E' qui - dice la leggenda - è in questo luogo che Perkunas, il re degli dei, lanciò i suoi primi colpi di falce attraverso il cielo infinito. Qui tuonò e picchiò con tanta forza nell'uragano finché la bellezza, come la folgore, finì per fendere la notte primigenia. La figlia del Padre che batte con l'ascia era fatta di fiamma e recava la luce della vita. Si chiamava Saulé.
Noi, che lo sappiamo, facciamo la cosa giusta chiamandola Sole. Condividiamo la luce della vita con gli animali selvatici e li interroghiamo per conoscere il futuro.
Di notte i nostri anziani prendono delle scapole di renna, le mettono nel fuoco e la chioma di Saulé vi imprime dei disegni pari alle parole degli spiriti, è così che lo Saman interpreta e pronuncia gli oracoli. Quella sera il vecchio Virkai mormorò al grande capo Nogai di avere decifrato i segni nelle crepe dell'osso. Il linguaggio magico annunciava che egli avrebbe dovuto acconsentire all'unione tra la sua figlia maggiore ed un possente spirito. Il grande capo Nogai borbottò qualcosa tra i denti e uscì dalla tenda con aria inquieta. Era appena rientrato da una lunga cavalcata, e non vedeva i suoi da tre lune.
Quella dell'oracolo era una brutta notizia: la sua figlia maggiore era così delicata! Il capo aveva tre figlie in età da marito: la minore aveva un animo guerriero, quella di mezzo amava la musica e le leggende, la più grande parlava a tu per tu con lo spirito delle piante e fabbricava medicine. Il vecchio capo aveva portato dalle sue rapine regali di pregio: una spada turca tempestata di pietre alla minore, un tamburo yacuto e una raganella uigura per la seconda, un fiore raro per la maggiore. Vedendo luccicare nella michia una spada turca, ne aveva ucciso il proprietario con le sue mani e afferrato l'arma al volo. Il tamburo decorato e la raganella li aveva prelevati dal bottino. Quanto al fiore raro, l'aveva visto su un albero, ma questa scoperta aveva dato luogo a un incidente: il fiore era infatti custodito da un lupo bianco che non permetteva a nessuno di avvicinarsi.
Lo spirito del lupo aveva parlato allo Saman: gli avrebbe concesso il fiore soltanto in cambio del primo essere che il capo avrebbe incontrato al suo rientro. Il grande Nogai aveva accettato, lo Saman aveva parlato in una strana lingua e l'animale si era allontanato. Adesso il vecchio capiva la profezia. Bisognava evitare a tutti i costi che, secondo l'usanza, la figlia maggiore gli venisse in contro per prima. Giunto a qualche lega dall'accampamento, Nogai spedì un cavaliere che avvertisse la ragazza di trattenersi. Ma lei, che stava cogliendo erbe sulla collina, vedendo l'orda da lontano, le si precipitò incontro di corsa, chiamando il padre allegramente. Il vecchio Nogai rimandava il momento della promessa fatta. Trascorsi alcuni giorni, il lupo bianco venne a sedersi davanti alla sua tenda. Ne uscì una fanciulla addobbata a festa. Non tremava: quella notte aveva sognato di montargli in groppa come una cavallerizza, come uno Saman a cavallo del proprio tamburo. Ma anziché muoversi, lo spirito-lupo rimase imperterrito davanti alla tenda del vecchio capo: quella non era la figlia maggiore. Nogai chiamò allora la figlia di mezzo, che si mostrò senza paura. Era pronta a diventare una leggenda. Ma anche stavolta lo spirito-lupo rimase immobile, in attesa davanti alla tenda dell'anziano: neanche quella era la maggiore.
"Vecchio, al tuo arco non resta che una freccia. Cerca di mantenere la parola data". La figlia maggiore uscì di casa con un paniere di fiale e di piante e seguì il lupo sulla sua strada.
Ho sentito dire che, secondo i nostri narratori più giovani, il lupo era uno Saman venuto dall'est, trasformatosi in spirito-lupo. E perchè non in un capo Nogai? evidentemente i giovani credono che uno spirito preferisca camminare a due zampe come loro! I tempi cambiano. Mio nonno mi ha raccontato che era la figlia del Nogai ad essere una Saman, uno spirito-lupa, e che seguendo questo spirito si era innalzata al rango di figlia maggiore della natura. Così stanno le cose: condividiamo con le altre creature la luce della vita. Possiamo invocare gli dei e le dee, sono loro che ci guidano e ci aiutano a scegliere le pelli che indossiamo. Anch'io, come le figlie del Nogai, ho con me il tamburo e la raganella, il mio cavallo e l'arco! Chiamo lo spirito-lupo, percuoto con il batacchio il djugjur perché onori questa casa. E voi, togliete pure le scapole di renna dal fuoco: un vecchio come me è ancora capace di leggere il linguaggio magico nei disegni di Saulé. Se avete una figlia, percuotete il cielo con i nostri canti, accompagnatemi in questo viaggio per riportare, con l'oracolo, la bellezza che illumina il mondo!
Tratto da "Racconti dei saggi sciamani" di Pascal Fauliot e Patrick Fischmann
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