venerdì 14 giugno 2013
Lance e frecce già in uso più di 90 mila anni fa!. Eravamo meno primitivi del previsto.
E' da lungo tempo che gli archeologi dibattono sull'individuazione del momento in cui i primi uomini cominciarono a scagliare le prime frecce e lance contro prede di grosse dimensioni.
La nuova tecnica ha rappresentato un notevole passo in avanti nell'efficacia della caccia, perché consentiva di uccidere una grossa preda ad una distanza di sicurezza, diminuendo decisamente i rischi per i cacciatori di un'incornata o di un morso. Tuttavia, prove concrete che aiutassero i ricercatori a datare in maniera più precisa l'introduzione di questi strumenti di caccia è finora stata deludente. Ma una nuova tecnica sviluppata da un archeologo australiano potrebbe dimostrare definitivamente che gli esseri umani hanno cominciato ad usare le prime lance tra i 90 mila e i 174 mila anni fa. La tecnica si basa sullo studio approfondito dei segni lasciati dalle armi primitive sulle ossa di antichi reperti animali, offrendo un metodo più preciso per determinare in che modo i cacciatori preistorici uccidevano le loro prede.
L'Archeologo Corey O'Driscoll del sudest dell'Australia, ha cominciato ad interessarsi alle tracce lasciate dai cacciatori sulle ossa degli animali dopo aver letto di alcuni studi effettuati sulle ferite inferte dalle armi medievali sulle ossa degli esseri umani. Illuminato dall'idea, insieme ad un gruppo di 15 studenti dell'Università del Queensland, O' Driscoll ha ricreato alcune lance con punta di selce e delle frecce sul modello di quelle preistoriche.
Poi, come spiega il resoconto comparso su Science Now, il gruppo le ha scagliate contro alcune carcasse di agnello e di mucca. Dopo aver fatto bollire le carcasse per consentire un più rapido distacco della carne dalle ossa, O'Driscoll ha trovato 758 ferite sulle ossa che ha esaminato minuziosamente al microscopio. “Abbiamo trovato delle differenze fondamentali tra i segni inferti dalle armi e quelli provocati dalla macellazione dell'animale”, spiega O'Driscoll. L'esito dello studio ha mostrato, inoltre, che i segni lasciati dalle armi contenevano dei microframmenti di pietra che non comparivano nei segni di macellazione.
I risultati hanno indotto O'Driscoll e la sua collega Jessica Thompson ad applicare la nuova tecnica di osservazione su tre antichi campioni di ossa di grandi mammiferi (una costola e due vertebre), osservando i segni da impatto con le armi. I due ricercatori hanno concluso che i segni sulle due vertebre risalgono ad un periodo compreso tra i 91 mila e i 98 mila anni fa, mentre quelli sulla costola sono collocabili in un arco di tempo compreso tra i 153 mila e i 174 mila anni fa, il che rende i campioni le testimonianze più antiche dell'utilizzo di armi a proiettile.
Molti archeologi sono rimasti convinti delle conclusioni di O'Driscoll, osservando con più chiarezza la differenza tra i segni di macellazione da quelli dei proiettili.
Tra questi c'è Tiina Manne, dell'Università del Queensland la quale trova i risultati altamente persuasivi. “Questo ci suggerisce che la tecnologia a proiettile era in uso da almeno 95 mila anni”, dice la ricercatrice. “Si tratta di risultati molto eccitanti che può aiutare i ricercatori a distinguere i segni da impatto con proiettili su una enorme varietà di campioni.
La nuova tecnica può contribuire a migliorare la nostra comprensione di quando è stata introdotta questa tecnologia in altri luoghi del pianeta”.
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