Verso la fine del diciannovesimo secolo, il grande inventore e imprenditore statunitense Thomas Edison lanciò sul mercato la prima bambola parlante della storia, integrando in un giocattolo di legno e metallo la tecnologia del fonografo da lui già brevettata.
Fu un fiasco clamoroso, non solo perché si trattava di un oggetto eccessivamente fragile e costoso, ma soprattutto perché terrorizzava i bambini.
Come racconta il New York Times, da alcune settimane il National Park Service (l'agenzia statunitense che gestisce i parchi e i monumenti nazionali e altri luoghi protetti) ha messo online sul proprio portale le registrazioni di otto di queste bambole, di cui tre totalmente inedite. E non c'è che dire, le loro voci sembrano uscite direttamente da un film horror.
Sfruttando il succedo del fonografo, che era stato brevettano nel 1878 e diffuso inizialmente nei luna park, nel 1887 Edison fondò insieme a due soci in affari la Edison Phonograph Toy Manufacturing Company con l'obbiettivo di commercializzare delle bambole che riproducessero filastrocche per bambini, sfruttando un fonografo in miniatura inserito nel petto che si azionava con una piccola manovella.
La produzione iniziò nel 1890, ma, nonostante l'iniziale consenso riscontrato nei negozi a ridosso del Natale, le fortune dell'invenzione durarono solo sei settimane.
Il giocattolo si rivelò dispendioso e troppo delicato da maneggiare. Le ragioni del flop, però, non finivano qui: i bambini erano spaventati dai ritornelli recitati da quelle bambole dagli occhioni vitrei, le cui voci suonavano sinistre e poco rassicuranti.
I "mostriciattoli" di Edison hanno comunque segnato un'epoca: i cilindri fonografici utilizzati rappresentano un proto-esempio di disco di intrattenimento, mentre le ragazze assunte per recitare le filastrocche sono, secondo gli storici, le prime al mondo ad aver prestato la loro voce per una registrazione artistica.
Per oltre un secolo, diverse bambole conservate in musei e teche private sono rimaste letteralmente senza voce.
L'usura del tempo sconsigliava infatti di azionare il meccanismo che le avrebbe forse fatte uscire dal loro mutismo, ma al tempo stesso danneggiate irreparabilmente.
La soluzione al problema è stata fornita da una tecnologia sviluppata nel 2007 presso il Lawrence Berkeley National Laboratory.
Il sistema, denominato IRENE (acronimo di Image, Reconstruct, Erase Noise, Etc.) consente di digitalizzare il suono ricostruendo al pc le immagini dei solchi impressi sul supporto di registrazione. In pratica un microscopio collegato al computer scansiona le incisioni, producendo migliaia di foto ad alta risoluzione, che un apposito software analizza e traduce nell'equivalente traccia audio.
La tecnica ha permesso di recuperare svariate voci conservate nei balocchi di Edison, rimpinguando un archivio sonoro che è ora fruibile anche sul web.
Soprattutto per chi ama le storie dell'orrore.
Fonte: focus.it
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