione dell’Ordine avesse lo scopo di fargli acquisire maggior potere politico, e anche di permettergli di vendicarsi dei suoi nemici. 

Ḥasan-i Ṣabbāḥ venne anche conosciuto come “il vecchio della Montagna”, benché questa espressione sia dovuta a un’errata traduzione di “capo della Montagna”. 

 Gli occidentali conobbero la setta degli Assassini grazie ai racconti di Marco Polo ne Il Milione, ma anche grazie alle testimonianza dei Crociati, che li conoscevano e li temevano.


Marco Polo descrive un castello fra le montagne, e un capo che aveva creato un vero e proprio paradiso terrestre, con tutti i piaceri promessi da Maometto.
 I giovani avrebbero potuto trovarvi vino, latte e miele, divertimento, ma potevano entrare e uscire dal castello solo addormentati.
 Quando c’era bisogno di un assassino, i giovani venivano drogati con l’hashish (da cui qualcuno sostiene derivi il termine stesso “assassino”) e fatto uscire dal castello. 
Per tornarci, doveva compiere la propria missione.

 Il condizionamento psicologico del “Vecchio della Montagna” era potente e abile. 
Quando assassinavano il bersaglio indicato, gli Assassini venivano a volte uccisi sul posto, ma lo facevano con il sorriso sulle labbra, e si pensa che ciò fosse dovuto all’hashish o all’oppio assunti. Se questa versione fosse corretta, si può pensare che il Vecchio li convinceva che la missione dava loro diritto a tornare immediatamente nel “falso paradiso” della montagna.

 La completa sottomissione al “leader”, caratteristica fondamentale di quasi ogni setta ancora oggi, era uno dei pilastri su cui si reggeva l’Ordine degli Assassini.

Non è in realtà affatto sicuro che la Setta degli Assassini usasse davvero l’hashish per motivare i suoi adepti.

 I Nizariti adoperavano tattiche di guerra molto fini, come l’attacco chirurgico o la sottomissione psicologica.

 Gli assassinii erano perpetrati quasi unicamente ai danni delle figure rivali prominenti, in maniera estremamente selettiva. 
Quando questo accadeva, però, era in luoghi pubblici, di solito nelle moschee e durante i giorni sacri, per ottenere l’effetto più sensazionalistico possibile.
 In questo modo, altri potenziali nemici venivano scoraggiati.


 In generale, gli assassinii erano ai danni di persone la cui eliminazione avrebbe maggiormente ridotto la violenza contro gli ismaeliti, soprattutto verso chi aveva perpetrato massacri ai danni della comunità.

 Quasi sicuramente gli Assassini aderivano al codice del guerriero islamico furusiyya, per cui erano esperti in combattimento e travestimento.
 I codici di condotta li volevano dotti nelle arti della guerra, in linguistica e in arti strategiche. 
L’approccio dei Nizariti era prevalentemente difensivo.
 C’era una rete di luoghi scelti per garantire nascondiglio ed evitare confronti e la perdita di vite umane.
 Questi luoghi erano disseminati per tutta la regione di Persia e Siria, insieme ad alcuni forti che accompagnavano quello di Alamut. 

Questa rete di luoghi fu molto utile agli ismaeliti, mentre il forte di Alamut rimase inespugnato fino all’arrivo dei Mongoli, nel 1256. 

 Una ricostruzione della fortezza di Alamut. 
Sotto, la vista dalle rovine oggi





La guerra psicologica e la pressione riuscivano spesso a sottomettere i nemici senza la necessità di ucciderli.
 Ad esempio, quando Ahmed Sanjar, l'ultimo sultano della dinastia Selgiuchide, rifiutò l’offerta di pace di Hassan, questi mandò un assassino al sultano, che un giorno si svegliò con un pugnale conficcato nel terreno accanto al suo letto. 
Questo garantì una politica di non belligeranza da parte di Sanjar verso la Setta, e lo spinse anche a lasciar loro le tasse raccolte dalle loro terre, a concedere licenze e a permettere di raccogliere pedaggi dai viaggiatori. 

 Etimologia di "assassino" 

 Si è pensato che il termine “assassini” derivasse da “hashashin” (fumatori di hashish), per via del supposto uso di hashish da parte della setta dei Nizariti.
 In realtà, è più probabile che l’etimologia di “assassino” derivi da Asasyun. 
Asas, in arabo, significa “principio”, e “asasin” indicherebbe gli “uomini di principio”. 

 Fonte: wonews.it

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