mercoledì 12 febbraio 2014
Quartiere Coppedè, il tesoro nascosto di Roma
Pare che la maggior parte degli abitanti di Roma non ci sia mai stato. O che addirittura nemmeno sia a conoscenza della sua esistenza. Ma durante una vacanza nella capitale, tra Colosseo, Fontana di Trevi e Piazza San Pietro, sarebbe bene lasciare un piccolo spazio per il Quartiere Coppedè.
Si tratta dell’esperimento artistico-architettonico più audace mai intrapreso a Roma, se non nell’Italia intera: qua si fondono liberty, neogotico, kitsch, barocco e modernismo. E lo fanno alla perfezione.
In realtà, la definizione di quartiere, per questo complesso di edifici attorno al nucleo di pazza Mincio, tra via Tagliamento e piazza Buenos Aires, è eccessivo. Ed in effetti la zona detta “Coppedè” fa parte del quariere Trieste.
Deve il nome a Luigi Coppedè, architetto, scultore e decoratore che, mescolando diversi stili, ha dato vita ad un angolo di Roma senza tempo.
L’intero quartiere si può considerare una pietra miliare dell’eclettismo: unisce lo stile tetro del gotico a quello classico di ispirazione greca, così come cancellate e torrette dal gusto medievale a stucchi barocchi e decorazioni liberty. Inutile dare definizioni: passeggiando per le strade del quartiere Coppedè sembra di essere immersi in una bolla: complice il silenzio, così diverso dal caos delle vie circostanti, ma anche l’atmosfera, da film.
In tutto, il quartiere Coppedè è composto da diciotto palazzi e altri ventisette tra palazzine ed altri edifici. Il modo più suggestivo per arrivarci è attraversare il grande arco che congiunge i due Palazzi degli Ambasciatori all’angolo tra via Arno e via Tagliamento: la particolarità è che sotto la volta interna dell’arco, decorato con elementi architettonici asimmetrici, si trova un grande lampadario in ferro battuto.
Una volta superato l’arco che congiunge i palazzi degli Ambasciatori, ecco che si apre piazza Mincio, cuore del quartiere.
Al centro c’è la Fontana delle Rane, con la vasca principale poco più alta del livello stradale: forse anche per questo i Beatles secondo la leggenda ci fecero il bagno dopo una serata passata al Piper, poco lontano, nel 1965.
Decorata con numerose rane, da ognuna di esse zampilla fuori acqua.
Non solo fontane dedicate alle rane. Anche gli edifici del quartiere Coppedè hanno nomi singolari.
Ci sono i cosiddetti “Villini delle Fate”, dalle raffinatissime facciate esterne, dorate e con numerose figure di donne dipinte sopra.
In queste palazzine dove si alternano travertino, terracotta, vetro, ferro battuto e legno viene esaltata Firenze, con la scritta “Fiorenza sei bella”: non a caso, poco lontano si possono riconoscere le figure di Dante e Petrarca.
C’è anche il Palazzo del Ragno: prende il nome da un gigantesco aracnide, decorazione sopra al portone d’ingresso principale. Da notare al terzo livello il balconcino con loggia: sopra c’ è un dipinto color ocra e nero di un cavaliere tra due grifoni, sormontato dalla scritta “Labor”. Il villino al civico 26 di via Brenta, poi, è oggi sede del liceo scientifico “Amedeo Avogadro”: davvero bello, al primo piano, il mosaico con un gallo, una coppa e tre dadi con i numeri uno, tre e cinque.
Elencare tutti i dettagli e le decorazioni del quartiere sarebbe impossibile.
Bisogna armarsi di pazienza e magari di binocolo e, con calma, scoprire ogni angolo del Coppedè.
L’atmosfera, come detto, è suggestiva. Non a caso queste strade sono state utilizzate per le riprese di diversi lungometraggi dall’atmosfera noir, se non peggio. È il caso de “La ragazza che sapeva troppo” di Mario Bava, ma soprattutto di due film horror di Dario Argento come “L’uccello dalle piume di cristallo” e Inferno. In queste strade, poi, sono stati girati film come “Il presagio” e “Il profumo della signora in nero”.
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