venerdì 30 agosto 2013
Differenza tra i decreti legge e le leggi
Un decreto-legge:
Nell'ordinamento giuridico italiano, è un atto normativo di carattere provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal governo, ai sensi dell'art. 77 della Costituzione della Repubblica Italiana
Entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti-legge perdono efficacia sin dall'inizio se il Parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.
È inoltre regolato ai sensi dell'art. 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400. il decreto-legge sarebbe di per sé illegittimo, in quanto nato extra ordinem, ossia in deroga alla riserva della potestà legislativa alle Camere ex art. 70 Cost.
Tale deroga sarebbe giustificata da motivi di necessità ed urgenza, ed in questo senso sarebbe pienamente comprensibile la necessaria conversione del decreto-legge in legge, pena una vera e propria inesistenza giuridica dell'atto.
Inoltre, in quest'ottica sarebbe giustificata la particolare disposizione dell'art. 77 comma 2 Cost., che prevede che il Governo adotti il decreto "sotto la sua responsabilità". I decreti-legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall'inizio.
La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata "decadenza". Infatti, la decadenza travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge.
Quando il decreto entra in vigore, esso è pienamente efficace e va applicato; ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale.
Tutti gli effetti prodotti vanno eliminati perché costituiscono, una volta persa la base legale, degli illeciti.
A ogni modo, negli ultimi decenni, a fronte della crisi della legge parlamentare, il decreto-legge continua a essere lo strumento utilizzato dai Governi dei vari colori politici, per utilizzare una corsia preferenziale per fare approvare i propri disegni di legge (cosiddetto abuso del decreto-legge), allontanandosi vistosamente dall'impianto del Costituente, che aveva pensato al decreto-legge quale strumento straordinario per fronteggiare soltanto i casi imprevedibili.
La legge:
L'iter legis, ossia il procedimento che porta alla formazione di una legge, è così schematizzabile:
iniziativa → istruttoria → esame → approvazione (articolo per articolo e finale) → promulgazione → pubblicazione.
L'iniziativa spetta al governo, ai singoli parlamentari (che devono presentare la proposta di legge alla loro Camera d'appartenenza), ai cittadini (che devono presentare una proposta formulata in articoli e accompagnata dalle firme di 50.000 elettori), ai singoli Consigli regionali e al C.N.E.L. (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro).
L'iniziativa, una volta pervenuta a una delle due Camere, deve essere assegnata a una commissione competente per materia perché svolga una preliminare attività istruttoria (avvalendosi anche dei pareri formulati da altre commissioni, e in particolare dalle cosiddette «commissioni filtro»).
A questo punto, il procedimento può seguire due strade diverse. Nel procedimento normale la commissione competente si riunisce in sede referente e, formulata una relazione e nominato un relatore, trasmette la competenza alla formulazione e all'approvazione del testo all'assemblea.
Il tutto deve avvenire in non più di 4 mesi alla Camera e di 2 mesi al Senato.
Una volta approdato in una Camera, avviene la discussione generale, a cui segue l'esame (e il voto) articolo per articolo, le dichiarazioni di voto e in ultimo la votazione generale, che normalmente avviene e in modo palese (il voto segreto è previsto per materie che implicano scelte dettate dalla coscienza individuale).
Se il progetto ottiene la votazione positiva di una Camera, passa all'altro ramo del parlamento che la deve votare senza ulteriori modifiche.
In caso di modifiche, il testo ritorna all'altra Camera che lo deve riapprovare.
Se il testo ripete questo procedimento più volte si parla di "navette" o palleggiamento.
Approvato lo stesso testo in entrambi i rami del Parlamento, questo verrà trasmesso al presidente della Repubblica, perché entro un mese provveda alla promulgazione, salva la possibilità di chiedere alle Camere, con messaggio motivato, una nuova deliberazione (ipotesi nella quale la promulgazione è atto dovuto). Una volta promulgata, la legge sarà quindi pubblicata - a cura del ministro della Giustizia - sulla Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore dopo il periodo di vacatio legis (15 giorni, a meno che non sia altrimenti stabilito).
Questa puntuale disciplina è stata distorta da una prassi divergente, che ha portato parte della dottrina a parlare di un vero e proprio «abuso» del decreto-legge.
Il governo, alla scadenza dei sessanta giorni, riproduceva – talvolta anche introducendo modifiche più o meno incisive – le disposizioni di un decreto-legge non (ancora) convertito in un nuovo decreto-legge, in modo da fare scattare nuovamente il termine di sessanta giorni per la sua conversione.
Questa pratica era stata esplicitamente vietata dalla l. n. 400/1988, ma, poiché queste disposizioni erano contenute in una legge ordinaria, erano suscettibili di deroga da parte delle leggi successive (Criteri di risoluzione delle antinomie):
Nel corso degli anni , si era così arrivati alla situazione di decreti-legge giunti alla ventesima o alla trentesima reiterazione, senza che fossero mai stati convertiti in legge dal Parlamento.
Un ulteriore abuso del decreto-legge era costituito dalla mancanza, in alcuni casi, dei presupposti di necessità ed urgenza. il decreto-legge finiva per essere un vero e proprio strumento ordinario di legislazione e il Governo veniva ad assumere stabilmente poteri legislativi, in violazione del testo costituzionale, che qualifica il Parlamento come unico titolare della funzione legislativa (art. 70 Cost.;
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