ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL PROSSIMO CONSIGLIO DI DIFESA, NAPOLITANO HA INSERITO LE “CRITICITÀ DELLA LEGGE 244”, CHE CONSENTE ALLE CAMERE IL CONTROLLO DELLE SPESE MILITARI
Lo scorso luglio, all’indomani dell’approvazione delle mozioni parlamentari “di riflessione” sugli F-35, l’ambasciatore americano David Thorne invitava nella sua residenza romana i vertici militari italiani e l’allora sottosegretario alla Difesa Roberta Pinotti per ricordare loro che l’Italia deve mantenere gli impegni presi rispetto al progetto F-35 per “continuare a rimanere tra gli alleati Nato di primo pino e ad avere voce in capitolo quando si prendono decisioni critiche sulla sicurezza regionale e mondiale”.
Negli stessi giorni il presidente Napolitano convocava il Consiglio supremo di Difesa per lanciare un duro quanto inusuale monito: il potere di controllo parlamentare sulle spese militari riconosciuto dalla legge 244 del 2012 “non può tradursi in un diritto di veto su decisioni che per loro natura rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”.
ORA CHE SI TORNA a parlare con insistenza dei tagli al programma F-35 il copione si ripete, con nuove pressioni da parte di Washington e con Napolitano che convoca per mercoledì prossimo un nuovo Consiglio Supremo di Difesa per discutere le “criticità relative all’attuazione della Legge 244”.
Un altro colpo di mano a difesa degli F-35 che questa volta però rischia di scatenare un grave scontro con il Parlamento. Se lo scorso luglio i parlamentari reagirono con fermezza al diktat di Napolitano, questa volta si profila un vero e proprio scontro istituzionale, e politico, poiché l’indagine conoscitiva della commissione parlamentare, avviata nonostante le intimidazioni presidenziali, è in fase conclusiva e sulla scrivania di Renzi c’è già la relazione finale targata Pd che chiede il dimezzamento del programma F-35 a vantaggio del programma alternativo Eurofighter.
Le voci circolate nei giorni scorsi sul taglio degli F-35 come una delle misure per recuperare risorse finanziarie da destinare al Piano Renzi e le dichiarazioni della stessa ministra della Difesa Pinotti sul possibile “ripensamento di grandi progetti avviati” avevano alimentato la speranza di una svolta. Ma il silenzio improvvisamente calato sull’argomento dopo la conferenza stampa del premier e la contemporanea mossa del Quirinale hanno raffreddato ogni prematuro entusiasmo.
SE NAPOLITANO e Renzi sceglieranno di cedere al pressing di Washington e dei nostri generali confermando l’intero programma F-35, la loro scelta rischia tra l’altro di costarci ancor più cara del previsto poiché la conseguente cancellazione definitiva della Tranche 3 B di Eurofighter (25 aerei per circa due miliardi) comporterebbe il pagamento di una salatissima penale, come dimostra il caso tedesco (richiesto quasi un miliardo di penale su un ordine annullato di tre miliardi) e come confermano fonti industriali ben informate.
Se invece l’Italia scegliesse di puntare ancora sugli Eurofighter, che tutti gli esperti considerano nettamente superiori agli F-35 (e con ricadute tecnologiche e occupazionali nemmeno paragonabili), il numero di questi nuovi aerei multiruolo in dotazione all’Aeronautica salirebbe a 93: con i sei F-35 che la Difesa ha ormai già acquistato si avrebbe una flotta aerea più che sufficiente a rimpiazzare il centinaio di Tornado e Amx che andranno in pensione, senza dover spandere altre decine di miliardi in F-35.
In teoria rimarrebbe aperta solo la questione dei quindici F-35 a decollo verticale destinati alla Marina in sostituzione degli Harrier imbarcati sulla portaerei Cavour.
Peccato che la Difesa italiana non abbia nemmeno i soldi per il carburante che muove questa enorme nave da guerra che costa un milione per ogni cinque giorni di navigazione: un capriccio dei nostri ammiragli che in cinque anni di servizio è rimasto sempre alla fonda, salvo due missioni “commercial-umanitarie” sponsorizzate da privati.
Il classico esempio di “spese pazze”, inutili e insostenibili, decise dalla Difesa fuori da ogni controllo democratico del Parlamento. Ora che quel controllo è sancito dalla legge, qualcuno lo ritiene una “criticità” fastidiosa.
E’ la lista della spesa che l’apparato militare italiano ha in serbo nonostante l’opposizione parlamentare e le polemiche sugli F-35.
Un “investimento” che non ha a che fare con la sicurezza nazionale, ma è il costo occulto delle missioni internazionali, prima fra tutte l’Afghanistan. E dal ministro Mauro arriva soltanto un “no comment”
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