venerdì 8 aprile 2016
La via di Annibale attraverso le Alpi
Una domanda accompagna, da duemila anni, i racconti sull'impresa di Annibale: come fece il condottiero cartaginese in marcia dalla Spagna, ad attraversare i Pirenei e le Alpi con 30 mila soldati al seguito (oltre a 15 mila cavalli e 37 elefanti), per arrivare in Italia e mettere in ginocchio le legioni romane?
Ora uno studio internazionale coordinato dalla York University di Toronto (Canada) potrebbe aver rintracciato il punto di transito di Annibale e delle sue truppe alla vigilia della Seconda Guerra Punica (218-201 a.C.): i cartaginesi potrebbero essere passati dal Colle delle Traversette, un valico alpino a quasi 3 mila metri di quota al confine tra la Valle Po, in Italia, e la Valle del Guil, in Francia.
Il nome non è nuovo, per chi si occupa dell'argomento: era già stato proposto più di un secolo fa, ma poi scartato in favore di località vicine con passi meno tortuosi, come il Colle Clapier (2.491 m), citato anche dallo storico romano Tito Livio.
Ma il Colle delle Traversette ha un elemento in più rispetto ad altre località ipotizzate: analisi microbiologiche e del polline depositato nell'area hanno rilevato, nei pressi del valico, la presenza di un grosso deposito di letame, probabilmente di cavallo, che le analisi al radiocarbonio datano al 200 a.C. circa.
Gli escrementi furono lasciati accanto a un lago o a una palude, l'unica nella zona abbastanza grande da abbeverare un gran numero di animali. Analisi genetiche hanno rivelato nel sito una prevalenza di Clostridia, batteri caratteristici delle feci equine.
Minori quantità di questi microbi, il cui materiale genetico si conserva anche per migliaia di anni, sono state trovate anche in altri punti del valico.
Ulteriori analisi dei reperti - e, con un po' di fortuna, la scoperta di parassiti al loro interno - potrebbero chiarire se nel letame si trovi anche sterco di elefanti, e forse anche la provenienza geografica degli animali.
Ma ammesso che Annibale sia passato da qui, perché scelse la strada difficile?
Per gli storici non avrebbe avuto scelta.
Prima di arrivare a Roma, infatti, doveva difendersi dall'attacco di altre popolazioni sparse nell'arco alpino, come i Galli: un sentiero più alto e meno battuto avrebbe potuto scongiurare il rischio di assalti improvvisi.
Il passaggio delle Alpi ovviamente non fu indolore.
Le valanghe decimarono l'esercito cartaginese, spazzando via migliaia di soldati e centinaia di cavalli.
Il gelo e le popolazioni delle Alpi fecero il resto: di 37 (o 38 o ancora 34 secondo altre fonti) elefanti da guerra che facevano parte della spedizione ne sopravvissero solamente 21 alla traversata.
I primi a usare gli elefanti in battaglia erano stati gli Indiani, poi imitati da Alessandro Magno (IV secolo a. C.), ma loro avevano impiegato elefanti asiatici, più piccoli e facili da addomesticare.
L’arma segreta di Annibale - usata in battaglia una sola volta, sul fiume Trebbia (nel piacentino) - era invece l’elefante della sottospecie Loxodonta africana cyclotis o elefante africano delle foreste.
Questa specie viveva a quel tempo anche sulle alture dell’Atlante (Africa settentrionale), raggiunge i 2,3 metri di altezza (meno dell’elefante africano della savana) ed era stata addomesticata a scopo bellico dai Numidi.
Dopo aver attraversato, terrorizzati, il Rodano su zattere di fortuna e avere affrontato gli impervi passi alpini, solo uno degli elefanti di Annibale sopravvisse al rigido inverno dell’Italia settentrionale
Fonte: focus.it
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