La carne di un maiale è quella che più somiglia alla carne umana, cosa piuttosto sconcertante se si pensa a quanto è apprezzato da chi lo mangia.
Il maiale, dopo essere stato ucciso, eviscerato e tagliato a pezzi, lo ritroviamo sulle nostre tavole sotto forma di numerose denominazioni, a seconda di quale parte del suo corpo ci stiamo preparando a consumare e di come tali parti vengono trasformate: cotechino, zampone, salame, prosciutto cotto e crudo, mortadella, wurstel, pancetta, lonza, braciola, zampone, strutto, salsiccia e altri prodotti.
Negli allevamenti intensivi i maiali non vedranno mai la luce del sole.
Queste “operazioni” servono per controllare episodi di aggressività dovuti all’eccessivo stress una volta che saranno immessi nell’allevamento (i maiali tenteranno di mordersi la coda e le orecchie e di aggredire i propri compagni a morsi).
La castrazione, oltre a rendere l’animale meno aggressivo, è “necessaria” per evitare uno spiacevole sapore nella carne, in particolare per la produzione di prosciutti, stando ai gusti dei consumatori più raffinati.
Queste operazioni dovrebbero essere eseguite da uno specialista, ma per ovvi motivi economici (si tratta di numerosissimi animali da “lavorare” ogni giorno) vengono svolte da semplici operai, senza alcuna competenza veterinaria, e senza ricorrere ad alcuna anestesia, ovviamente.
I suinetti durante l’”operazione” strillano terribilmente, sia per la paura che per l’intenso dolore.
I piccoli, dopo essere stati allontanati dalle madri quando hanno tre o quattro settimane, vengono messi in gabbie metalliche dette di svezzamento, fino a raggiungere, a 55 giorni di età, il peso approssimativo di 20 chili.
Un’ulteriore fase di crescita porta gli animali, divisi per gruppi e sistemati in appositi box, fino a 50 chili.
All’età di circa tre mesi vengono trasferiti in reparti di accrescimento e ingrasso, all’interno di piccoli box in cemento, in gruppi di 10-20 individui.
Si crea così una situazione molto disagiata ed innaturale per questi animali che amano muoversi ed esplorare, ed inoltre il sovraffollamento rende impossibile agli individui più sottomessi di tenersi distanti dai soggetti dominanti e più aggressivi.
In questi capannoni, d’estate il caldo diventa insopportabile.
I maiali, non potendo disporre né di fango in cui rotolarsi né di fosse da scavare, sono costretti ad attuare un sistema particolare. Normalmente esiste nei box una griglia che permette la raccolta delle feci in un recipiente sottostante. In estate gli animali evitano di utilizzare la griglia , ma defecano sul cemento: in questo modo creano un pantano dove potersi rotolare nelle giornate più calde.
E’ l’unica soluzione che hanno a disposizione per combattere il caldo insopportabile per loro estenuante, nonostante questo comportamento sia incompatibile con la loro natura e crei forte disagio all’animale.
Le condizioni igieniche precarie sono testimoniate dal pessimo odore che emanano gli allevamenti di suini.
Feci, urine e scarti di cibo emanano, oltre all’odore, ammoniaca e altri gas, che rendono difficile la respirazione agli animali, rovinando il loro apparato respiratorio con conseguenti irritazioni e infezioni interne.
Negli allevamenti i maiali sono inoltre soggetti ad ogni genere di malattia: artriti dovute all’immobilità, infezioni da salmonella, gastroenteriti epidemiche, parvovirosi suina (ppv, l’infezione più comune) e altre la cui natura è ancora da determinare con certezza, come la pirs e il morbo blu.
È quindi necessaria una continua e massiccia somministrazione di farmaci, che entrano inevitabilmente nelle loro carni
Inoltre nell’allevamento i maiali vengono costantemente mantenuti in semioscurità, in modo che non possano fare altro che mangiare durante tutto il giorno.
Le manifestazioni di sofferenza sono facilmente individuabili in comportamenti stereotipati (mordono o leccano per ore le sbarre), di apatia (giacciono a terra con espressione vuota) o di aggressività (attacchi incontrollati ai propri compagni).
Per controllare lo stress, piuttosto che rimuovere le cause (le condizioni innaturali di vita) si preferisce soffocare la reazione con forti dosi di sedativi o rimediando mettendo dentro i box vecchi copertoni su cui i maiali sfogano il loro nervosismo (similmente a quanto avviene nelle celle di cura per i malati di mente con le pareti rivestite in materiale morbido).
Maggiore è il peso che si vuole far raggiungere all’animale, più tempo questo rimarrà nel box: un “suino leggero” pesa 100-110 chili, un “suino pesante” 140-160 chili.
Ma possono arrivare anche a 200 chili ad un anno di età. Vengono ingrassati fino al punto di avere difficoltà a muoversi.
Quando raggiungono il “peso di macellazione” vengono uccisi, di solito dopo 6 mesi di vita, cioè ancora giovanissimi.
Per i suini, il momento dell’uccisione è particolarmente penoso.
Gli animali, prima di essere uccisi, devono essere storditi .
La legge prevede, a tal fine, l’uso del proiettile captivo, che penetra nella corteccia cerebrale dell’animale e poi riesce, sparato da una pistola pneumatica.
Ma a causa della rapidità delle linee di macellazione (ben più di 1000 suini in una mattinata), spesso gli animali non sono storditi in maniera corretta, e quindi vengono sgozzati, e poi gettati nelle vasche di acqua bollente, ancora coscienti.
Infatti, quando se ne esaminano i polmoni dopo la morte, spesso si vede che contengono sia sangue che acqua, il che dimostra che gli animali erano ancora vivi e hanno respirato acqua bollente mentre annegavano nelle vasche.
In Italia si stimano circa 17 milioni di suini allevati in un anno. Centodiciotto milioni in Europa.
Un miliardo in tutto il mondo.
In natura questi animali vivrebbero circa 18 anni. In un allevamento vivono solo 6 mesi.
Le scrofe due anni, come detto, ma difficilmente questo può rappresentare un vantaggio, dato le condizioni terribili di vita in cui sono costrette.
Tratto da Riccardo B. www.animalstation.it
Strappati dalle madri a pochi giorni di vita vendono uccisi sbattendoli contro i muri o il pavimento
Avete ancora voglia di mangiarli??????
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