Migliaia di ulivi eradicati o tagliati e ridotti a tronchi morti.
È questo il triste scenario che si prospetta nel Salento, in Puglia, dove un batterio, la Xylella fastidiosa, ha colpito le coltivazioni di olivi.
La Xylella, batterio della famiglia delle Xanthomonadaceae, si caratterizza per l'elevata variabilità genetica e fenotipica (ossia l'insieme delle sue caratteristiche osservabili).
Se ne conoscono al momento quattro sottospecie che infettano circa 150 diverse piante: la fastidiosa colpisce olivi, viti e aceri; la sandyi punta all'oleandro; la multiplex predilige il pesco, l'olmo, il susino; la pauca preferisce le piante di agrumi e di caffè.
Il meccanismo di attacco è però è simile per tutte le varietà del batterio: si moltiplica nei vasi conduttori dello xilema delle piante ospiti: ostruisce i vasi che trasportano acqua e nutrienti dalle radici al fusto e fino alle foglie, creando una sorta di gel che impedisce il regolare flusso del fluido. Le piante infette così si seccano completamente.
Il batterio non è sporigeno ma si trasmette attraverso insetti vettori, in particolare quelli della famiglia delle Cicadellidae, che si nutrono succhiando dai vasi linfatici delle piante grazie a un apparato boccale.
Nutrendosi da una pianta infetta trasmettono poi il batterio a una pianta sana.
L'equipe del dottor Donato Boscia del CNR di Bari (Istituto per la protezione sostenibile delle piante) ha scoperto che nel caso specifico della Xylella che ha colpito gli olivi pugliesi, l'insetto vettore è la Philaenus spumarius, nota come sputacchina.
Studiando il DNA del batterio, confrontandolo con una banca dati internazionale, Boscia ha concluso che la Xylella presente in Puglia è uguale a quella in Costa Rica.
Un viaggio davvero lungo, se si pensa che l'insetto vettore al massimo vola per un centinaio di metri o poco più, sfruttando i venti.
Ingrandimento (8kx) della sezione di un olivo infetto, dov'è evidente la colonizzazione da parte della Xylella fastidiosa.
L'insetto è un vettore, non è l'origine.
«L'ipotesi più probabile è che la Xylella sia arrivata con una pianta già infetta», spiega Boscia.
Alcuni indizi danno credito a questa spiegazione: a Gallipoli, dove nel 2010 si è verificato il primo focolaio del batterio, c'è un grande vivaio che importa molte piante dall'estero, in particolare dall'Olanda; in Olanda l'analisi del Dna di una pianta di caffè malata ha ricondotto a un ceppo endemico del Costa Rica; infine, il Paese del Centro America è un grande esportatore di piante ornamentali (come l'oleandro): 43 milioni nel solo 2012.
Ulteriori indagini hanno poi permesso di datare l'infezione (il primo caso nel 2010) e il "paziente zero", un oleandro di provenienza olandese e origine costaricana.
Boscia non è ottimista:
«Nonostante si conosca il batterio da oltre un secolo, a oggi ancora non esiste una terapia per curare le piante malate. Quelle infette sono perse».
Una soluzione però c'è.
«Non potendo agire sul batterio si deve agire sul vettore, sugli insetti che lo diffondono, ad esempio con un trattamento insetticida e tagliando spesso l'erba, per eliminare le larve e gli insetti ancora giovani.»
Purtroppo è necessario anche un altro intervento:
«Occorre ridurre il serbatoio del batterio, e per questo l'unico strumento è l'abbattimento delle piante infette».
Con oltre 377.000 ettari di terreno coltivati a olivi, la Puglia è la prima regione olivicola in termini di superficie, con una produzione di oltre 11 milioni di quintali di olive all'anno.
A tutt'oggi le stime a campione sulle piante malate non riescono a chiarire l'entità del problema: «I casi positivi riscontrati durante i controlli», spiega Pantaleo Piccinno, presidente di Coldiretti Lecce, «sono il 10% delle piante monitorate. Quindi possiamo stimare, forse anche per difetto, che su tutti gli ulivi pugliesi, quelli malati sono un milione».
L'abbattimento comporterà comunque un ulteriore calo della produzione di olio, dopo la pessima stagione estiva del 2014, che ha già fatto segnare un calo del 35%.
Tuttavia questo è solamente un tassello di un problema più ampio, che riguarda tutte le regioni del Mediterraneo coltivate a olivi, dalla Spagna alla Grecia e per l'Unione Europea siamo quantomeno in "stato di allarme".
Da: focus.it
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