Con il termine plancton si indica l'insieme degli organismi che vivono in sospensione nel mezzo acqueo incapaci di vincere, con movimenti propri, i moti del mare (correnti, onde, ecc.) e che pertanto vengono da questi trasportati passivamente.
Questo non significa però, che tutti gli organismi del plancton non sono in grado di eseguire, su piccola o media scala, movimenti di locomozione o spostamenti verticali nella colonna d'acqua.
Se sulla terraferma il mondo è dominato dai vegetali, nel mare c'è più eguaglianza: nei nostri oceani il mondo animale e quello vegetale si equivalgono.
Almeno per quanto riguarda il plancton, quel microcosmo di vita galleggiante che si sposta solo grazie alle correnti e alle onde.
Nel mare infatti c'è molto più movimento di quanto i nostri occhi possano notare.
Il plancton è una componente essenziale per la vita sulla Terra così come la conosciamo.
Il problema è che di queste alghe unicellulari, larve (come quella del riccio di mare minuscole meduse, crostacei e diatomee sappiamo ancora poco.
Una larva di granchio
Ma un contributo importante è arrivato da MAREDAT: un atlante che ha l'ambizione di mappare il plancton di tutto il mondo marino. L'equilibrio tra fito e zooplancton - rispettivamente la parte vegetale e animale del plancton - è stato confermato proprio da questo gigantesco studio, che ha coinvolto 200 scienziati ecologisti in tutto il mondo ed è stato coordinato dall'Eth di Zurigo e dall'università dell'East Anglia del Regno Unito.
"Più cose sappiamo sui diversi tipi di plancton, in che aree si trovano e perché, meglio saremo in grado di capire quanto sono vulnerabili ai cambiamenti climatici e ad altri fattori di disturbo come l'inquinamento delle coste, l'acidificazione degli oceani o l'eccessiva pesca", spiega Meike Vogt dell'Eth di Zurigo, una delle coordinatrici del progetto insieme ai colleghi britannici della East Anglia.
Secondo Vogt l'uomo è il principale fattore di disturbo per l'ecosistema marino: toglie di mezzo i predatori con la pesca, introduce specie invasive e crea le condizioni per lo sviluppo di alghe tossiche.
A farne le spese è l'anello debole della catena alimentare: il plancton, appunto
Una delle principali minacce al plancton è l'acidificazione degli oceani. Alcuni ecosistemi di plancton soffrono in modo particolare questo fenomeno: più scende il pH del mare, più i gusci di alcune specie rischiano di dissolversi.
Il coccolitoforo Emiliania huxleyi, molto diffuso, è una delle specie messe a rischio da questo fenomeno. Studiare il caso di questo minuscolo organismo può sembrare roba da nerd della scienza, eppure può avere conseguenze importanti. "Se riusciamo a capire con precisione dove vive Emiliania huxleyi e dove si sposta nel momento in cui il suo ambiente si fa troppo acido, allora potremmo iniziare a capire qualcosa di più sui livelli di calcificazione dei nostri mari.
Tuttavia il plancton non si limita a subire gli effetti del cambiamento climatico e il suo destino non è solo quello di essere divorato dalle balene.
Il fitoplancton è in grado di influenzare il livello di inquinamento della nostra atmosfera.
Come?
Con la fotosintesi: assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno.
Quando muoiono o vengono mangiate dallo zooplancton, queste sostanze precipitano sul fondale portando con loro buona parte del carbonio che avevano "in pancia".
Insomma, le sorti del clima terrestre dipendono anche da questi lillipuziani del mare.
Ecco perché MAREDAT può essere la scintilla per nuovi studi, nuove teorie e nuove scoperte
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Al largo dell'Irlanda, la fioritura del plancton crea vortici di colore blu elettrico in questa immagine scattata a maggio ma resa pubblica solo oggi da un satellite dell'Agenzia spaziale europea.
Il fitoplancton è composto da minuscole piante marine che galleggiano sulla superficie marina o subito al di sotto.
Ogni anno, in primavera, la fioritura colora le acque al punto tale che le miriadi di piantine diventano visibili persino dallo spazio.
Tratto da National Geographic Italia
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