mercoledì 8 novembre 2017
Il mito greco del pavone
La bella e giovane ninfa Io stava rientrando a casa dal padre Inaco quando lo sguardo di Zeus si posò su di lei.
Tentò di fuggire correndo nel bosco per nascondersi ma Zeus non ne volle sapere e fece scendere una fitta nebbia, che gli permise di avvicinarla e di farla sua.
Giunone, moglie di Zeus, si insospettì vedendo tutta quella oscurità e così, gelosa, scese sulla terra ed eliminò la nebbia per capire cosa stesse accadendo. Zeus si accorse che la moglie era nei paraggi e per sviarla, tramutò Io in una giovenca.
Giunone la vide e volle averla in regalo tanto era bella. Zeus accettò per non insospettirla e Giunone, che in realtà aveva intuito la verità, la affidò ad Argo dai cento occhi, che l’avrebbe custodita con attenzione.
Un giorno la giovenca Io si avvicinò a un fiume specchiandosi nelle sue acque ma vedendosi, si ritrasse intimorita.
Vide suo padre e le sue sorelle che purtroppo non la riconobbero.
Il padre però le porse dell’erba, lei tracciò con la zampa una scritta sulla polvere in modo da farsi riconoscere.
Proprio in quel momento giunse Argo che la trascinò via. Ma Zeus si impietosì per la ragazza e decise di farla liberare da Mercurio. Quest’ultimo nei panni di un pastore si presentò ad Argo suonando una dolce musica e narrando la storia di Pan e Siringa.
Argo si addormentò e Mercurio gli tagliò la testa dai cento occhi.
Quando Giunone lo scoprì, si arrabbiò moltissimo e costrinse Io a peregrinare per il mondo finché raggiunse le sponde del Nilo.
Qui Io supplicò Zeus di avere pietà. Quest’ultimo riuscì a convincere Giunone a liberarla e Io si trasformò finalmente in una fanciulla.
Giunone raccolse la testa di Argo e per omaggiarlo mise i suoi cento occhi di luce sulla coda della sua creatura sacra, il pavone.
Questi occhi simboleggiano le stelle, l’universo, la luna, la volta celeste.
I Romani non a caso chiamavano il pavone “uccello di Giunone” e dicevano che accompagnasse le anime delle imperatrici nell’aldilà.
Tratto da : eticamente.net
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